Culture | Clone

19 agosto - Clone

Un giardino di marmi nivei e di croci di ferro ricamate, un selciato reso liscio da infiniti passi e la luce che digrada quasi di nascosto...
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Tutto ruota attorno alla luce, che va via via sparendo, rapida, mentre ci avviciniamo alla chiesa antica circondata da antiche tombe. Un giardino di marmi nivei e di croci di ferro ricamate, un selciato reso liscio da infiniti passi e la luce che digrada quasi di nascosto, così che l’arrivo della sera ci sorprende un poco.

Tenevo i sensi all’erta per non mancare alla mia promessa, ma qualcuno ha deciso di confondere i piani. Il canto inizia, senza che noi possiamo vedere i corpi a cui quelle voci appartengono.

Forse nascosti nello spazio che corre attorno al coro, i cantanti arrivano a noi solo con le voci, corpo invisibile di cui avvertiamo la presenza mobile, compenetrante. Corre lungo le navate, si eleva verso la volta, seguendo il profilo degli archi, sfiora le nostre teste. E quando il gruppo appare, è come se il corpo di ciascuno continuasse a non esserci, a defilarsi, per far spazio a quella presenza che si irradia, compatta eppure composita.

Di nuovo la luce se ne va, lasciandoci al buio ad ascoltare, come da bambini, quando, in un rifugio improvvisato,rischiarato soltanto da una piccola torcia, si leggono storie spaventose, non tanto per avere paura, quanto piuttosto per vedere il mondo sospeso in cui tutto può accadere.

"Sentite chi parla di immagini, ride Roberto, ma è la verità, eravamo diversi, sapete, l’altro giorno leggendo un libro di fantascienza ho trovato la parola giusta: eravamo un clone. (…) è vero, è vero, il canto e la vita e persino i pensieri erano una cosa sola in otto corpi. (…) E cantavamo e vivevamo come una cosa sola". Clone, Julio Cortàzar.

http://www.bolzanofestivalbozen.it/News/it/159/3346/44217.aspx