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CODA

Il film di Siân Heder, vincitore di 3 Oscar, segue un ritmo prevedibile ma hey, un po’ di sentimentalismo non ha mai fatto male a nessuno. Cast da lode e bacio accademico
CODA
Foto: Screenshot

Anche quest’anno gli Oscar dell’ovvietà, quelli che ormai per non scontentare nessuno vengono spartiti con il bilancino di precisione cavalcando - capelli al vento - il “politically correct” a tutti i costi, hanno fatto il loro giro di giostra. Nell’edizione 2022 - che probabilmente sarà ricordata più per quella chiacchieratissima cinquina in faccia che per la qualità del suo cinema (a titolo esemplificativo: Licorice Pizza di P.T. Anderson che torna a casa indecentemente a mani vuote) - vince la statuetta più ambita CODA, il crowdpleaser di Siân Heder.

CODA | Official Trailer

 

Cos’è

CODA, acronimo di “child of deaf adult” (figliə udente di genitori sordi) - il cui titolo è stato tradotto in modo da farlo sembrare quello di una fiction con Elena Sofia Ricci: I segni del cuore -, non si esaurisce nel racconto della disabilità ma certamente si allinea alla perfezione con il messaggio, socialmente rilevante, che l’Academy è ansioso di inviare. E infatti gli ha assegnato l’Oscar come miglior film, il primo per una piattaforma di streaming: AppleTV+ (ma la pellicola è stata finanziata e prodotta indipendentemente prima di venderne i diritti, per la cifra record di 25 milioni di dollari, al colosso di Cupertino che ne ha captato l’“oscarizzabilità”).
CODA è diventato anche il primo film del Sundance, nonché il primo con un cast in gran parte non udente, a trionfare nella categoria più importante degli Oscar.
La pellicola - remake del pluripremiato film francese La Famille Bélier (La Famiglia Bélier) - ha centrato anche gli altri due premi per cui aveva guadagnato la nomination: miglior sceneggiatura non originale a Siân Heder e miglior attore non protagonista a Troy Kotsur, il secondo attore non udente a vincere la statuetta dopo Marlee Matlin nel 1987 (anche lei nel cast di CODA) con Children of a Lesser God (Figli di un dio minore).

Troy Kotsur vince l'Oscar come miglior attore non protagonista

 

La storia è quella di Ruby Rossi (Emilia Jones, che ha imparato il linguaggio dei segni americano per il ruolo), l’unica persona udente nella sua famiglia e quindi con un carico da novanta di responsabilità sulle sue spalle. Al mattino presto, prima di andare a scuola, la diciassettenne aiuta suo fratello (Daniel Durrant) e i suoi genitori (Marlee Matlin e Troy Kotsur) nella loro attività di pesca sulla costa del Massachusetts. La ragazza entra a far parte del coro della scuola, alimentando la sua passione per il canto, e il suo maestro Bernardo (Eugenio Derbez), riconoscendo il talento dell’allieva, la incoraggia a fare un’audizione per il prestigioso Berklee College of Music. Combattuta fra il desiderio di inseguire i suoi sogni e le aspettative e i bisogni della sua famiglia - di cui è stata da sempre l’interlocutrice con il resto del mondo, che sia per negoziare il prezzo del pesce o per tradurre ai genitori la diagnosi del medico sul perché le loro parti intime sembrano andare a fuoco - Ruby dovrà infine inevitabilmente scegliere. Lo farà in una catarsi sentimentale che scalfirà anche gli animi più inflessibili. Ma non vi dispiacerà, perché nel frattempo Heder si sarà guadagnata il diritto di distruggervi emotivamente.

 

Com’è

Come vi avevamo segnalato già in “tempi non sospetti”, CODA è un film che vale la pena vedere. Fa quello che deve fare senza troppe storie, con un candore e una grazia non comuni, umorismo e intelligenza. È un dramedy universale su una famiglia sorda della classe operaia. Un esempio da manuale del cinema indie. Un piccolo film del Sundance che ce l’ha fatta e che ora può trovare un pubblico meritatamente più vasto.
D’accordo: il racconto è assemblato ad arte e la trama prevedibile (con un finale che vediamo arrivare a cento chilometri di distanza), e il film è ben calcolato per assicurarsi la risposta emotiva a cui mira, ma non è pretenzioso e non si sforza mai di essere qualcosa che non è. Combina battute e buffonate familiari al trovare se stessi concentrando il tutto in una confezione strappalacrime. Insomma, niente che non abbiate già visto prima ma questa ne è probabilmente una versione migliore.

Ai titoli di coda potreste alzare gli occhi al cielo, ma più verosimilmente, ve li asciugherete

Ciò che manca al film in termini di originalità narrativa viene compensato dai suoi personaggi, eccellente e abile ensemble. È nelle scene famigliari, infatti, che CODA si esprime al suo massimo facendone una delle sue più grandi risorse. Il fattore distintivo, e cioè che la famiglia di Ruby è non udente, e l’esplorazione delle dinamiche interpersonali all’interno del clan Rossi, creano alcune delle situazioni più interessanti del film, permettendoci una breve incursione in un territorio per lo più inesplorato. Le rappresentazioni della sordità sullo schermo sono del resto ancora molto rare (e visto che lo sono non perdetevi perle come Sound of Metal di Darius Marder).
Ai titoli di coda potreste alzare gli occhi al cielo, ma più verosimilmente, ve li asciugherete.

Voto: ***