Politica | Riforma dello statuto

E' necessaria una legittimazione democratica

Per la riforma dello Statuto di autonomia non basta una consulta nominata dal Consiglio provinciale, ma serve la legittimazione di un'assemblea costituente eletta.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
Septemper Session -Sigrid Mauroner
Foto: Sigrid Mauroner

Finora il compito di definire lo Statuto e le sue riforme è sempre stato riservato a un'élite ristretta: qualche parlamentare e ministro, la Commissione dei 6 o 12, il vertice della SVP e, nel 1969, i delegati di un unico partito. Oggi giustamente i cittadini chiedono più voce in capitolo, quindi la legittimità democratica di questa "Costituzione" della nostra provincia e del Trentino va ricostruita dal basso, dall'elettorato.

A questo punto i vertici di SVP e PD sembrano essersi convinti dell'idea di una Costituente e, anche su spinta del senatore Palermo, stanno riflettendo su organismi composti in parte da politici, in parte da esperti, sia per dare voce ai gruppi politici minoritari, sia per qualificare i processi decisionali. Chi sceglierà quali esperti e in base a quali criteri? Dare un incarico ad un comitato di esperti nominati dall'alto già equivale a restringere il ruolo della futura assemblea costituente a quella di una specie di consulta. Come potranno essere coinvolti i cittadini normali? Chi sarà allora l'istanza eletta ad approvare la nuova carta statutaria?

Una vera Assemblea Costituente, per contro, di regola viene eletta a suffragio universale, anche in nome della divisione dei poteri. Ciò non significa soltanto dividere i classici tre poteri: legislativo, esecutivo e giurisdizionale, che si controllano a vicenda. Significa dividere anche il “potere costitutivo” dal “potere costituito”, cioè di chi governa nella fase attuale. Altrimenti saranno attuate regole dell'esercizio del potere a guisa dei potenti e non dei cittadini, che sono i veri sovrani in ogni comunità democratica.

La genesi delle Costituzioni moderne non ha potuto fare a meno di questa esigenza, di questa forma di legittimazione rafforzata. Anzi, esperienze recenti sono andate anche oltre, coinvolgendo direttamente i cittadini via crowd sourcing (Islanda). Il nostro Statuto, a differenza di quello sardo, non prevede questa facoltà, e nemmeno una funzione propositiva diretta del Consiglio provinciale. Quindi, per avviare un processo più partecipativo della riforma dello Statuto occorrerebbe dare agli elettori locali il diritto di eleggere un'assemblea costituente. A questo scopo, come primo passo, andrebbe modificato il nostro Statuto di Autonomia per consentire questa facoltà. Dopo la sua elezione questa assemblea dovrebbe elaborare e approvare il nuovo Statuto e trasmetterlo al Parlamento, dove sarà ridiscusso, modificato, approvato e posto in vigore.

Del resto, mettere in piedi un organismo doppione del Consiglio provinciale che lavora per anni su una nuova bozza di Statuto non sarebbe in linea col tentativo di ridurre i costi politici. Sarebbe più semplice e meno costoso affidare direttamente al Consiglio provinciale un mandato costituente. Questo però sarà eletto fra 3 mesi. Difficile immaginarsi che un Consiglio provinciale con incarico costituente si istituisca prima della fine della prossima legislatura, cioè dell'autunno 2018. Quindi tutto il progetto di riforma slitterebbe per almeno 5 anni. Francesco Palermo, invece, almeno stando a quanto riportato il 24 luglio 2013 su salto.bz, sta pensando ad altro: "Cercheremo di allestire una convenzione, cioè un comitato che agisca secondo una procedura già sperimentata a livello europeo riguardo alla modifica dei trattati. La nostra convenzione ovviamente dovrà applicarsi alla riforma dello Statuto di autonomia, e per questo motivo occorrerà che venga insediata dal Consiglio provinciale." Una tale convenzione, in una prospettiva democratica, sarebbe un meccanismo poco soddisfacente. Non basta una commissione nominata dalla maggioranza del Consiglio per garantire una nuova qualità di partecipazione democratica dei cittadini alla riforma dello Statuto di autonomia.