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Mettere sotto scacco Google e c/o

La legge sui servizi digitali potrebbe rivoluzionare il mondo digitale.
Note: This article was written in collaboration with the partner and does not necessarily reflect the opinion of the salto.bz editorial team.
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Foto: Fabio Petrini Cgil-Agb

Recentemente i “quattro grandi” del digitale sono stati ascoltati dalla Commissione giustizia della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti. La domanda era se esistesse ancora un mercato funzionante nel settore digitale o se singole imprese avessero troppo potere ed esercitassero pressione sulla concorrenza. Quello che è evidente è che Facebook, Amazon, Google e Apple sono fortemente ancorate nella vita quotidiana dei cittadini e nei loro settori sono molto influenti.

In Europa si guarda con attenzione a cosa succede Oltreoceano. Durante tutta la pandemia un gruppo di 20 persone ha lavorato a Bruxelles su un pacchetto legislativo, dal nome: "Legge sui servizi digitali". L’obiettivo è quello di rinnovare completamente la direttiva sul commercio elettronico del 2000 e limitare il potere delle aziende che operano nel settore digitale.

Primo obiettivo è quello di unificare il mercato digitale. Oggi siamo di fronte a una proliferazione di regolamenti per cui è spesso difficile avviare un'attività su piattaforma in un altro paese europeo diverso da quella dove si risiede.
Il secondo obiettivo è quello di creare una cornice per controllare le piattaforme. 

Va costituita una struttura di vigilanza a livello europeo per garantire che le piattaforme rispettino gli obblighi di legge in materia di protezione dei dati, moderazione dei contenuti e di altre questioni. Per questo la Commissione sta valutando la creazione di una nuova autorità di vigilanza a livello Ue, che dovrebbe far applicare le norme, in parte già esistenti, ma spesso ancora disattese dai singoli Stati.

Per ultimo si vuole garantire una concorrenza leale. I nuovi strumenti dovrebbero consentire alla Commissione di intervenire anche prima che una piattaforma abbia raggiunto una posizione dominante. Questione oggi importante, viste le acquisizioni da parte dei giganti del WEB dei possibili concorrenti. Finora il diritto della concorrenza consente l'intervento solo quando la piattaforma domina già gran parte del mercato.

Con un’analisi attenta sarebbe così possibile intervenire contro situazioni potenzialmente problematiche. Basti pensare alla moneta digitale Libra di Facebook, o alle acquisizioni come quelle di WhatsApp o Instagram. Anche il possesso e l’utilizzo dei dati è da regolamentare meglio, perché rappresenta un chiaro vantaggio sul mercato.  

Un punto molto controverso è una possibile riforma relativa alle regole di responsabilità. I fornitori di servizi sono oggi esentati dalla responsabilità diretta per i contenuti che gli utenti lasciano sulla piattaforma. Rischiano solo se non rimuovono rapidamente il materiale palesemente illegale dopo essere stati informati.

Di fatto sono gli utenti stessi i principali responsabili dei rispettivi contenuti, mentre i servizi Internet si limitano a fornire l'infrastruttura. In verità YouTube o Facebook avrebbero enormi difficoltà a verificare ogni singolo contenuto caricato. Ci sono però novità in arrivo e presto dovranno probabilmente utilizzare filtri di upload per conformarsi alla riforma del diritto d'autore dell'Ue.

Su richiesta di chi detiene il copyright si va verso sistemi automatizzati che filtrano i contenuti indesiderati prima della loro pubblicazione, anche se gli obblighi generalizzati di monitoraggio e controllo sono proibiti dalle più alte autorità europee. Non va infatti sottovalutato il pericolo di limitare la libertà di espressione. Una riforma dovrebbe quindi essere attenta a conciliare le diverse garanzie e a non aggravare ulteriormente l'applicazione della legge.

Si prospettano anche sanzioni severe per i commercianti online, che vendono prodotti contraffatti o illegali. Importante sarebbe anche la limitazione del microtargeting: parola che definisce il metodo largamente utilizzato dai servizi online per affidarsi generalmente alla valorizzazione personalizzata dei dati a fini pubblicitari. Essa è considerata come la "pratica più dannosa della società digitale". È usata anche per la politica e rischia di avvelenare la stessa democrazia puntando spesso sulle debolezze umane che condizionano maggiormente l’elettore.

Trovare una posizione condivisa sarà difficile. I piccoli Stati con una forte industria digitale, come Estonia, Finlandia e Svezia, alleati con paesi come Polonia, Irlanda e Lussemburgo che attraggono gruppi stranieri con basse imposte sulle società, stanno tracciando una linea rossa. Insistono sul principio del paese d'origine, secondo il quale le imprese sono soggette principalmente alle leggi del paese dove hanno il loro domicilio.

I colossi della rete mettono in guardia contro la responsabilità diretta delle piattaforme digitali per i contenuti caricati da terzi. Secondo loro sono le piattaforme stesse che dovrebbero introdurre "fasi, processi e procedure sistemiche" per agire contro contenuti o attività illegali.

Come ormai tradizione la legge sui servizi digitali è oggi una mera dichiarazione d'intenti. La Commissione Ue intende presentare una vera e propria bozza di testo non prima della fine dell'anno. Fino a settembre procederà la consultazione pubblica della Commissione sul pacchetto legislativo. Dovrebbe permettere alle imprese, agli esperti e alle Ong di presentare proposte per la legge finale.

Prevale un forte scetticismo e la promessa di un approccio normativo globale per le piattaforme digitali potrebbe essere disattesa. Una cosa è ormai sicura: la legge continua a essere procrastinata nel tempo e ormai si parla del 2021, chissà!

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Gianguido Piani Wed, 08/26/2020 - 21:56

L'Europa e' irrimediabilmente indietro rispetto a USA, Cina, Russia e India proprio a causa del suo approccio iperlegalistico e che non segue l'evoluzione naturale della tecnologia e dell'economia. L'unico modo di battere Facebook, Google ecc. e' di costruire piattaforme equivalenti europee con i valori europei gia' incorporati. E' quello che fanno in Cina, in Russia, in India, e funziona molto bene. Ai fautori del "mercato digitale europeo" suggerisco di entrare in un qualsiasi negozio di PC e cercare di acquistare un laptop senza Windows preinstallato e senza licenza Microsoft. Forse si renderanno meglio conto della situazione. Negli USA si pongono da tempo la questione se dividere Microsoft in diverse societa' e separare la produzione del sistema operativo dagli applicativi. In Europa discettiamo a lungo, e poi alla fine paghiamo.

Wed, 08/26/2020 - 21:56 Permalink
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Gianguido Piani Wed, 08/26/2020 - 22:23

dal testo: "la Commissione sta valutando la creazione di una nuova autorità di vigilanza a livello Ue, che dovrebbe far applicare le norme, in parte già esistenti, ma spesso ancora disattese dai singoli Stati."

Non sono solo i singoli stati, e' la Commissione stessa a disattendere la norma! In un documento del giugno 2020 il Supervisore europeo per la protezione dei dati (EDPS) accusa la Commissione UE di avere lasciato troppo potere alla Microsoft in un accordo separato e che permette a quest'ultima di modificare unilateralmente le condizioni. La Commissione, contrariamente alle sue proprie e numerose "strategie digitali", ha acquistato licenze Microsoft Office per tutti i suoi dipendenti. Oltre alle spese questo presuppone la collezione di dati personali da inviare negli USA. L'austriaco Max Schrems conduce da anni una battaglia su tematiche simili. In sostanza, imprese USA possono firmare tutte le assicurazioni europee che vogliono, ma in primo luogo sono obbligate a rispettare la legge americana e, se richiesto, devono mettere dati di cittadini europei a disposizione delle loro autorita'.

La soluzione sarebbe abbastanza semplice: server europei, tecnici europei a gestirli, sistemi basati su software aperto, pacchetti tipo LibreOffice. Spenderebbero meno che con l'affitto del cloud e la sicurezza dei dati in questo approccio sarebbe implicita. Ma proprio perche' e' una soluzione sensata e ovvia e' difficile che venga presa in considerazione. Dopotutto il cloud ha un mercato, che alle istituzioni UE piace tanto: si puo' scegliere tra Microsoft, Google e Amazon.

Wed, 08/26/2020 - 22:23 Permalink
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Karl Trojer Thu, 08/27/2020 - 10:11

Condivido quanto esposto nell´articolo. Ritengo essenziale regolamentare sia economicamente che "moralmente" il mondo digitale (ad esempio, il mercato digitale dei beni, che distrugge le reti esistenti del commercio locale, andrebbe debitatmente tassato) . Cio` è indispensabile se vogliamo restare dei cittadini liberi ! L´Europa sarà troppo burocratizzata, ma rispetto alle altre "grandi potenze" essa è una communità basata su valori umani. Non ogni sviluppo è una benedizione, basta pensare al clima ed alla plastica nei mari !

Thu, 08/27/2020 - 10:11 Permalink
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Karl Trojer Wed, 09/02/2020 - 10:13

Ritengo assolutamente necessario, che la Unione Europea crei un sistema per garantire ai suoi cittadini di non poter esser "stuprati" e sfruttati da sistemi internet di varia provvenienza. Qualora alcuni Stati dovessero opporrsi ad una regolamentazione comune dell´UE, propongo, che gli Stati (Germania, Italia, Francia, Spagna ecc.) propensi alla regolamentazione la installino in una loro comune unità. Se gli oppositori (per lo più degli Stati più piccoli...) dovessero con ciò perdere il rispettivo accesso-internet negli Stati propensi, loro ci ripenseranno....

Wed, 09/02/2020 - 10:13 Permalink