Società | Giornata contro la violenza sulle donne

Francesca Melandri: “Il rispetto cominci dalla cura del linguaggio”

Esiste una violenza di genere che non sfocia necessariamente in quella fisica. Essa vive piuttosto sedimentata nel nostro linguaggio, nelle metafore morte che necrotizzano la comunicazione tra uomini e donne.

Nella giornata contro la violenza sulle donne è difficile discernere messaggi di circostanza, comunicazioni istituzionali – tanto necessarie quanto spesso scontate -, da contributi che puntano il dito sui nodi ancora da sciogliere. La scrittrice Francesca Melandri (Eva dorme, Più alto del mare) ha pubblicato sul suo profilo facebook una riflessione che tocca uno degli aspetti forse più trascurati, cioè quello relativo all'uso del linguaggio. Linguaggio che invece esprime e costituisce una visione delle cose e dei rapporti uomo/donna ancora da indagare e curare.


Oggi è la giornata contro la violenza sulle donne. Si parla di femminicidio, stupri, botte. E' giusto farlo, come è giusto, finalmente, che si cominci a dire che la violenza sulle donne è soprattutto un problema degli uomini.
Io però vorrei parlare di una forma di violenza diciamo minore, sicuramente meno minacciosa per la nostra sopravvivenza o incolumità fisica, ma che tutte noi donne incontriamo quasi quotidianamente: le piccole, costanti mancanze di rispetto dovute al nostro diritto all'espressione del pensiero o addirittura - vade retro satana! - l'esercizio di un'autorità. Trattarci con disprezzo velato da "ironia"; usare metafore animali (gallina, bulldog, cagna, troia, vacca); reagire con sarcasmo alla nostra autorevolezza ('mettiti la museruola', 'smetti di abbaiare/starnazzare' ecc); esporre con le parole il nostro corpo e la sua fisiologia come qualcosa di limitante e inferiore ('che sei mestruata?' 'hai allattato troppo per riuscire a pensare') o unicamente valido come oggetto sessuale ('sei troppo carina per arrabbiarti così', 'sì parla, parla, che con quel culo che c'hai potresti dire qualsiasi cosa...') e alla fine l'arma finale di colui che offende: 'oh, ma non hai senso dell'umorismo, io scherzavo'.
Sono tutte espressioni del profondo disprezzo, della convinzione profonda seppure non più detta apertamente (perché non si può più) che il nostro posto sia quello di statue mute, carine e sottomesse, che ancora domina prepotentemente l'immaginario maschile nostrano.
Io e tante altre donne da giovani abbiamo reagito a queste continue offese alla nostra intelligenza e dignità autoaccusandoci: 'sono arrogante', 'non sono abbastanza dolce', 'sono acida'... Ecco, tra 6 mesi io compirò 50 anni e tra le tante belle cose di questa età matura c'è anche l'aver capito questo: no, quando un uomo manca di rispetto a una donna solo perché donna è LUI quello sbagliato; è lui quello che deve cambiare.

 

Da segnalare anche l'iniziativa online NoiNo.org. Nelle parole dei promotori, si tratta di uomini decisi a farsi testimoni di una campagna di sensibilizzazione contro la violenza di genere e la cultura che la alimenta: “Perché ognuno di noi può fare qualcosa contro la cultura del possesso e del controllo, contro il sessismo e le giustificazioni”.