Gesellschaft | Toponomastica e simboli

Rifugi solo in tedesco e senza bandiere italiane

La vecchia polemica sui nomi si è riaccesa. Fatto insolito, durante la campagna elettorale. Piccolo riassunto di un muro contro muro che non fa bene a nessuno.

Di problemi inerenti la toponomastica, le bandiere, i simboli e tutto quanto fa “identità” se ne parla generalmente in un'occasione: d'estate, quando cioè si è a corto di altri argomenti. In periodi politicamente più caldi, quando il dibattito potrebbe rischiare di cadere nella “trappola etnica”, si preferisce sopire, glissare, rimandare. Desta quindi sorpresa che mercoldì (18 settembre), dunque in piena campagna elettorale, sia stata votata dal Consiglio provinciale una mozione proposta da Süd-Tiroler Freiheit, e per giunta nell'ultima riunione della legislatura, che torna a far battere la lingua sul dente che duole. In questo caso sui nomi dei rifugi di montagna e le bandiere tricolori che generalmente sono issate nei loro pressi. Bene, da ora in avanti – secondo quanto approvato dal Consiglio provinciale, quindi con il decisivo contributo della Svp – i rifugi gestiti dall'AVS (l'associazione alpinistica di lingua tedesca) potranno utilizzare nomi monolingue e fare a meno della bandiera italiana. La reazione, come prevedibile, non si è fatta attendere. E persino il ministro Delrio, allarmato immediatamente da Michaela Biancofiore (Forza Italia), ha fatto intanto sapere (con un sms) che si tratta di un “fatto grave” e da “esaminare”.

La regola durnwalderiana è a suo modo chiara: “Tutto quello che è privato lo decide il privato”. E Martha Stocker (definita dal Dolomiten Durnwalders Toponomastik Unterhändlerin) la interpreta così: “A mio modo di vedere per i nomi dei rifugi valgono le stesse condizioni che pensiamo debbano valere per le malghe: quindi tutto, o quasi tutto, secondo le denominazioni originali, accompagnato dalla dicitura malga”. Tutt'altra musica, ovviamente, sul versante italiano. Stamani (23 settembre) l'Alto Adige riportava un giudizio del “moderato” Gianclaudio Bressa (Pd) che meno moderato non avrebbe potuto suonare: “Più che una mozione, quella è una cosa patetica. La Svp dimostra di avere una paura folle delle elezioni. La proposta sui rifugi è irricevibile. La storia va rispettata da entrambe le parti e quei nomi fanno parte della storia italiana, non solo altoatesina”. E Carlo Costa (sempre del Pd) ha dichiarato che al ministro Delrio verrà prossimamente richiesta una posizione un po' più articolata di quella espressa col suo sms alla Biancofiore. Muro contro muro, dunque, e la cosa più strana è ritrovarsi ancora a questo punto dopo l'infinita trafila d'incontri, trattative, patti, promesse e assicurazioni che hanno preceduto per il voto di mercoledì.

Dibattito inopportuno e vecchio, si potrebbe anche pensare. Ultimi scampoli di un passato che magari sta dando gli ultimi colpi di coda, in attesa che col voto di ottobre si cambi finalmente pagina e dall'era Durnwalder si svolti finalmente in quella Kompatscher. Ma per l'appunto, come vede Arno Kompatscher questa vicenda? Il Landeshauptmann del futuro, che qualche mese fa si era accostato al tema col suo fare sempre disponibile e conciliante, ha dichiarato ai giornali che nell'ultima settimana aveva staccato un po' la spina, per potersi rigenerare in vista dell'ultimo, più intenso periodo della campagna elettorale. Quindi l'ultima mossa del Consiglio non l'ha seguita e non si è fatto neppure opinioni al riguardo. Disinteresse strategico, errore politico o incapacità di affrontare problemi di questo tipo? Quando riattaccherà la spina sarà forse opportuno chiederglielo.