Culture | Salto Weekend

Museion redento

Circa mille visitatori per l'inaugurazione della mostra celebrativa del decennale, dedicata a Maria Lassnig e allo “scandaloso” Martin Kippenberger.
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Foto: Foto: Salto.bz

In principio fu la rana, fu lo scandalo, fu un terremoto. 10 anni fa – ognuno ricorda – l'inaugurazione del museo di arte contemporanea di Bolzano venne egemonizzata dalle reazioni ad un'opera dell'artista tedesco Martin Kippenberger (“Zuerst die Füße”), che mostrava un rospo crocifisso con un boccale di birra e un uovo tra le zampe. Arrivarono fiumi di lettere indignate alle redazioni dei giornali (in primis al Dolomiten), ci furono mobilitazioni, accuse alla provincia di sprecare ingenti somme di denaro per finanziare la blasfemia. Un consigliere provinciale, quello che dopo qualche anno si distinse per la particolare veemenza con la quale volle difendere i vitalizi, piantò addirittura una tenda davanti all'edificio per dare corpo e visibilità a tutto il suo sdegno. 10 anni fa, impossibile scordarlo. Ma il tempo, come una spugna, passa anche sugli scandali. O almeno li assorbe. E quindi, cogliendo l'occasione dell'anniversario, ecco che Martin Kippenberger può anche tornare, stavolta senza provocare i benpensanti, generando anzi ammirazione, e forse persino retrospettiva comprensione su quanto accadde allora, quando il museo era bambino e molti furono colti da un moto di repulsione altrettanto infantile.

Adesso Martin Kippenberger può anche tornare, stavolta senza provocare i benpensanti, generando anzi ammirazione

Il senso del ritorno di Kippenberger – non una personale, peraltro, giacché la mostra curata da Veit Loers, intitolata “Body Check”, lo vede unito alla carinziana Maria Lassnig – è tutto qui: il Museion è diventato adulto, ha digerito quel che doveva digerire e – per così dire – si è fatto a sua volta digerire, cioè assimilare positivamente dalla città. Lo dimostrano i brevi discorsi che il Landeshauptmann Arno Kompatscher e l'assessore Philipp Achammer hanno pronunciato al taglio del nastro. Il primo ha detto che il dibattito passato “ha fatto bene al nostro piccolo e qualche volta terribile (“schrecklich”) Sudtirolo”; il secondo ha parlato di coraggio, di emozione (“il mio cuore batte così forte che il mondo ne trema”, ha citato Maria Lassnig) e di un passaggio dall'epoca dei titoli sui giornali al più proficuo dialogo tra domande e risposte che nascono dalla contemplazione delle opere. “Questa mostra è davvero di livello internazionale”, ha poi bisbigliato ancora Kompatscher aggirandosi, visibilmente convinto della qualità delle opere, tra altri mille ospiti negli spazi espositivi della mostra al piano superiore.

Una mostra di livello internazionale

Soddisfazione di tutti, quindi, a cominciare dalla direttrice, Letizia Ragaglia, per finire col sindaco Renzo Caramaschi, il quale ha voluto sfiorare il ricordo della vecchia polemica parlando di come gli artisti siano spesso gli individui più sensibili, coloro i quali riescono a captare con le loro antenne vibratili le lacerazioni della storia: “E mentre noi non ci scandalizziamo quasi più per i morti delle guerre, per le ingiustizie, per chi naufraga tentando di scappare dai propri luoghi martoriati, ci stracciamo le vesti per delle opere d'arte che non ci piacciono”. Non ha detto niente di ufficiale invece il vescovo, Ivo Muser, pure seduto tra i prominenti. Ma quando, durante la visita, qualcuno gli si è fatto sotto chiedendogli “se fosse venuto a fare un esorcismo”, l'alto prelato – sostando peraltro proprio davanti a una tela di Kippenberger che rappresenta una crocifissione – ha sorriso con benevolenza: “No, no... niente esorcismi, mi pare non ce ne sia bisogno”. Sì, il Museion adesso è cresciuto e può camminare, anzi correre con le proprie zamp... ehm... gambe.