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O Austria felix !

Interessante lezione di storia, soprattutto per noi altoatesini, in un libro dedicato all'impero asburgico.

Marco Bellabarba insegna storia moderna presso l'Università di Trento. Nei mesi scorsi ha dato alle stampe, per le edizioni de Il Mulino, un interessante volume intitolato "L'Impero asburgico". 245 pagine fitte di notazioni e di validissime indicazioni bibliografiche, ma soprattutto scritte con un linguaggio chiaro e comprensibile, con un'attenzione a mantener vivo l'interesse del lettore che non sempre, purtroppo, è possibile riscontrare nei lavori degli storici di professione.

Il libro segue lo svolgersi delle vicende storiche dell'impero degli Asburgo a partire dalla metà del settecento e sino alla definitiva frantumazione del novembre 1918. Una cavalcata compiuta con uno sguardo sempre aperto alla realtà europea, ai mutamenti che essa introduce, per volontà o per forza, nel grande corpo di un impero multinazionale, multireligioso, multilinguistico che alla fine non riesce più a sopravvivere al peso delle proprie contraddizioni interne e della spinta esterna dei troppi nemici.

Le vicende che Bellabarba racconta non sono certo ignote e generazioni di storici le hanno indagate e raccontate, ma il libro ha un suo ritmo e una sua logica interna che induce a consigliarlo anche a coloro che di storia europea degli ultimi secoli possono essere abbastanza digiuni o che hanno dimenticato quel che impararono sui banchi di scuola.

Ci sono poi un paio di motivi, tutt'altro che banali, che ne consigliano un'attenta lettura a tutti quegli altoatesini/sudtirolesi che desiderassero avviare una riflessione sul modo in cui la nostra storia più recente ci è stata narrata e su come continua a essere rivissuta nella memoria delle generazioni più anziane ma anche di quelle più recenti. Bellabarba, si badi bene, non dedica molto spazio nel suo saggio alle vicende particolari del Tirolo storico, sia di quello tedesco sia di quello italiano. Lo nomina spesso, accenna ad alcuni tra i passaggi più importanti che vedono coinvolte in queste terre nelle vicende storiche dell'impero, ma non punta certamente più di tanto la sua attenzione sugli avvenimenti particolari di questa piccola porzione del grande territorio austroungarico.

È proprio questo, paradossalmente, uno dei motivi per cui occorre leggere questo libro. In esso è descritta con estrema chiarezza la fase storica nella quale i ceti borghesi delle varie zone dell'impero, perennemente esclusi dall'esercizio del potere politico, che gli imperatori si contendono con la grande aristocrazia, finiscono per salire sul carro del nazionalismo. È un fenomeno complesso che coinvolge progressivamente, con momenti di riflusso e grandi ondate improvvise tutte le regioni di un colosso politico costruito nei secoli sulla base del principio del governo assoluto dell'imperatore, per diritto divino, e della coesistenza tra sudditi di diversa lingua, diversa religione, diversa razza. Lo scontro divampa violento e inarrestabile, in Boemia, nelle varie zone dell'Ungheria, dove si parlano lingue diverse dal magiaro, nella Trieste economicamente privilegiata dove la borghesia italiana si sente assediata dalla presa di coscienza nazionale degli slavi, nelle varie isole linguistiche dei Balcani, nella Galizia austroungarica, frutto della scellerata spartizione della Polonia storica. Divampa, il conflitto, anche al confine meridionale dell'impero dove le popolazioni di lingua tedesca, influenzate dal pangermanesimo che sta portando più a nord alla riunificazione degli Stati germanici nell'impero prussiano, si trovano su un confine con il mondo di lingua italiana.

Il Tirolo storico comprende in sé questo confine e inevitabilmente diventa contenitore dello scontro che questo contatto alimenta, in piena aderenza allo spirito dei tempi.

Quello tra italiani e tedeschi, però, è solo uno dei tanti scontri che l'incipiente nazionalismo alimenta, per nulla diverso, particolare, unico rispetto agli altri. Questa è la prima importante lezione che il volume di Bellabarba ci impartisce. La pretesa ormai ben salda nella mente degli altoatesini/sudtirolesi di esser protagonisti da un paio di secoli di una vicenda del tutto particolare nella storia universale è assolutamente priva di ogni fondamento. Quel che avviene nell'ottocento tra Bolzano, Trento e Innsbruck, non è per niente diverso da ciò che avviene a Praga o in altri luoghi del grande impero. Il fenomeno è unico e sono al massimo le manifestazioni locali attingersi di un colore differente.

Già questo far giustizia di un luogo comune pervicacemente annidato nel senso di esclusiva superiorità con cui a Bolzano si guarda il mondo, sarebbe un merito sufficiente per consigliare il libro, ma esso, letto con attenzione, ci impartisce una lezione ancora più importante.

Bellabarba racconta, con dovizia di particolari, la nascita, l'affermarsi dei nazionalismi. In questa storia generale è pienamente iscritta quella minore che riguarda, soprattutto tra la metà dell'ottocento e la grande guerra, le terre del Tirolo dove il contrasto diviene particolarmente brutale, dato che esse vengono scelte come frontiera su cui, ad esempio, crescente movimento nazionale tedesco sceglie di mostrare i muscoli e di opporsi con vigore alla rivendicazione di italianità che arriva da sud.

In Alto Adige, per una tradizione culturale ormai consolidata e divenuta anch'essa parte del comune sentire, si è costruita l'immagine di uno stacco totale, assoluto tra il "prima" e il "dopo" rispetto alla data del 4 novembre 1918. È chiaro che il passaggio storico è stato di quelli che lasciano un segno profondo e indelebile nelle persone e nelle comunità che li subiscono, ma questo non autorizza a pensare che vi siano elementi di continuità che attraversano queste date fatidiche.

Per quanto riguarda la nostra storia è chiaro, ad esempio, che l'Italia si è affacciata all'Alto Adige conquistato portandosi dietro tutta una serie di elementi maturati nei decenni precedenti con il passaggio all'irredentismo al nazionalismo. La vicenda di Ettore Tolomei ne rappresenta un esempio calzante. La parte sudtirolese poi c'è tutta quella cultura di azione politica e di stampo liberalnazionale innervata, nei decenni precedenti, dal sostegno e dall'impulso delle centrali pangermaniste e nazionaliste situate soprattutto al di là delle Alpi, nel Tirolo settentrionale nella Baviera. Questa corrente di pensiero e di azione non si esaurisce certo con la fine della guerra, ma anzi diviene parte essenziale del grande movimento unitario che si forma sud del Brennero per resistere all'italianizzazione. È una cultura che si propaga nel corso dei decenni, che confluisce, a suo tempo, nel radicalismo nazionalsocialista, che gli sopravvive e che giunge a lambire il dibattito politico anche ai giorni nostri. Non voler riconoscere questi elementi di continuità significa non capire quasi nulla della storia altoatesina degli ultimi due secoli e questi elementi hanno la loro radice storica e culturale nelle vicende che Bellabarba racconta nel suo libro. Un buon motivo per leggerlo e per meditarlo.

PS. Ho il non lieve sospetto che alla "forma mentis" di cui sopra si debba far risalire anche il più che tiepido interesse con cui le istituzioni altoatesine hanno affrontato, sino ad ora, lo storico anniversario dello scoppio della prima guerra mondiale. Poche e marginali le iniziative specie se raffrontate a quelle, ben più rilevanti, con le quali l'avvenimento viene ricordato nel vicino Trentino. Eppure sarebbe un'ottima occasione per rileggere la nostra storia nel senso cui ho accennato sopra.

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Florian Huber Fr., 09.01.2015 - 11:10

Vielen Dank für den lesenswerten Beitrag!
Marco Bellabarbas Buch ist in der Tat ein Meilenstein, vor allem weil er eine längst überfällige Annäherung zwischen österreichischer Geschichte und italienischer Geschichtsschreibung - und umgekehrt - hoffentlich nachhaltig begründet! Übrigens wird das Buch am 23. Januar in Bozen vom Autor persönlich vorgestellt: http://storiaeregione.eu/it/news-eventi/leggi-evento/presentazione-libr…

Problematisch, Herr Ferrandi, finde ich indes die Teleologie, die ihrem historischen Narrativ zugrundeliegt - und gegen die sich eben Bellabarba selbst wendet, wenn er dafür plädiert, die Geschichte der Habsburgermonarchie nicht von ihrem Untergang her zu lesen. Und auch wir sollten die Geschichte Tirols in der Habsburgermonarchie nicht vor dem Hintergrund der dramatischen Steigerung 1914-1918, nicht als ausschließliche Geschichte von nationalen Verwerfungen lesen.

Deshalb halte ich auch wenig von ihrer Theorie der großen politischen Kontinuitäten in den vergangen beiden Jahrhunderten - wollte man eine Genealogie der gegenwärtigen politischen Diskurse schreiben, gelangte man sicher nicht zu nationalliberalen Positionen, die, insgesamt gesehen und auf die gesamte Bevölkerung bezogen, minoritär blieben. Es gab keinen Südtirolischen Sonderweg, der zwangsläufig in Nationalsozialismus münden musste. Katholisch-Konservative bzw. christlichsoziale Diskurse - die nationalistische Positionen keineswegs ausschlossen - waren da, vor 1918 und nachher - wesentlich mächtiger und in der langen Dauer betrachtet auch einflussreicher.

Fr., 09.01.2015 - 11:10 Permalink