Navalny
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Gesellschaft | Il Cappuccino

Tre donne

Si chiamano Lyudmila, Julia e Dasha. Sono la madre, la moglie e la figlia di Aleksej Navalny. Che lottano già al posto del loro uomo, ucciso dal regime russo.
  • Convinto come tanti maschi della mia generazione (e delle due successive, dunque fino ai giorni nostri) che le figure femminili siano state e sono determinanti e solari anche quando sono severe, comunico che da alcuni giorni son entrate nel mio Pantheon tre nuove donne. Sono coraggiose, determinate e pragmatiche. Da ognuna di loro mi aspetto che mi raccontino qualcosa e che lo facciano in modo esemplare. Ma se e quando lo faranno, ebbene credo dovrò ripescare dal baule del mio giornalismo gli aggettivi “commoventi” e “invincibili” per descriverle. Loro sono Lyudmila, Julia e Dasha ovvero la mamma, la moglie e la primogenita di Aleksej Navalny.

    I regimi politici di solito mandano al confino e poi uccidono i dissidenti. Quello russo lo fa da alcuni secoli e nel frattempo neanche la lunga e lugubre stagione sovietica è riuscita a far peggio. 

    Naavalny, mentre scriviamo, si trova in un obitorio oppure in una stanza attrezzata del carcere siberiano dove è morto il 16 febbraio 2024. Tra le ipotesi, un nuovo e questa volta micidiale avvelenamento. Oppure un pugno secco all’altezza del cuore sferrato come insegnano nei corsi per agenti segreti dove si è formato – senza libri ma forse con qualche figurina di omino che protesta appesa alla porta – l’attuale presidente russo Putin.

    Le tre donne legate a Navalny hanno richiesto indietro il corpo del “loro” uomo, annunciando al tempo stesso – in un groviglio di frasi che da solo dovrebbe spaventare chi lo ha ucciso – che continueranno la sua battaglia per la libertà di espressione e di pensiero in Russia. 

    Devo la mia formazione di “maschio di minoranza” (nella mia famiglia mamma e zie e cugine hanno sempre contato più di papà e zii) a “L”, a Mary, a Maria Luisa, ad Andreina, a Lalla, a Lidia, a Betta cugina, a Leyla futura nuora e a ben tre Andrea, colleghe all’università berlinese Humboldt. Ma da un po’ di tempo – tempo che mi sembra già dilatato anche se a tratti inafferrabile – posso dichiarare che mi sto formando come persona anche grazie a Lyudmila, Julia e Dasha.

    Le abbraccio, per ora, solo qui. Ma magari ci incontreremo. E i prossimi giri di Apfelsaft, li offro tutti io. 

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Peter Gasser Fr., 01.03.2024 - 08:20

„Si chiamano Lyudmila, Julia e Dasha. Sono la madre, la moglie e la figlia di Aleksej Navalny“.
Und dann ist da der, der Putin genannt wird:
ein „Putin“, Schimpfwort für die nächsten Jahrhunderte für das Übelste, was es am/an Menschen gibt.

Fr., 01.03.2024 - 08:20 Permalink