Environment | INQUINAMENTO MARINO

#Fai Da Filtro

La campagna promossa da Legambiente, Marevivo, Greenpeace, Lav, Lipu, MedSharks e WWF per bandire le microplastiche dai cosmetici e avere un mare sempre più pulito.
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Foto: Mare Inquinato

Le microplastiche nei prodotti cosmetici sono state già vietate da luglio 2017 negli Stati Uniti d’America.

In Italia, da più di un anno, si è invece incagliato a palazzo Madama il disegno di legge AS n. 2582 “Disposizioni in materia di composizione dei prodotti cosmetici e disciplina del marchio italiano di qualità ecologica” a firma di Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente della Camera, approvato il 25 ottobre 2016 dalla Camera.

Da qui la campagna #Fai Da Filtro con l’appello al Senato per l’approvazione definitiva della legge per vietare le microplastiche nei cosmetici, lanciato dal 16 novembre scorso e sottoscritto da personalità della ricerca scientifica, dello spettacolo, dello sport, del mondo produttivo e delle aree protette italiane.

La petizione si può firmare online su questo sito internet .

Promuovono l’iniziativa le associazioni ambientaliste Legambiente, Marevivo, Greenpeace, Lav, Lipu, MedSharks e WWF.

Quanti frammenti di microplastica (di dimensione inferiore ai 5 millimetri), che poi finiscono nei nostri mari, si trovano in saponi, creme, gel, dentifrici, esfolianti e in altri prodotti per l’igiene personale venduti in Italia?

Ce lo rileva l’indagine (di cui riporteremo i risultati preliminari) dell’associazione MedSharks condotta in cooperazione con il CNR ISMAC Biella, l’Università del Salento e l’Università degli Studi Roma Tre.

Lo studio fa parte del progetto di sensibilizzazione sui rifiuti marini Clean Sea Life, cofinanziato dal programma LIFE della Commissione Europea con in testa il Parco Nazionale dell’Asinara.

Sono stati analizzati 30 punti vendita (un campione casuale di profumerie, farmacie, parafarmacie e supermercati) in 8 regioni italiane, 81 prodotti di 37 aziende cosmetiche che ricorrono al polietilene (PE), che ad avviso dell’Associazione europea dei produttori cosmetici Cosmetics Europe è la microplastica più usata (94%) nei cosmetici.

Nell’80% dei casi si è trattato di esfolianti per corpo e viso, saponi struccanti e un prodotto antiforfora. Il 50% di tali prodotti il polietilene è risultato in alta concentrazione (tra i primi quattro componenti dopo l’acqua): tra questi anche prodotti cosiddetti ‘naturali’. Il polietilene si trova anche in creme per donna e uomo.

Giusto per fare esempio, su un prodotto che contiene il polietilene quale ingrediente principale il CNR di Biella ha individuato una media di 3.000 particelle di plastica, le cui dimensioni sono tra i 40 e i 400 micron per ogni millilitro di prodotto, sicché in un flacone da 250 ml si stima la presenza di 750.000 frammenti di polietilene, il cui peso è nel complesso pari a 12 grammi.

 

Serena Carpentieri, responsabile campagne Legambiente Onlus, invita a condividere i contenuti della campagna #Fai Da Filtro (il cui video esplicativo è disponibile qui), mediante social network ed a prestare attenzione alle etichette dei cosmetici acquistati: “La plastica si nasconde in tanti prodotti per l’igiene personale e con diversi nomi. Tra i più comuni ricordiamo Polyethylene (PE), Polypropylene (PP), Polyethylene terephthalate (PET), Polymethyl methacrylate (PMMA), Nylon (PA)”.

In mare la plastica si distingue solo per forma e colore, non per la sua fonte, ma è risaputo che essa derivi non solo dai prodotti di cosmetica, ma anche dalla disgregazione di oggetti più grandi, dall’abrasione dei pneumatici da asfalto e dai residui di tessuti sintetici riversati dagli scarichi delle lavatrici, come precisa Carpentieri.

 Per quanto concerne le fibre plastiche derivanti dal lavaggio di fibre sintetiche o miste l’impatto è notevole: per avere un’idea una felpa di poliestere rilascia nell’acqua 1.000.000 di fibre. Per mitigare l’impatto delle microplastiche sull’ambiente marino il consorzio multidisciplinare del progetto Life+Mermaids indica metodi ad hoc.

In mare giungono anche gli oggetti buttati impropriamente nel water. Da un’indagine di Legambiente, cui è seguita la campagna #No rifiuti nel wc, è risultato che i rifiuti rinvenuti in misura maggiore in 46 spiagge italiane monitorate nel biennio 2016-2017 siano stati i cotton fioc (bastoncini per la pulizia delle orecchie): ben 7.000 esemplari.

Elevata è anche la presenza di pattume sulle spiagge, come evidenziato dalla recente inchiesta Beach Litter di Legambiente: dal monitoraggio di 62 arenili sono stati riscontrati 670 rifiuti ogni 100 metri.

Legambiente rammenta nel suo appello: si stima in 8 milioni di tonnellate l’invasione di plastica in mari ed oceani e l’inquinamento marino costa 476,8 milioni di euro in Europa e 8 miliardi di euro all’anno nel mondo.

La salute delle nostre acque, spiega Serena Carpentieri, dipende molto dai nostri comportamenti: “Il marine litter (rifiuti in mare, ndr) è un problema complesso, che ha portato alla citizen science (scienza partecipata, ndr), ossia cittadini volontari che si sono dedicati alla raccolta dei dati sul territorio e che deve essere affrontato da più punti di vista. Non bastano le azioni di pulizia dei macro rifiuti ma si deve insistere sui fattori che generano i rifiuti e puntare su una migliore raccolta differenziata, su attività di recupero dei materiali, sull’economia circolare. Questi obiettivi si realizzano mediante le leggi e con l’apporto delle aziende che devono provvedere ad una migliore produzione commerciale. Infine, si devono sensibilizzare i cittadini a recuperare e riciclare bene i materiali, ad avere una maggiore consapevolezza nella scelta dei prodotti e ad orientarsi su quelli più differenziabili e con minori imballaggi. Sono necessarie le azioni concrete da parte di tutti. Ricordiamoci che le nostre azioni quotidiane hanno conseguenze sull’ecosistema e possono procurare danni alla fauna marina”.