LA PSICOLOGIA DA UNA DIFFERENTE PROSPETTIVA

“Se un pittore ha desiderio di vedere bellezze che lo facciano innamorare, egli può crearle, e se vuol vedere cose mostruose che lo spaventino, che siano buffonesche e risibili o realmente pietose, egli ne è signore e creatore”.
Leonardo da Vinci (Fonte: Trattato della Pittura, XVI secolo)
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~~LA PSICOLOGIA DA UNA DIFFERENTE "PROSPETTIVA"

Lungi dal contestare il bene incommensurabile(?) che certe pratiche, seppur eterodosse, hanno sulla persona: il coagulare di più indirizzi della psicoterapia che - piuttosto che curare dovrebbe aver cura, piuttosto che guarire dovrebbe aiutare - tenta di combattere sistematicamente la “viralità” delle patologie in tutte le sue forme.
Ma cosa rende più patologico dell’esistenza di una realtà enigmatica, indecifrabile, nel diaframma delle incomprensioni sotto ogni “prospettiva”? 

L’uomo, quell’essere legato al linguaggio della “diversità”, in un continuo rovesciamento delle ragioni a “favore” e delle ragioni “contrarie”, di dire il diverso e nello stesso tempo di essere incatenato all’ "organo" principale della (propria) verità: la “PROSPETTIVA”: porzione di terra consacrata (la realtà) e l'edificio sacro (la percezione) che vi sorge sopra!
Infatti, ci sono persone che accolgono l’esigenza di valutare ogni “gradazione” della realtà, poiché credono che le cattive percezioni da vita quotidiana, spesso, siano il frutto della peggiore prospettiva.    

Nell’arte, i più grandi pittori, ingerendo la brillantezza delle emozioni che ogni colore suscitava in loro (ed espellendola sulla tela), hanno permesso la rappresentazione “manuale” di un’unica emozione che prende tutto il corpo. Per dirla con Van Gogh  “una grande ed improvvisa eiaculazione di energia emotiva e di colore”  -  "joie des sens!" (meglio di un orgasmo!) : il parossismo di un'ascesa in cui la sensazione materiale si stacca dal mondo mortale - rappresenta la migliore “prospettiva”.
Dal Prospettivismo, di Gustav Teicmüller - dove si concepisce la verità come un qualcosa che si dà soltanto all’interno di una prospettiva personale, e non sulla “totalità” delle cose - sembra che ciascuno di noi sia legittimato nel suo modo di vedere-le-cose. D’altro canto, il “pensiero tragico” nega un punto di vista superiore e nell’antagonismo, dal gioco "teatrale" delle prospettive.
Dal contenuto dell’“inventario delle robe” di Caravaggio abbiamo uno "specchio grande" e uno "scudo a specchio” – a conferma dell’ipotesi del ricorso del pittore a tecniche proiettive per mezzo di specchi concavi per raffigurare sè stesso e per ottenere i suoi sorprendenti “affetti di verità”. Ma anche “libri senza titoli” o, per dirla con G. Steiner, “I libri che non ho scritto”, dove ogni essere umano, dotato di una particolare personalità e di un determinato contesto di vita, può scrivere e leggere la propria “prospettiva!”

Ci sono altri individui che, “trincerandosi” nella propria prospettiva, non incontreranno quella dell’altro. Questa differente visione emerge dal significato che Vincent van Gogh attribuisce al proprio quadro: “I mangiatori di patate”: non si possono dipingere i contadini se non si è come loro!
Ci sono prospettive che s’incontrano e si scontrano come ubriachi in cerca di una rissa. Come quelle della logica astutissima dei mass-media che, dotata di più “orizzonti espressivi”, può essere paragonabile ad alcuni dipinti edificati dal Caravaggio: nella morte della vergine dipinta per Maria della Scala, in Trastevere, i contemporanei vedono di tutto e da diverse prospettive: la Madonna è rappresentata distesa, con i piedi rigidi e gonfi, un braccio abbandonato, in posa di grande sfinimento. Giulio Mancini dichiara che, in persona della Madonna, avesse ritratto qualche meretrice sozza degli ortaggi o qualche sua bagascia. Il Bellori parla di una donna morta gonfia, affermando che la modella si trattasse di un’annegata.

C’è a chi piacciono le “prospettive” più eccitanti e rischiose: la vertigine estatica in cui sembra di cadere fuori da sé, lungo, appunto, questo “sguardo”.  Ad esempio l’ “uomo” di Kierkegaard è l’uomo che non ha bisogno di niente e di nessuno, neppure di Dio. E questa concezione, da una certa prospettiva, rappresenta il suo peccato....
Altre prospettive possono rappresentare il surrogato temporaneo della ragione, come i “Journée de bonheur” di Lavoisier, o come quelle relative al linguaggio “contaminato” di bambini, folli o poeti. 

Nell’educazione del proprio figlio sarà l’esercizio mentale - in grembo all’eccitante cambio di “prospettive” - a determinare strategie per il “crollo mentale”, strategie di compenso o strategie da soluzioni efficaci.
Sarà così la capacità materna di “marcare” e riflettere le espressioni del proprio bambino a determinare un efficace stile di attaccamento. Sarà l’intenzione annichilente del padre - severo con tutti e soprattutto con sé - a condannare le espressioni magiche del proprio figlio. Sarà l’educazione impartita dai genitori a sottolineare la pomposità ed il taglio moraleggiante, in cui i valori e convinzioni, tramite il legame sociale, diventano “onore civile”. Sarà così il cambio di prospettiva della reazione iniziale, a fronte di un “imprevisto”, a determinare il grado di efficienza di un genitore (Paul Orfale: “Ho avuto dei genitori perfetti, che furono grandi proprio quando fui bocciato di nuovo al primo superiore!”). 

Ma, in realtà, in qualsiasi altro “luogo” mentale possiamo osservare lo slittare di prospettive. Saranno così le prospettive dello studente a permettergli di valutare quanto appreso da più punti di vita.  Sarà la capacità del vecchio a “presentificare” obsolete “teorie” ed isterilire progressivamente le nuove. Sarà l’incapacità di mettersi nella prospettiva di alcuni animali (vittime predilette dei nostri eccessi) a far sì che il ventre dell’uomo possa diventare la loro tomba. Sarà la prospettiva del militare in guerra ad alterare la percezione del tempo facendogli credere che essa non finisca più. Saranno le depressioni economiche di alcuni paesi a far abbandonare le terre natie verso realtà che diano prospettive migliori.  Saranno correnti di pensiero - come il “panteismo” – a farci comprendere che Dio non ha creato l’uomo, ma che l’uomo ha creato Dio a sua immagine e somiglianza (attribuendogli tutte le più cattive emozioni!). Saranno le valutazioni ricondotte a più ampi quadri sindromici di cui spesso si propone un’interpretazione psicodinamica a curare determinati disturbi. Sarà la prospettiva dell’eccessiva attenzione - stimolata dall’eco femminile da stanza da letto - ad incuneare l’inconscio di un uomo in ogni fibra dell’impulso nervoso dell’interlocutrice (?) (“primum vivere, deinde philosophari”).

L’ “universo delle prospettive” richiede: 1) Una CONOSCENZA tra le “concave grotte e palazzi” della percezione.
Per Leonardo Da Vinci, ad esempio, il contrasto era una forma di conoscenza: per conoscere il “bello” bisognava conoscere il “brutto”, e viceversa. Ma anche Van Gogh era di questa opinione. Da quando scoprì il colore fu sempre attratto dagli opposti - che sono anche complementari - : il verde e il rosso, il giallo e il blu, e dagli stimoli che queste opposizioni inducono nei sensi. Lo “yig” e lo “yang” sono la perfetta rappresentazione di questo principio. L’opposizione tra la fertilità e la sterilità, tra la compagnia e la solitudine, tra la differente conoscenza delle “prospettive”. 
2) Un loro CONFRONTO: c’è uno studio in cui Leonardo mette a paragone la testa di un cavallo, quella di un uomo e un leone. 
3) L’esercizio mentale alla CREAZIONE della più utile prospettiva. Sempre Leonardo affermava: “se un pittore ha desiderio di vedere bellezze che lo facciano innamorare egli può crearle, e se vuol vedere cose mostruose che lo spaventino - o che siano buffonesche ed risibili o realmente pietose - egli ne è signore e creatore”.