Politik | Bolzano e 'identità italiana'

Il monumento senza pace

Da Kompatscher e Spagnolli è giunto un nuovo stop al museo realizzato sotto il monumento alla vittoria con lo scopo di 'storicizzarlo'. Ancora una volta il destino del manufatto viene ricollegato al problema irrisolto del fregio con Mussolini di piazza Tribunale.

Come sappiamo la nuova era Kompatscher è caratterizzata (anche) da incontri periodici, di routine, con l'amministrazione di Bolzano, prima semplicemente inconcepibili. Landeshauptmann, sindaco e vicesindaco di Bolzano si danno infatti periodicamete appuntamento nell'ufficio di Kompatscher a Palazzo per parlare dei problemi comuni, e cioè delle questioni che riguardano la città di Bolzano, oggi un po' più 'capitale', almeno di sé stessa se non della 'libera autonomia altoatesina'

In questa prima fase di rodaggio spesso però la comunicazione relativa ai risultati degli incontri è stata veicolata da sindaco e vicesindaco di Bolzano, non senza qualche fastidio da parte della provincia. 
L'ultima tappa di questo (acerbo) percorso comune è stato l'incontro dei giorni scorsi in cui provincia e città di Bolzano hanno deciso di comune accordo (quanto comune non è dato saperlo, in realtà) di rimettere in discussione il processo di storicizzazione dei monumenti fascisti di Bolzano. 

Che dire? Una cosa è certa: il tema non è certo centrale per la cittadinanza di Bolzano che, nelle scorse elezioni provinciali, ha lanciato un forte segnale penalizzando in maniera addirittura feroce, con voto e astensionismo, i partiti che della difesa dei simboli dell'italianità hanno fatto la loro bandiera. 
Per questo il sindaco di Bolzano ha messo le mani avanti, come si apprende oggi dai giornali. 

In sintesi: il museo sotto il Monumento della Vittoria - predisposto dopo una delicata fase preparatoria di tipo politico ed una procedura condivisa affidata ad una commissione di esperti costruita con grande attenzione - era quasi pronto per essere inaugurato, ma il suo varo è stato ricondizionato alla soluzione del problema legato al fregio con Mussolini a cavallo che troneggia in piazza Tribunale. Fregio in merito al quale, addirittura, qualche anno orsono era stato indetto un concorso pubblico di idee volo ad una sua ricontestualizzazione 'creativa', poi finito miseramente in un cassetto tra il disappunto di di molti. 

Il dibattito a 'guida provinciale' su Bolzano città oscilla dunque pericolosamente tra le 'grandi opere' (ora finalmente volute ma difficilmente realizzabili perché i soldi non ci sono più) e quelle che oggi possiamo tranquillamente definire, senza timore di essere smentiti, 'piccolissime opere relative piccoli retaggi vetero identitari'
Si ha comunque la sensazione che il 'problema' sia però ormai solo da una parte. Siamo infatti certi che se oggi all'elettore della destra italiana venisse chiesto per cosa opterebbe se dovesse segliere tra la permanenza dei monumenti fascisti ed un posto di lavoro non avrebbe di certo dubbi, accompagnando la risposta con una risata fragorosa. 

Quindi: è possibile che il 'problema' del fregio di Mussolini abbia davvero ancora uno spessore tale da spingere il presidente Kompatscher a porre la questione in una maniera così decisa?
Quanto c'entrano in tutti ciò i complessi equilibri interni alla Svp, ufficialmente e plebiscitariamente lanciata verso il futuro, ma in realtà impegnata a fare i conti con gli aspetti più radicali della propria essenza, legati all'eterna 'rivalsa per il torto subito'

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Mensch Ärgerdi… Do., 08.05.2014 - 09:44

Adesso che la destra italiana non se la fila più nessuno si potrebbe senza troppi intoppi togliere queste schifezze dalla città per far posto ad altro, siano i bolzanini a scegliere cosa.

Do., 08.05.2014 - 09:44 Permalink
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Guido Gentilli Do., 08.05.2014 - 10:00

A Roma c'è il Colosseo, monumento di epoca classica dove una volta si pensava venissero martirizzati i cristiani (si è poi scoperto che non era vero).
A Berlino c'è l'Olympiastadion, monumento di epoca nazista fortemente voluto da Hitler, dove l'atleta nero Jesse Owens vinse sbeffeggiando il razzismo.
Entrambi i monumenti oggi sono amati e rispettati: ci si è resi conto che sono opere d'arte e che le ideologie legate alla loro costruzione sono - grazie al cielo - morte e sepolte.
Il Colosseo è una delle mete turistiche più visitate del mondo, nell'Olympiastadion si sono tenute importanti manifestazioni, tra le quali i campionati mondiali di calcio del 2006.
Solo a Bolzano l'arco di Piacentini e il fregio di Piazza Tribuanle, entrambe opere d'arte rimarchevoli (soprattutto l'altorilievo di Piffrader, uno dei più grandi al mondo, dall'iconografia ovviamente ideologizzata e deviante, ma interessantissima) sono da sempre al centro di polemiche, che a questo punto temo proprio siano dovute ad un livello di cultura molto scarso: sia degli italiani che vedono in questi monumenti il simbolo di un orgoglio nazionalista, sia dei tedeschi che si sentono dagli stessi monumenti offesi e feriti.

Do., 08.05.2014 - 10:00 Permalink
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Mensch Ärgerdi… Do., 08.05.2014 - 11:09

Antwort auf von Guido Gentilli

Il colosseo è certamente una delle mete più visitate il mondo, ma le schifezze bolzanine non sono certo un meta turistica. Sono un vanto per Bolzano? Si magari per i membri di Casa Pound e loro amic,i ma per il resto non ho mai sentito turisti chiedere la strada per vedere il duce a cavallo. Il paragone con la Germania è ancor meno azzecato. In primo luogo sopra gli spalti dello stadio non mi pare ci sia il Führer a salutare i tifosi , ma sopratutto il paese a livello culturale ha fatto i conti con il suo passato. Basta ragionare qualche secondo per capire che il fomentato valore artistico di queste "opere" non ne può legittimare il mantenimento. A Bolzano ci sono sicuramente dozzine di artisti che potrebbero proporci vere opere d'arte (non politicizzate) certamente più consone ai nostri tempi, oppure monumenti che invitino a riflettere sulla storia senza la glorificazione di una dittatura ma attrverso il ripudio condiviso da tutti di essa.

Do., 08.05.2014 - 11:09 Permalink
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Christoph Moar Do., 08.05.2014 - 12:14

Antwort auf von Guido Gentilli

Hallo @MenschÄrgereDichNicht. Ich riskiere natürlich, mich der nicht-Objektivität preiszugeben, da Piffrader ein Sohn meiner Heimatstadt war, ich hoffe du weisst aus einer früheren Diskussion dass ich keinesfalls der Mussoliniverteidiger sein möchte. Ich finde deine Position darf vorhanden und auch ausgedrückt werden. Und ich finde dass diejenigen, die eine Entscheidung über diese Kunstwerke (wobei ich subjektiv in den Piacentini weniger geistreiches zu erkennen mag) herbeiführen sollen, durchaus auch extreme Positionen mit gewichten sollten.
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Bei einer Sache muss ich aber ein wenig mehr oder weniger wiedersprechen: Deine Überzeugung, dass es sich um "schifezze bolzanine" handelt sei in Ehren, beachte aber, wenn du magst, dass dies natürlich stets dein subjektiver Eindruck ist. Das Relief von Piffrader hat meines Wissens Einzug in kunsthistorischer Primär- und Sekundärliteratur weltweit gefunden, und findet vermutlich auch Platz in manch einer Vorlesung zur Kunstgeschichte. Du lehnst dich weit hinaus, dies einfach pauschal als "schifezza" zu bezeichnen - wobei ich, wie bei Kunst immer, natürlich problemlos akzeptieren kann, dass dies deine Meinung ist, eine entsprechende um-Überzeugung liegt mir ganz fern.
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Sicher ist der Umgang mit Künstlern, die im Fahrwasser eines faschistischen politische Regime Erfolge gefeiert haben kontrovers zu diskutieren und sehr differenziert zu betrachten. Wenn ein Kunstwerk aber künstlerischen Wert hat, so kann man diesen Wert völlig losgelöst von der darin verkörperten Ideologie betrachten, dazu braucht es keine große Anstrengung.
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Als Beispiel fällt mir spontan Leni Riefenstahl ein. Ihre Nazi-Verstrickung war gewaltig, im Nachhinein hat es ihre Karriere zerstört und die weltweit eingeheimsten Preise nachträglich wegen nationalsozialistischer Propaganda in Abrede gestellt. Trotzdem würde es heute keiner wagen, ihre künstlerischen Leistungen als "schifezze" in Abrede zu stellen. Ihr berühmter Olympiafilm wurde sogar in USA als einer der zehn besten Filme der Welt klassifiziert. Selbst "Triumph des Willens", nach dem Reichsparteitag 1934 benannt, ist ein ikonographisch, filmgeschichtlich und ästhetisch wertvoller Film, obwohl es wohl hauptsächlich ideologischen Müll transportiert. Wissenschaftler aus der ganzen Welt setzen sich mir der Frage auseinander, wie die ästhetische Qualität dieses Films unabhängig von seiner ideologischen Intention betrachtet werden kann...
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Und mit dem Beispiel schließe ich mal ab, und bitte ohne dass ich jetzt hier als Apologet des Faschismus oder Verfechter für Piffraders Werke gekreuzigt werden. Beides ist nicht mein Anliegen.

Do., 08.05.2014 - 12:14 Permalink
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Mensch Ärgerdi… Do., 08.05.2014 - 12:56

Antwort auf von Guido Gentilli

Ich kann mir durchaus vorstellen, dass das Relief als Vorzeigeobjekt eines künstlerischen Stil sein kann und der Stil als einer der vielen Schritte in der Kunstgeschichte einen gewissen Erhaltungswert habe könnte. Die Darstellung als solche, die Huldigung des Diktators und die Ideologie die damit verbunden ist, sehe ich als "schifezza" und leider kann ich das eine vom anderen nicht so einfach trennen wie du es tust. Tut mir leid, genau darin birgt sich die Idee der schon oft genannten "dittatura all'acqua di rose": der Faschismus hat auch viel Gutes gebracht und gefördert. Schlägt man diesen Weg einmal ein, geratet man mehr als schnell in Erklärungsnot, so wie wenn man sagt "ich bin kein Rassist, aber...". Dieses "aber" lässt jeden Demokraten gleich die Nase rümpfen, tauscht man das Wort Rassist mit Faschist gelangen wir nach Bozen.
Sollte es diesen Erhaltungswert geben dann soll von mir aus das Relief nicht zerstört werden, aber bitte weg von öffentlichen Plätzen.
Was die Erinnerung anbelangt bleibe ich bei meiner Meinung, dass man diese durchaus frei von möglichen Missverständnissen künstlerisch besser gestalten kann.

Do., 08.05.2014 - 12:56 Permalink
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Harald Knoflach Do., 08.05.2014 - 13:22

Antwort auf von Guido Gentilli

du hast nicht wirklich kapiert, worum es geht, oder?
1. das problem sind nicht die monumente an sich, sondern der kontext, in dem sie präsentiert werden. das kz ausschwitz wird auch nicht abgerissen - aber es steht in einem eindeutigen kontext, der sich gegen das richtet, wofür es erbaut wurde. das ist in bozen weder beim siegesdenkmal noch beim relief der fall.
2. das olympiastadion (wie auch die autobahnen, die ja auch von hitler stammen usw.) und das kolosseum waren und sind zweckbauten, die auch viel leichter kontextualisiert werden können. im berliner olympiastadion wird auf die geschichte hingewiesen. auch wurden die hakenkreuze entfernt. der einzige zweck des siegesdenkmals und des reliefs ist eine verherrlichung der dargestellten - menschenverachtenden - ideologie. also muss ich deren bedeutung über den kontext umdrehen.
ist das so schwierig zu verstehen?

Do., 08.05.2014 - 13:22 Permalink
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gorgias Do., 08.05.2014 - 19:09

Antwort auf von Guido Gentilli

Möchte Harald Knoflach im zweiten Punkt besonders zustimmen.
@ Gentili
Quello che fà veramente schifo sono questi paragoni, ma dove si trova in Germania ancora un simbolo nazista o una figura di Adolf Hitler esposta in pubblico? Che centra lo stadio olimpico? Mica qualcuno parla dell'Eurac o del cinema Stella a Bessanone!

Do., 08.05.2014 - 19:09 Permalink
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Profil für Benutzer Guntram Bernulf
Guntram Bernulf Do., 08.05.2014 - 20:12

Antwort auf von Guido Gentilli

Stimme H. Knoflach und Gorgias voll zu.
Sogar in seiner Heimatstadt Gori wurde die große Stalin-Statue im Jahr 2010 entfernt. Freilich blieb sein Museum als wichtiger Wirtschaftsfaktor offen...
Die fasch. Denkmäler in Bozen bleiben in ihrer heutigen Form Kristallisationspunkt für diese totalitäre Ideologie.

Do., 08.05.2014 - 20:12 Permalink
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Patrizia Trincanato Do., 08.05.2014 - 12:08

Nella storia dell’Alto Adige – Südtirol è cristallizzata esemplarmente la storia del Novecento europeo come secolo delle passioni identitarie, dei nazionalismi, dell’avvento dei regimi totalitari e della rinascita di un’Europa dell’integrazione e della convivenza tra lingue e culture diverse.

Gli anni delle dittature hanno lasciato in questa provincia di confine tracce profondissime, sedimentate nelle memorie collettive e leggibili ancora oggi nelle sopravvivenze architettoniche di quel periodo.
Soprattutto le opere ieri elevate a simboli di un regime dittatoriale che ha negato la libertà e la democrazia, oppresso minoranze linguistiche, celebrato la superiorità di un popolo sugli altri, e che nell’immediato dopoguerra non sono state rimosse, si sono prestate a facili strumentalizzazioni politiche e all’”uso politico della storia” (inteso come ricostruzione polemica di eventi a partire dalla memoria di un gruppo), alimentando in tal modo permanenti contrasti tra i gruppi linguistici e rafforzando la percezione di avere passati difficilmente conciliabili. Sono state rese più fragili le ragioni della pacifica convivenza e le identità sono state costrette a chiudersi sul terreno più ideologico ed esclusivo dell’appartenenza.

Non meno carichi di implicazioni sono da considerarsi i possibili effetti di rispecchiamento che i caratteri dell’ideologia contenuta e trasmessa in simili opere hanno potuto, e possono, produrre tra i simpatizzanti dei movimenti radicali di destra.

Con il percorso espositivo al Monumento alla Vittora Stato Provincia e Comune hanno largamente condiviso che debbano essere superate le ragioni della disputa sui monumenti e sui simboli dei passati regimi e che tali sopravvivenze devono iniziare ad essere leggibili unicamente come testimonianze storiche e, come tali, diventare luoghi di una memoria viva e condivisa, capace sia di rafforzare i valori del vivere civile, della civile convivenza, sia di educare a rimuovere dalle coscienze giudizi assolutori sulle dittature, di ieri e di oggi.

La città di Bolzano ha giocato e gioca, a questo proposito, un ruolo importante.
Il capoluogo conserva numerose testimonianze storico-artistico-architettoniche di quel tempo, oltre il Monumento alla Vittoria di Marcello Piacentini, il bassorilievo di Hans Piffrader sulla facciata del Palazzo degli Uffici Finanziari (già Casa Littoria o Casa del Fascio) compresi gli edifici pubblici e gli insiemi edilizi concepiti nel disegno della città degli anni Venti e Trenta che fanno ormai parte costitutiva del tessuto e del volto urbano del capoluogo.
Un complesso urbanistico, architettonico e monumentale che, a detta degli storici, ha il pregio della completezza e di essersi quasi integralmente conservato per più di sessant’anni. Una realtà documentaria che è in grado di rappresentare assai incisivamente lo spirito del tempo in cui fu costruita e che ha quindi in sé le potenzialità di presentarsi come “museo diffuso” o “a cielo aperto”.

La significativa convergenza sull’ipotesi di sottoporre ad un’operazione di storicizzazione i monumenti e i simboli del Fascismo oggi è possibile dopo aver fatto il primo importante passo con il Monumento alla Vittoria. Registrare sia a livello politico, che a livello di pubblica opinione, la volontà di farlo costituisce il presupposto affinché l’eredità della produzione architettonica e monumentale del Ventennio, anziché rimanere prigioniera di contrapposizioni nazionalistiche e di strumentalizzazioni politiche, possa essere trasformata in un’importante risorsa culturale al fine di favorire una riflessione storico-critica più ponderata, che aiuti un confronto più sereno con il passato ed un rapporto più mediato tra cultura della memoria e conciliazione.

Il percorso da piazza della Vittoria a piazza Tribunale è breve, il buon lavoro fatto al Monumento ha finalmento aperto la strada.
Patrizia Trincanato

Do., 08.05.2014 - 12:08 Permalink
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Manfred Gasser Do., 08.05.2014 - 14:52

Antwort auf von Patrizia Trincanato

Da fange ich mal ganz hinten an, welcher Weg wurde oder wird denn eingeschlagen, was bitte ist gut an der Arbeit beim Siegesdenkmal, die renovierten Liktorenbündel? Oder ein Museum, über das sich doch niemand so recht freuen kann? Bei Piffrader´s Duce-Verherrlichungs-Relief gibt es nur einen Weg, das Relief muss weg aus dem öffentlichem Raum, denn wäre das Relief ein grüner Frosch am Kreuz, hätte man lange schon tabula rasa gemacht!
Warum also zwei verschiedene Lösungen für das offensichtlich gleiche Problem? Entweder man lässt zu dass Kunst provoziert, als Frosch oder Duce ist dann einerlei, oder man lässt es nicht zu, einfach, oder?

Do., 08.05.2014 - 14:52 Permalink
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Christoph Moar Do., 08.05.2014 - 16:04

Antwort auf von Patrizia Trincanato

Herr Pahl ging zwar fleißig im Hungerstreik, der Frosch blieb aber meines Wissens hängen. Eine kleine Kunstinstallation davor verhüllte (für die zarten Gemüter) die schreckliche Fratze. ;) Damit stimmt die Aussage "...denn wäre das Relief ein grüner Frosch am Kreuz, hätte man lange schon tabula rasa gemacht!" nur sehr eingeschränkt. Dies mal vorweg.
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Es sind aber trotzdem, glaube ich, schon zwei unterschiedliche Dinge (auch wenn man wegen mir beide Fälle auch ähnlich lösen mag): Der Frosch ist eine beinahe schon banale Frage, ob Kunst provozieren darf und wie weit die Provokation gehen darf. Es geht in einem solchen Fall "nur" darum, ein Grundrecht (das der Meinungs- und Ausdrucksfreiheit) gegen ein anderes (das der Anerkennung einer Religion, Kultur oder ethnischen Identität) abzuwägen. Das ist die zentrale Frage des Kippenberg'schen Frosch, oder der Kunst im Allgemeinen, wenn sie, wie immer wieder mal stattfindend, die religiösen oder identitären Gefühle anderer Menschen verletzt.
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Dass Menschen sich besonders verletzt fühlen, wenn zentrale Symbole ihrer Religion, Kultur oder ethnischen Identität verächtlich gemacht werden ist hinlänglich bekannt. Ein liberales Weltbild, echte Aufklärung und auch Meinungsfreiheit zeichnen sich natürlich besonders auch durch Argumente aus, die selbst scharfe Kritik an Religionen einschließen darf. Daran will ich damit nicht im Geringsten rütteln. Dieses liberale Weltbild bedeutet aber überhaupt nicht, dass man die Verletzung religiöser Gefühle nach dem Motto: "Alles ist erlaubt." gutheißen muss. Es ist also beim Frosch eine Frage der Abwägung. Welche Botschaft hat das Werk? Welchen künstlerischen Wert hat es? Welche Gefühle werden wie verletzt?
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Der Umgang mit Kunstwerken, die faschistische oder totalitäre Ideologien transportieren, mag auf den ersten Blick ähnlich aussehen - im Detail ist es das aber nicht. Weil zumindest Konsens darüber besteht, dass die ideologische Bürde, die diese Werke beinhalten, nicht zur Diskussion steht. Es geht nicht darum, ob der pferdereitende Duce akzeptiert werden kann oder nicht. Es geht darum, welchen Umgang man mit einem ideologisch belasteten *Kunstwerk* - denn als ein solches schätze ich zumindest das Piffrader Relief ein - haben kann. Frau Trincanato erweitert in ihrem Beitrag diesen Kunstwerk-Begriff sogar auf ein ganzes urbanistisches, architektonisches und monumentales Komplex von Bozen.
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Also, wenn die Aussage sein sollte: schleifen wir das Kunstwerk, genauso wie wir den Frosch geschliffen hätten, dann verstehe ich den Vergleich. Das eine mag man wie das andere handhaben wollen. Nachdem der Frosch aber nicht geschliffen wurde, würde ich aufpassen, beide Dinge nicht auf die gleiche Ebene zu heben. Sie sind vielleicht oberflächlich ähnlich gelagert, im Kern aber ein anderes Problem.

Do., 08.05.2014 - 16:04 Permalink
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Manfred Gasser Do., 08.05.2014 - 16:50

Antwort auf von Patrizia Trincanato

Eine "kleine" Kunstinstallation kann man meintewegen auch machen, um diese "andere" Fratze zu verhüllen, und vielleicht nimmt man ja beim Verhüllen das ganze Pferd gleich mit.
Du hast sicher recht, was die Unterschiedlichkeiten aus deinem Blickwinkel betrifft, aber mir ist es im Prinzip egal, ob ein Pahl, ein Minniti, ein Seppi, oder eine Klotz in den Hungerstreik tritt, um den Frosch/das Relief zu zerstören-zu retten.
Ich hoffe, du hast es aus meinem ersten Text herauslesen können, das war alles leicht ironisch, provokativ gemeint, und deshalb nicht ganz zu ernst zu nehmen.

Do., 08.05.2014 - 16:50 Permalink