Gesellschaft | Emergenza

“Mi aspetto che non vengano lasciati sulla strada”

Intervista ad Antonella Fava, procuratore presso il tribunale dei minorenni di Bolzano, che per prima ha sollevato la questione dei minori migranti al Brennero.

Non accenna ad attenuarsi l’esodo umanitario dei profughi verso le “colonne d’ercole” del Brennero, è di appena ieri la notizia di nuovi respingimenti al confine fra l’Austria e l’Italia: una cinquantina di persone sono state fermate su un treno internazionale a Innsbruck e oggi altri tre gruppi sono in arrivo alla frontiera. I più esposti e vulnerabili sono prevedibilmente i minori soli non accompagnati che, stremati da viaggi lunghi ed estenuanti, non possono ancora contare su standard di accoglienza adeguati.

Dott.ssa Fava, qual è la situazione al momento al valico del Brennero, soprattutto sul fronte dei minori?
Il respingimento di persone alla frontiera è un fatto quotidiano e molto grave. Per quanto riguarda i minorenni ci sono quelli che viaggiano con i loro genitori o con i parenti, o presunti tali perché spesso questi sono privi di documenti ed è quindi difficile avere la certezza che si tratti veramente di persone appartenenti alla cerchia famigliare del ragazzo; e poi ci sono quelli che viaggiano soli, i cosiddetti minori soli non accompagnati.

Può fornirci qualche dato?
Negli ultimi mesi il fenomeno è aumentato in modo esponenziale, i ragazzi sono prevalentemente di etnia siriana ed eritrea. Dal primo gennaio di quest’anno al 15 ottobre abbiamo registrato 378 minori accompagnati e 178 soli non accompagnati. Questi ultimi hanno mediamente fra i 16 e i 17 anni, ma abbiamo avuto casi di minorenni anche più piccoli, i più difficili da gestire perché non si può valutare con certezza se viaggino effettivamente da soli.

Un esempio?
Una notte mi avevano chiamato per segnalarmi il caso di tre ragazzi di 10, 12 e 14 anni e la polizia non riusciva a stabilire se fossero o meno fratelli tra loro. Uno dei problemi più gravi al momento è che molte persone che scappano dall’Eritrea si esprimono in una lingua poco conosciuta e spesso non sono in grado di parlarne altre, come l'inglese o anche l'arabo.

Il gap linguistico è dunque una delle difficoltà maggiori nel processo di accoglienza.
È così, la polizia fa spesso fatica a capire la storia di questi ragazzi, dove sono diretti o dove vorrebbero andare. Ogni volta che il Brennero ci chiama per segnalarci la presenza di minori, decidere sul da farsi non è semplice perché molte volte non abbiamo informazioni sufficienti per capire quali sono le loro intenzioni, se è opportuno cercare per loro una sistemazione entro i nostri confini, oppure se hanno qualche parente che li aspetta (perché vogliono tutti andare a nord) in Europa ed eventualmente facilitare le procedure di riunificazione famigliare.

Oltre al problema dell’incomunicabilità c’è anche quello di costruire strutture che possano ospitare i profughi adeguatamente.
Le strutture che abbiamo sono ormai tutte piene da mesi, in questo momento, anche di fronte a una vera emergenza, non c’è un posto dove poterli accogliere, l’altro ieri ad esempio la polizia ferroviaria di Bressanone mi ha contattata per avvisarmi che avevano da loro due ragazzi quattordicenni. Spesso siamo costretti a disporre che le forze dell'ordine affidino questi ragazzi al cosiddetto compagno di viaggio che se ne fa carico, ma il più delle volte non sappiamo nemmeno chi sia questa persona viste le solite difficoltà di comunicazione.

Che tipo di intervento si aspetta dalle isituzioni? Si farà questo centro di accoglienza?
Nella mia lettera a Kompatscher ho chiesto soprattutto due cose: che venga prevista la figura del mediatore culturale in modo da capire esattamente cosa si può fare per tutelare un ragazzo, visto che questo rientra nei miei doveri istituzionali; e che il Brennero o la zona circostante venga dotata di una struttura “leggera” di accoglienza perché, sebbene i migranti stessi non vogliano fermarsi a lungo in Italia, le precarie condizioni climatiche, il buio, la stanchezza impongono che si dia loro almeno un minimo di assistenza. Sulla questione del centro di accoglienza sono abbastanza ottimista, ho visto che c’è stata una presa di posizione da parte del Presidente della Provincia e dell’assessore Stocker che sembrano davvero intenzionati a fare qualcosa in merito. Avevo già segnalato il problema l’anno scorso ma non si era fatto molto, perciò l’ho riproposto a distanza di un anno anche perché i flussi sono aumentati. Va considerato inoltre un altro aspetto: fra i minori ci sono sempre più ragazze che viaggiano sole, un fenomeno del tutto nuovo e da non sottovalutare.

In più c’è il rischio che queste persone si rendano “invisibili”, anche una volta realizzato il centro di accoglienza andrebbe poi sorvegliato costantemente perché i migranti non scappino e, nel caso di minori, che non vengano esposti al pericolo di sfruttamento e violenza.
Ecco, magari prendono il primo treno e ci riprovano oppure tentano di raggiungere Milano o altri luoghi per spostarsi verso altre frontiere. Auspico che si possa fare un buon lavoro anche insieme alle strutture sociali, alla Caritas o alla Volontarius per trovare delle soluzioni quanto più possibile immediate e dare delle risposte concrete.

Costruire il centro di accoglienza per Fugatti della Lega nord vorrebbe dire incentivare una politica dell’invasione, ma lei non crede che l’Italia e l’Europa abbiano la responsabilità di accogliere i profughi con condizioni dignitose?
La maggior parte di queste persone non vogliono restare nel nostro paese quindi bisognerebbe anche conoscere bene le circostanze di cui si parla. Occorre dare un aiuto che sia degno di un paese civile, non dimentichiamoci che ci sono bambini molto piccoli che viaggiano con le loro madri e il Brennero, per via del clima rigido, non è esattamente un luogo agevole dove passare delle ore. Il problema quindi è innanzitutto umanitario, mi aspetto che queste persone non vengano lasciate sulla strada, e lo dico da cittadina prima che da procuratore.