Kultur | La memoria

Un museo per conoscere e comprendere

L'avvenuta musealizzazione del Monumento fascista alla Vittoria, per decenni palestra di estremismo etnico, è l'occasione per congedare il lungo secolo dei nazionalismi?

Se tutto andrà come si augurano gli artefici e i rappresentanti delle istituzioni che ne hanno resa possibile la realizzazione, l'inaugurazione del percorso museale collocato sotto il Monumento della Vittoria segnerà un punto di svolta nella storia di Bolzano. Questo il refrain che stiamo ripetendo da giorni, coltivando un'attesa finora colmata soltanto da due eventi: il silenzio di chi è a conoscenza di ciò che verrà esposto, ed intende dunque proteggerlo, e il chiacchiericcio di chi, al contrario, avrebbe preferito che un museo del genere non venisse mai aperto. La scommessa dei primi, ai quali auguriamo tutta la fortuna possibile, è che il chiacchiericcio cominci a spegnersi non appena i visitatori inizieranno ad aggirarsi per gli spazi ipogei – che si annunciano ampi e saturi di documenti necessari a spiegare quanto li sovrasta – con l'intento di conoscere e capire.

Proprio questi due termini – conoscenza e comprensione – costituiscono la chiave di volta di un'operazione che dovrebbe mostrare come Bolzano, seppur lentamente, tra avanzamenti talvolta seguiti da disgraziati passi indietro (inevitabile ricordare qui il referendum del 2002), non sia più disposta a restare ostaggio del proprio passato, delle memorie divise tra “italiani” e “tedeschi”, oppressori e oppressi, scatenanti accuse reciproche divenute col tempo sempre più grottesche e surreali. E intanto il Monumento, piantato al centro della città, a costituire l'inesorabile polo magnetico dei reazionari di ogni lingua, mentre intorno tutto cambiava e cambia, spingendo a trovare una soluzione che fosse sia di conservazione (come si conviene per un manufatto di questa importanza) che di rivisitazione critica della sua ingombrante latenza simbolica.

Certo, non è garantito che neppure la “decostruzione” operata mediante l'allestimento del percorso museale plachi per sempre, per non dire all'istante, le recriminazioni di coloro i quali, come accennavamo, dalla sopravvivenza di un simile reperto hanno tratto finora linfa mefitica e inesauribile per riproporre contrapposizioni anacronistiche. Non ci sarà ovviamente nessun museo al mondo in grado di fermare orde di tifosi sbandieranti o di mettere a tacere chi, ancora oggi, pensa di emendare le ingiustizie risalenti a ottant'anni fa facendo saltare in aria ciò che le ricorda. Ma a questi stolidi, finalmente, sarà adesso possibile indicare la porta della cripta, regalare loro un biglietto d'ingresso e costringerli a riconoscere ciò che nel frattempo è diventato l'oggetto in cui avevano finora riposto il loro stupido orgoglio o l'altrettanto sterile odio. Avranno, insomma, l'opportunità di conoscere e comprendere. E come loro, questa possibilità l'avranno soprattutto gli allievi di tutte le scuole della provincia, di altre regioni, e tutti i turisti che sicuramente apprezzeranno un'offerta culturale unica.

Amara postilla. Purtroppo l'apertura del museo avviene in giorni, come questi, nei quali il mondo segue con apprensione le notizie provenienti da Gaza e la recrudescenza del conflitto tra ebrei e palestinesi. Di fronte a simili tragedie, il clamore suscitato localmente dalle avventure di un vecchio Monumento appare certamente risibile, persino offensivo. Esso serve però almeno a capire quanto le passioni identitarie, se non depotenziate con pazienza e ostinazione, possano diventare tumori incurabili, diffondendo metastasi in ogni singola cellula delle società in cui si manifestano. Da questo punto di vista noi, qui, abbiamo avuto molta fortuna. Una fortuna, beninteso, che non dobbiamo mai smettere di meritarci.