“La Lub deve imparare a volare”

Pekka Abrahamsson, preside della facoltà di Informatica dell'Università di Bolzano, invita a osare di più. E rispetto a burocrazia ed “Innovation Festival”...
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A Bolzano esistono due festival dell'innovazione, uno, notoriamente si tiene in vari luoghi della città a fine settembre, l'altro occupa, più o meno stabilmente, un piccolo spazio di un corridoio all'ultimo piano della facoltà di informatica. E' nato in Finlandia 41 anni fa ed il suo nome è Pekka Abrahamsson. L'anfratto in cui lavora sembrerebbe poco adatto alla sua stazza e soprattutto al suo status, visto che la facoltà la comanda lui essendone il preside, ma a lui piace così. E' un tipo molto attento ai risultati e pochissimo a posizioni ed onorificenze. Il suo motto è "mentre voi dormite noi elaboriamo progetti" ed ha un pregio che rende felice ogni giornalista: parla chiaro, anche in italiano, lingua che ha iniziato a parlare solo da alcuni mesi.

Preside, già che ci siamo, cosa pensa dell'altro "Innovation Festival"? 
E' un progetto molto valido, un'ottima piattaforma per comunicare al pubblico cosa fanno le varie istituzioni, Tis, Eurac, Università etc. Il tutto confezionato molto bene, come sanno fare da queste parti.

Ma?
Servirebbe maggiore innovazione anche nel comunicare. La forma è sempre la stessa, il dibattito con moderatore, mancano le sorprese, dovremmo cercare di essere più stimolanti e, inoltre, dovremmo coinvolgere i turisti che non sembrano aver compreso in maniera precisa la tipologia dell'evento.

E' solo una questione di comunicazione?
No, è stato fatto un ottimo lavoro, ma ora dovremmo passare al secondo livello, migliorando l'interazione tra le varie istituzioni e tra queste ed il territorio. Dovremmo concentrarci sui contenuti, il pubblico non è interessato a chi fa le cose, ma ai risultati.

Passando all'Università, quali salti di qualità si attende dalla sua e dalle altre facoltà?
Occorre capire che siamo speciali, non siamo una università statale e possiamo avere un impatto forte e profondo, soprattutto sul territorio che ci circonda. Facile a dirsi, meno a farsi, ma per riuscirci bisogna prendere dei rischi ed avere obiettivi ambiziosi. Come diciamo dalla mie parti : “per volare verso la luna occorre staccare i piedi da terra,” non ci deve frenare la paura, i progetti possono anche fallire, non è un dramma.

Ma quali sono le "specialità" dell'ateneo di Bolzano?
Abbiamo tutti gli ingredienti per raggiungere obiettivi importanti, design, economia, informatica e formazione, interagendo possiamo farcela. Possiamo fare le cose diversamente dagli altri atenei, invece perdiamo tempo cercando di imitare gli altri.

Anche qui un problema di comunicazione?
Non solo, è finito il tempo in cui dovevamo convincere tutti che eravamo un'università. Il risultato è raggiunto, ora serve un cambio di mentalità, questa è una buona università con ottime potenzialità, altrimenti non sarei qui.

Ha cambiato idea riguardo alla burocrazia italiana? Fino a qualche tempo fa diceva che era uno stimolo.
Sono le aziende le prime a lamentarsi della nostra burocrazia e questo fa perdere risorse. Dobbiamo essere meno burocratizzati, a volte le complicatissime leggi italiane si fondono che la mentalità tedesca dell'ossessivo rispetto per le regole. Così c'è il rischio di fermare tutto.

Un'ultima questione, l'università appare ancora come un corpo estraneo rispetto alla città di Bolzano...
E' vero, dobbiamo comunicare meglio, facendo test metodici e valutando i risultati con feedback precisi, ma non è un lavoro che può svolgere un'unica facoltà, va fatto insieme, coinvolgendo organi accademici e studenti per scoprire quali strutture e attività possano migliorare la situazione.