Culture | In mostra

Un tuffo nella luce per cambiare prospettiva

I cambiamenti climatici attraverso l’obiettivo di Jorge Fuembuena.
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Non prendo immagini dalla realtà perché voglio descriverla, ma perché cerco di scoprirla.” Jorge Fuembuena

Grazie al clima mediterraneo di questi giorni a Parigi, è destinata ad vita molto breve l’installazione realizzata con 12 blocchi di giaccio staccato da altrettanti iceberg della Groenlandia, che ieri  Olafur Eliasson ha portato in place du Panthéon a Parigi per sensibilizzare i partecipanti alla conferenza sul clima. La provocazione dell’artista danese può dirsi quindi decisamente riuscita. Tra i vari dati drammatici emersi nei giorni scorsi, un report commissionato dai paesi del G7 all’istituto Adelphi e diffuso da Globe Italia, al numero già esorbitante delle vittime delle catastrofi naturali derivanti  dai cambiamenti climatici in atto (secondo l’Onu oltre 600mila negli ultimi 20 anni), aggiunge quello di tutti i  caduti delle guerre dovute a cause ambientali in corso in questo momento nel mondo: ben 79.

Sono cifre da togliere il sonno, come quelle che riguardano i dati ambientali, purtroppo però malgrado l’entità delle perdite sia in termini di vite umane che di danni all’ecosistema, anche in quest’occasione sembrano prevalere logiche politiche ed economiche di una cecità incommentabile, e una riduzione sensibile delle emissioni che blocchi il surriscaldamento terrestre, sembra ancora un’utopia.Mentre i grandi della terra discutono di problemi climatici, una mostra a Bolzano ci parla delle stesse tematiche ricorrendo però al linguaggio inaspettato della bellezza. L’autore dei lavori esposti è Jorge Fuembuena, i cui scatti sono presentati in questo periodo dalla galleria Antonella Cattani contemporary art che, con la mostra “69°11'32"N 51°03'55"W 2,165 m”, ospita la prima personale in Italia, dedicata al lavoro dell’artista spagnolo. E torniamo a parlare di Groenlandia anche per il lavoro di Fuembuena, dato che il titolo della mostra fa riferimento alle coordinate di un luogo vicino al ghiacciaio più imponente della sua parte occidentale, lo Jakobshavn (o Sermed Kujalled), divenuto tristemente noto come uno dei simboli della fragilità dell’ecosistema terrestre. Quelle che si affacciano al visitatore dalle pareti della galleria di via Rosengarten, sono immagini di una bellezza struggente, illuminate da una luce che ci appare nel suo spettro cromatico più seducente. Le opere realizzate con la tecnica della C-Print (ovvero stampa cromogenica) ritraggono i ghiacci dello Jakobshavn, trasformando la sua abbagliante bellezza in un grido di denuncia contro quella scomparsa cui pare inesorabilmente destinato.

Negli scatti del fotografo che vive e lavora a Madrid, la luce inonda ogni cosa, ricorrendo ad una gamma di colori così ampia da abbagliare l’osservatore, confondendo contorni e materia, per innescare un consapevole caos sensoriale. Come nota Lola Garrido, Fuembuena ricorre ad uno stile fotografico nel quale la luce viene utilizzata come preciso strumento di confusione sensoriale, attraverso il bagliore che inonda gli scatti, mentre l’estetica con la quale il fotografo, classe 1979, ci riporta ad un’ideale paesaggistico di stampo quasi romantico, è così raffinata da diventare emotivamente distante e quindi impersonale. Fuembuena usa la fotografia come mezzo per interagire con gli altri,  come strumento per riflettere sulla natura delle cose, e costruire una visione più complessa della realtà.

Le dimensioni estese delle opere in mostra fino al 15 gennaio 2016, portano l’osservatore a provare la sensazione di entrare a far parte dei paesaggi, per ritrovarsi inondato e abbagliato dalla stessa luce splendidamente colorata, che non concede esistenza alla sia pure minima zona d’ombra. Il flusso delle emozioni provate durante la contemplazione del ghiacciaio, viene così trasmesso da Jorge Fuembuena attraverso il potere della fotografia, facendosi invisibile per restituirci una serie di immagini di commovente bellezza, in grado di parlarci di un tema tanto angoscioso, attraverso il linguaggio delicato eppure potente della poesia.