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MEMC: riaprire lo stabilimento

La crisi del mercato del silicio si ripercuote sugli operai della MEMC di Sinigo. Si lavora a creare le premesse per la riapertura. Deve però calare il prezzo dell’energia e della materia prima

Sinigo: fino a cent’anni fa una landa paludosa e malsana. Era la periferia della periferia. Poi, d’un tratto, sorse il paese e il territorio stretto fra rio Sinigo e Rio Nova, tra Postal e Maia Bassa, si trovò per molti versi al centro della storia. Il paese e la sua fabbrica. Quest’ultima nacque come uno stabilimento all’avanguardia nella produzione di concimi azotati, sfruttando la corrente elettrica della centrale di Marlengo. Fu precursore, Sinigo, della politica di immigrazione fascista, degli sforzi industriali, della battaglia del grano, della bonifica integrale. Tutto, prima di essere esportato altrove, fu provato a Sinigo. Durante la guerra, in fabbrica, si eseguirono esperimenti con l’acqua pesante e l’impianto fu teatro dell’unico bombardamento avvenuto nel comune di Merano.

Sinigo è sempre stata in mezzo alla storia. Gli stessi sinighesi non se ne rendono conto abbastanza. Persino le gravi difficoltà che attraversa oggi lo stabilimento, la MEMC (nata Montecatini), dipendono da questioni internazionali. Sinigo e la sua fabbrica si trovano in balia della globalizzazione e, di conseguenza, della crisi globale. I sinighesi, più che al governo Letta, guardano oggi ad Obama o a chi per lui.

Il ramo sinighese della MEMC, colosso americano nel settore del silicio per l’elettronica e il solare, versa da due anni in un profondo stato di stallo.

“Nel 2010 era stato fatto un grosso investimento”, spiega Paolo Tondin, membro della RSU per la Cgil e della segreteria provinciale della Filctem-Cgil. “La MEMC aveva speso sui 200 milioni di dollari per aprire un nuovo reparto dedicato alla produzione di materiale per il solare”. L’avventura è durata un anno. “Il nuovo reparto è stato inaugurato nell’ottobre 2010 e nel novembre 2011 è stato chiuso”. I motivi? “Allora c’era molta domanda di questo prodotto. Tutti hanno investito. Si vendeva il policristallo grezzo dai 400 ai 500 dollari al chilo. Oggi il prezzo è sceso a 40 o 50 dollari. Tutti si sono allargati, ma poi il solare ha smesso di tirare. Ad esempio, con la crisi, sono venuti meno gli incentivi statali. Poi la concorrenza della Cina… Il prezzo è crollato. Il reparto è stato chiuso perché non rendeva più”.

La fabbrica ha due lavorazioni. Un reparto produce materiale iperpuro per l’elettronica. È il cosiddetto monocristallo. L’altro produceva materiale grezzo (il policristallo) che serve per il monocristallo e il “solare”. Mentre il “mono” continua a lavorare, la crisi ha colpito il “poli” e chi ci lavora.

La crisi occupazionale è molto grave. “Nel 2011 – dice Tondin – c’erano circa 550 operai. Ad oggi si sono persi quasi cento lavoratori: quelli che avevano un contratto a termine ed altri che hanno cambiato lavoro non vedendo prospettive. Non tutti possono andare avanti con 800 euro al mese…”

Sono rimaste circa 450 persone. 250 sono in cassa integrazione a zero ore da due anni. Una cinquantina abbondante lavora alcune settimane al mese. Gli altri, i più fortunati, continuano a prestare la loro opera al monocristallo. L’attuale distribuzione del lavoro è motivo di malumori e di contestazioni più o meno aperte allo stesso Sindacato.

C’è un piano di rilancio che è stato discusso la settimana scorsa a Bolzano, in vista della richiesta di una proroga di sei mesi della cassa integrazione. Nel frattempo si lavora seriamente a creare le condizioni per la riapertura del reparto, ovvero la riduzione del prezzo della materia prima (il triclorosilano) e del costo dell’energia. Quanto al primo punto, sul terreno della MEMC era stato realizzato uno stabilimento dell’Evonik, ditta germanica. Inaugurato nell’ottobre 2011, si era subito fermato. Per non pagare le pesanti penali la MEMC ha acquistato la struttura. Ora, dunque, la materia prima la può produrre in casa. Resta la questione dell’energia. Si è pensato di risolverla accelerando la realizzazione della linea dell’interconnessione tra Italia e Austria ed inserendo la MEMC tra le cosiddette aziende energivore. In ogni caso l’Azienda avrebbe dichiarato di rinunciare, a Sinigo, a produrre materiale da destinare ai pannello solari (benché, paradossalmente, negli USA la MEMC sia stata da poco ribattezzata SunEdison).

Paolo Tondin ha partecipato alla riunione a Bolzano. “C’erano l’Azienda, l’Assoimprenditori, l’assessore Roberto Bizzo e noi sindacati. “La cassa integrazione speciale scade l’11 novembre, quindi entro quella data, bisogna che l’iter per il rinnovo sia concluso”. Quanto alle prospettive, l’Azienda non si sbilancia. “Dicono che le cose vanno avanti e che c’è buona volontà da parte di tutti. Però ci sono anche degli ostacoli. Le possibilità sono 50 e 50. Alla fine sarà comunque la Corporate americana a decidere”.

Tondin vuole essere ottimista. “Penso che non avrebbe senso fare tutto questo lavoro, come lo si fa da due anni, se non ci fossero delle prospettive reali. In questa fase il Sindacato e l’Azienda hanno un unico obiettivo: riaprire lo stabilimento”.