Society | Gastbeitrag

“Andiamo via da casa loro”

Riflessione sul nuovo decennio: il trito slogan Aiutiamoli a casa loro e la morsa del capitalismo sul mondo. “Basta sovranismi, lasciamo libero chi merita sviluppo”.
Africa, Madagascar
Foto: Pixabay

Il mio 2019 si è chiuso con una riflessione su uno degli slogan che tanto ha rimbalzato sui media durante tutto l’anno e che ha accompagnato le politiche di destra in Italia e all’estero.

Lo slogan „Aiutiamoli a casa loro“, che quando viene pronunciato dalle destre di tutta Europa suona maldestro, come un desiderio di abbandonare intere popolazioni al loro destino. Come un lasciamoli che si arrangino, affari loro. Uno slogan che se non contestualizzato e veicolato da chi ha solo intenzione di disseminare odio ha un’accezione esclusivamente negativa.

Ho raccolto diverse pubblicazioni quest’anno sui temi dell’immigrazione e della cooperazione allo sviluppo, soprattutto per non essere impreparato di fronte a chi fa di questi slogan la politica dell’intolleranza, dell’inutile. Di fronte ad un fenomeno, quello migratorio, che non finirà mai e che deve essere più di tutto studiato e organizzato.

L’Unione Europea, per contro, il fenonemo dei flussi migratori lo ha già inquadrato a dovere, decidendo nel 2018 di aumentare la somma messa a bilancio per il periodo 2021-2027 da 13 a 35 miliardi di euro. Fondi che vengono distribuiti tra i Paesi membri anche per progetti di accoglienza, di integrazione, formazione e inserimento lavorativo. È inoltre indubbio che non servano oramai più analisi sul mercato del lavoro per sapere che forza lavoro straniera è indispensabile in Europa e che quindi progetti di inserimento e di integrazione devono sempre più essere sostenuti.

Tutti volenti o nolenti dovremmo chiederci: quanto l’Africa prende a noi occidentali e noi per contro quanto abbiamo preso e stiamo, da secoli, prendendo dall’Africa e magari non restituiamo?

Un quadro molto semplice su cui nolente o dolente dovremmo essere tutti d’accordo e che dovrebbe indurre tutti indistintamente a una riflessione: quanto l’Africa prende a noi occidentali e noi per contro quanto abbiamo e stiamo, da secoli, prendendo dall’Africa e magari non restituiamo?

Quanto aiutiamo noi i Paesi del così detto Terzo Mondo e quanto invece loro stanno già aiutando noi? E soprattutto... siamo certi che sia ancora casa loro?

Vorrei riprendere un articolo di una autorevolissima penna, quella del saggista e giornalista del „Fatto Quotidiano“, Antonello Caporale che tempo addietro ha fornito dei dati sul fenomeno del così detto Land grabbing. Cifre che dovrebbero servire anche ai più „resistenti e convinti assertori dell’odio“ a rivedere certi slogan e certe posizioni.

Aiutiamoli a casa loro, dicono i sovranisti, ma tanto per iniziare, „casa loro“ è in vendita e sempre più sta diventando terra di altri

Tanto per iniziare, „casa loro“ è in vendita e sempre più sta diventando terra di altri. Alcuni esempi di Antonello Caporale che qui cito: „…il Madagascar ha ceduto alla Corea del Sud la metà dei suoi terreni coltivabili, circa un milione e trecentomila ettari. La Cina ha preso in leasing tre milioni di ettari dall’Ucraina: gli serve il suo grano. In Tanzania acquistati da un emiro 400mila ettari per diritti esclusivi di caccia. L’emiro li ha fatti recintare e poi ha spedito i militari per impedire che le tribù Masai sconfinassero in cerca di pascoli per i loro animali. La loro vita.

E poi ci sono gli etiopi che arrivano a Lampedusa giungono dalla bassa valle dell’Omo, l’area oggetto di un piano di sfruttamento intensivo da parte di capitali stranieri che ha determinato l’evacuazione di circa duecentomila indigeni. E tra i capitali stranieri molta moneta, circa duecento milioni di euro, è di Roma.

Gli etiopi che arrivano a Lampedusa giungono dalla bassa valle dell’Omo, oggetto di un piano di sfruttamento intensivo che ha fatto scappare 200.000 indigeni. Tra i capitali stranieri circa 200 milioni di euro sono di Roma

Ancora… L’Italia intera conta 31 milioni di ettari. La Banca mondiale ha stimato, ma il dato è fermo al 2009, che nel mondo sono stati acquistati o affittati per un periodo che va dai venti ai 99 anni 46 milioni di ettari, due terzi dei quali nell’Africa subsahariana.

…in Uganda 22mila persone hanno dovuto lasciare le loro abitazioni per far posto alle attività di una società che commercia legname e che ha comprato tutto: terreni e villaggi.

…chi ha fame vende. Anzi regala. L’Etiopia ha il 46 per cento della popolazione a rischio fame. E’ la prima a negoziare cessioni ai prezzi ridicoli che conosciamo. Seguono la Tanzania (il 44 per cento degli abitanti sono a rischio) e il Mali (il 30 per cento è in condizioni di “insicurezza alimentare”). Comprano i ricchi. Il Qatar, l’Arabia Saudita, la Cina, il Giappone, la Corea del Sud, anche l’India.

Aiutiamoli dunque a casa loro dovrebbe forse tradursi in “andiamocene finalmente via da casa loro” dove è soprattutto importante in questo inizio di nuovo decennio riflettere anche sul “mio e tuo”, sulla proprietà, sui sovranismi e sull’utilità dei confini

L’Africa ha bisogno di acqua, di grano, di pascoli anzitutto. Noi paesi ricchi invece abbiamo bisogno di biocombustibile. Olio di palma, oppure jatropha, la pianta che - lavorata - permette di sfamare la sete dei grandi mezzi meccanici. E l’Africa è una riserva meravigliosa.

Aiutiamoli dunque a casa loro dovrebbe forse tradursi in “andiamocene finalmente via da casa loro” dove è soprattutto importante in questo inizio di nuovo decennio riflettere anche sul “mio e tuo”, sulla proprietà, sui sovranismi e sull’utilità dei confini, spesso decisi a tavolino con un righello. È fondamentale insomma riflettere su tutti quei territori strappati, conquistati, venduti o ceduti… ma questa voleva essere una sola riflessione e non cento a cascata.