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Politics | Maltrattamenti

La festa della democrazia

Andare a votare o rifiutarsi di avvalersi di questo fondamentale diritto democratico? Tutto sta capire che cosa è - o a cosa assomiglia - la democrazia.

Più divento vecchio e più ho meno voglia di andare a votare. Ho provato a capire quello che mi succede spiegando in un post su Facebook perché, con molta probabilità, alle prossime elezioni non parteciperò, o se parteciperò farò in modo di annullare la scheda (l'ho già fatto anche allo scorso referendum, quello sulla riforma costituzionale, lasciando scorrere la punta della matita lentamente da un angolo all'altro del foglio). Dichiarando il mio “non voto” ho messo comunque in chiaro due cose: non considero il mio eventuale gesto esemplificativo di una posizione di rifiuto a priori della democrazia nelle forme che ci sono note e che continuiamo a praticare, quindi non vorrei neppure che il mio atteggiamento venisse considerato un invito a fare altrettanto, magari in nome di una diversa e più nobile concezione della politica. Adesso aggiungo che non è neppure detto, non è sicuro che alla fine mi comporterò così. Magari un voto riuscirò ad esprimerlo, ma sarà comunque l'esito contraddittorio di questa sofferta impreparazione a decidermi, sarà qualcosa di ancora più indifferente dell'indifferenza che dovrebbe per l'appunto spingermi a perseverare nel non dare il mio assenso, nel non rendermi “complice”. Parlando in questi giorni con alcuni amici mi sono reso conto di un fatto abbastanza allarmante: chi possiede più cultura, più capacità critica, chi insomma avrebbe tutti gli strumenti intellettuali e persino etici per andare a votare – se non con convinzione, almeno con responsabilità – non solo risulta incerto o titubante, ma persino infastidito, contrariato, sfiduciato fino al limite del disgusto davanti al mediocre (e non raramemte orrido) spettacolo della campagna elettorale. Neppure la vecchia battuta di Indro Montanelli riesce a rendere bene l'idea. Altro che “turarsi il naso” o dare una preferenza al “meno peggio”. Per votare occorre quasi rinunciare a pensare, diventare per così dire un automa che agisce in base agli impulsi più primitivi. Chi invece appare rozzo e completamente dominato da pregiudizi ideologici non smette di scaldarsi e trova soprattutto nell'identificazione di un nemico da battere (Salvini, Berlusconi, Renzi, i Comunisti, i Cinque Stelle) la motivazione per credere (stavo per dire illudersi) che votare abbia ancora senso. Ci sono persino quelli che pensano che “dopo il voto cambierà tutto”, evidentemente persone che non hanno letto “Il Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa. Ecco, alla fine forse il segreto è proprio questo. Convincersi che non si è meno stupidi evitando di fare come gli stupidi. Convincersi che la democrazia, al pari di tutto il resto, assomiglia al celebre carosello che chiude il film 8 ½ di Federico Fellini. Massì: teniamoci per mano, recitiamo la nostra parte, non diamoci troppa pena. È una festa la democrazia, viviamola insieme.