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13 agosto - Freni inibitori

L’Austria diverte il signor S.F. che ci trova una certa rassicurante familiarità, ma quando inizia la Romania una piccola crepa si apre nel suo composto rigore.
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Il signor S.F. è un uomo di mezza età dalla barba austera ed i capelli lunghi, molto ben pettinati. Gli occhiali tondi di tartaruga incastonano il suo sguardo condiscendente che abbraccia la sala di Palazzo Mercantile.

È pronto a farsi sorprendere dal concerto che ha cambiato luogo e programma, a causa di una pioggia molesta.

Accoglie con occhi adoranti il Prologo dell’Orfeo di Monteverdi, seguendo con approvazione l’incedere ammaliatore della cantante, ma è all’ottetto per fiati di Beethoven che decide di arrendersi completamente, allentando un poco le maglie della sua austerità.

La letizia degli oboi, lo scoppiettio dei fagotti, il clarinetto irriverente, lo riportano, bambino, a correre lungo il Waalweg di Marlengo, mentre tuffa le mani nell’acqua freschissima o insegue una foglia, divenuta impavida barchetta. Sente il sapore dei lamponi e delle ciliegie selvatiche, così dolci da raschiare la gola. Ma, improvvisamente, un crepitio di applausi, tra un movimento e l’altro, si mangia il Waalweg e tutto il suo idillio. Il signor S.F. guarda con disapprovazione quella porzione di pubblico che non sa quando applaudire. Il suo sguardo sdegnato li ha gelati, è convinto. Ma non fa a tempo a riprendere i suoi sogni d’Arcadia che, di nuovo, il pubblico si abbandona a un battito di mani senza freni. La tortura del signor S.F. prosegue per tutta la durata dell’ottetto.

Il concerto termina con una serie di musiche popolari di alcuni dei paesi di provenienza dei giovani musicisti. L’Austria diverte il signor S.F. che ci trova una certa rassicurante familiarità, ma quando inizia la Romania una piccola crepa si apre nel suo composto rigore.

Una febbre, un’elettricità nervosa lo percorrono, dandogli un tremito alle mani ed ai piedi. Più i violini si rincorrono in acrobazie vorticose e lamenti sentimentali, più il cuore del nostro sanguina di autentica commozione. Vorrebbe alzarsi in piedi e trascinare il violinista in una danza selvaggia: allacciati in un abbraccio di passione, volteggerebbero per la sala condividendo tra le labbra vicinissime una rosa rosso fuoco.

Quando la Spagna fa il suo ingresso, la piccola crepa nella compostezza di S.F. è ormai divenuta una voragine. I piedi si muovono ritmicamente, segnando il tempo di un tango con casqué, mentre le mani - ah traditrici! - si lanciano in un applauso scrosciante e irrefrenabile prima che i musicisti abbiano terminato l’esecuzione. Che importa, pensa S.F., che importa, se il mio cuore trabocca di commozione e amore, amore sì per tutto e tutti.

Mentre il non più austero S.F. si abbandona ad un batter di mani smodato e rumoroso, il resto del pubblico lo osserva con un certo distaccato disappunto.