Politica | L'intervista

“Siamo il centro che guarda a sinistra”

Bizzo e i suoi puntano a restituire rappresentanza al gruppo italiano riportando al centro dell’agenda “i temi veri”. L’ex Pd mette in chiaro: “Mai con Forza Italia”.
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Foto: web

Il nome non è stato ancora scelto, “Noi” pare al momento l’ipotesi più accreditata, “ma il progetto è ancora in divenire”, spiega Roberto Bizzo, ex capocorrente della minoranza Pd che ha recentemente lasciato per seguire la ciurma di dissidenti dem che ora preparano l’ingresso in scena alle prossime elezioni provinciali con una loro lista. Sabato scorso (7 aprile), intanto, le prove generali sono andate meglio del previsto. Più di 200 persone hanno infatti partecipato alla prima iniziativa pubblica della compagine degli ex. Tema dell’evento - a cui hanno partecipato fra gli altri il costituzionalista ed ex senatore Francesco Palermo, il sociologo Luca Fazzi e il politologo Hermann Atz, moderati dall’ex vicesindaco Elmar Pichler Rolle -: la crisi della rappresentanza italiana nell’autonomia altoatesina. 

 

salto.bz: Bizzo, si aspettava tanta partecipazione?

Roberto Bizzo: Devo dire di no. Ma tanta affluenza significa che quando si toccano i bisogni e gli interessi veri delle persone poi la risposta arriva. Ho la sensazione che in questo momento ci sia una domanda di politica altissima, il problema è che molto spesso la politica non riesce a capire il senso di quella domanda e a parlare linguaggi comprensibili. Ricordo ancora quel che diceva un amico: “Puoi dire la cosa più intelligente del mondo ma se parli in latino e la gente non ti capisce allora è tutto inutile”.

Si riferisce al Pd?

Nessuno di noi si preoccupa di criticare gli altri, ma piuttosto di capire quali sono i reali problemi da affrontare. 

Intanto la deputata di Forza Italia Michaela Biancofiore vi strizza l’occhio, è fattibile un connubio con gli azzurri di Berlusconi?

Assolutamente no. Siamo due mondi diversi. Vede, la definizione del “centro che guarda a sinistra” è quella per noi più calzante. 

Oggigiorno si parla ancora di categorie del Novecento che sono superate da almeno vent’anni e il dramma è che, persi in questo labirinto di destra e sinistra, non siamo riusciti a intercettare le reali esigenze delle persone.

Non è però un mistero che il centrodestra locale abbia gradito apertamente alcune sue iniziative, come la ferma opposizione all’intesa sulla toponomastica. L’elettorato non rischia forse di essere disorientato?

Destra e sinistra sono concetti obsoleti. Oggigiorno si parla ancora di categorie del Novecento che sono superate da almeno vent’anni e il dramma è che, persi in questo labirinto di destra e sinistra, non siamo riusciti a intercettare le reali esigenze delle persone. Le domande e i bisogni dei cittadini non sono né di destra né di sinistra, il lavoro non è né di destra né di sinistra, così come non lo sono la sicurezza, il lavoro, il futuro, la sanità o la scuola. 

Con chi pensate di avere un’affinità, allora?

Un passo per volta. Il prossimo sarà ragionare per capire che futuro dare a questa iniziativa politica. 

La nostra autonomia è come una bicicletta che ha bisogno di due ruote funzionanti, se una non gira o manca non ci rimette la ruota ma tutta la bicicletta.

E intercettare i voti di un Pd al momento sfibrato?

Noi puntiamo a dare rappresentanza e rappresentatività a una comunità che in questo momento non ne ha. Sia il politologo Hermann Atz che il sociologo Luca Fazzi sabato hanno messo in luce proprio questa verità conclamata: c’è una comunità che non ha voce. Io credo di aver usato un paragone pertinente in questo senso: la nostra autonomia è come una bicicletta che ha bisogno di due ruote funzionanti, se una non gira o manca non ci rimette la ruota ma tutta la bicicletta. E poi c’è anche un altro punto da considerare.

Quale?

Tutti o quasi oggi parlano della necessità di mantenere vivo e di riattualizzare il quadro istituzionale della Regione, ma non esistono forze politiche che abbiano una dimensione e un orizzonte regionale e noi dobbiamo partire anche da questo dato. 

Ma concretamente come si fa ad arginare il deficit di rappresentanza del gruppo italiano?

Sabato mattina ne abbiamo avuto un assaggio. Si fa tornando a mettere al centro dell’agenda i temi veri. Lavoro, sanità, scuola. E dando risposte serie.

Una mia candidatura non è scontata. Sono tante le ipotesi aperte in questo momento. Io sarò nel posto in cui si riterrà utile che io sia.

Questo significa che si candiderà? 

Partiamo dal presupposto che io sto dando una mano a costruire un percorso politico. Quando ci sarà una lista si vedrà come proseguire. Una mia candidatura non è scontata. Sono tante le ipotesi aperte in questo momento. Io sarò nel posto in cui si riterrà utile che io sia. Candidarsi non è un verbo riflessivo, non ci si candida, ma si viene candidati.

E poi si corteggia la Svp, cosa che in questa impasse politica appare impresa ardua…

Ritengo sia sbagliato utilizzare il termine corteggiare. La Svp ci insegna che è un partito in grado di governare con chi c’è. E lo fa benissimo a Roma. Noi dovremmo poter rappresentare gli interessi e le speranze di una comunità governando, appunto, con chi c’è. Io appartengo a una storia politica nella quale non si corteggiava la Svp ma con questa ci si confrontava, che è una cosa ben diversa. Poi è chiaro che pensare di governare senza la Svp in Alto Adige è da folli. 

Lo stesso vale se ci si appiattisce troppo sulla Svp, come avrebbe dichiarato la deputata uscente Luisa Gnecchi parlando del Pd?

Preferisco non rilasciare commenti sul Pd. Non a caso l’ho lasciato perché non ci credevo più.