Culture | Salto Weekend

Un dialogo interplanetario

A ricordare Mirella Bentivoglio le sue opere e i doni delle artiste con cui ha collaborato a partire dagli anni ’70. Quando le donne si riappropriarono della parola.
Lo specchio del cuore
Foto: Lo specchio del cuore

A 94 anni scompare l’artista, poetessa e curatrice Mirella Bentivoglio. Il suo nome è legato alle ricerche verbo-visuali che presero piede in pieno clima di neoavanguardie. Ma Mirella è stata una figura poliedrica. Non solo artista, ma anche promotrice soprattutto dell’arte al femminile e delle possibili connessioni  tra parola e immagine. Furono molti gli artisti aderenti, come lei, alla Poesia Visiva che furono anche critici. Il suo ruolo di mediatrice, la sua abilità nel tessere relazioni monitorando questa comune e diffusa attenzione alle connessioni tra arte e linguaggio, l’hanno resa anche collezionista. I doni delle artiste inviatele da ogni parte del mondo, a seguito delle numerose esposizioni da lei promosse, le hanno permesso,  infatti, di raccogliere una cospicua mole di lavori. 300 opere della sua collezione sono state donate al Mart nel 2011 e rappresentano una delle più originali collezioni dedicate al tema della parola e l’immagine.

Una collezione messa in piedi da quando Mirella Bentivoglio nel 1972 viene invitata da Ugo Carrega  al Centro Tool di Milano per curare l’Esposizione Internazionale di Operatrici Visuali, una tra le prime rassegne di arte al femminile tenutasi in Italia. Il testo-cartolina firmato da Anna Oberto mette in parallelo il movimento femminista di liberazione delle donne con la liberazione dal linguaggio fino ad allora dominio maschile della poesia verbo-visiva. E’ poi la volta della mostra Materializzazione del linguaggio alla Biennale di Venezia del 1978, ricordata come unica rassegna storica femminile alla Biennale.
Anche se oggi potrebbero apparire quasi delle mostre-ghetto, servirono a generare informazione e allo stesso tempo creare un interessante parallelismo tra l’ingresso delle donne nella vita pubblica e quello nel mondo dell’arte. Sono gli anni in cui la vendita della pillola anticoncezionale diviene legale e delle leggi sul divorzio e sull’aborto. C’è dietro la nuova ondata di femminismo della seconda metà del secolo che si contrappone all’illusione di liberazione promossa dalla “Rivoluzione del bucato e degli elettrodomestici” del Boom economico. Proprio per questo le artiste della “poesia ottica” non possono non guardare al mondo della tecnologia e della comunicazione di massa senza fare un uso critico dei suoi strumenti.

L’impegno di Mirella Bentivoglio raddoppia, non solo si pone dalla parte di quei movimenti artistici considerati dalla critica ufficiale marginali, quasi ‘controcultura’, ma sceglie di considerare quella piccola percentuale femminile che si affacciava nel mondo dell’arte.

Le opere che Mirella Bentivoglio ha generosamente donato al Mart testimoniano quegli importanti anni estendendosi  fino ai giorni nostri. Tracciano un orizzonte planetario in cui diverse sensibilità hanno esplorato le possibili ibridazioni tra arte visiva e linguaggio. E Mirella Bentivoglio tesse le trame di questa comunicazione interplanetaria superando anche la Cortina di ferro. Le artiste russe le inviano piccoli lavori, quasi giocattoli per superare le barriere dettate dalla politica. E’ il caso di Rimma Gerlovina  delle sue scatole cubiche, contenenti piccoli cubi recanti delle scritte a rappresentare  la parola imprigionata  nel divieto politico.

Le artiste che operano nell’ambito della “poesia ottica”, offrono uno sguardo critico sull’uso del linguaggio reso strumento di propaganda ed espressione del potere nei tristi eventi della prima metà del ‘900 e poi subordinato alle strategie dei mezzi di comunicazione di massa nel periodo del Boom economico.
Nella collezione ci sono artiste come Tomaso Binga, Micheline Hachette che in alcuni lavori partono dall’isolamento delle parole, dagli elementi minimi: lettera,  parola, significato, suono. Ma oltre a ciò le artiste donne aggiungono altro: un’attenzione a forme e simboli ricorrenti come la “O” oppure la “X”. Irma Blank con le sue pagine tappezzate dalla ripetizione lineare di “X” allude al rapporto tra scrittura e tessitura. La “O”   rappresentazione del cosmo compare in diverse dimensioni nei lavori dell’artista lettrista Micheline Hachette.
I poeti visivi si pongono il problema del Nuovo linguaggio tecnologico, un nuovo volgare formatosi nell’ambito della comunicazione di massa. Usare il lessico “comune” ma sottrarlo al potere dei mezzi di comunicazione di massa  è quello che fa Anna Esposito in Sventagliata di mitra intervento su una foto di Robert Capa divenuta un ventaglio di sillabe, quasi onomatopee emesse da una mitragliatrice in azione.

La Poesia Visiva affronta il tema del ruolo della donna nella società di massa e della mercificazione del corpo. E’ il caso de Lo specchio della consumatrice ubbidiente della stessa Bentivoglio in cui l’appellativo “oca” della donna sciocca è incorniciato da due “C”.
Un’altra tendenza femminile che emerge è la fusione tra corpo e linguaggio. L’alfabeto ha uno stretto rapporto con la donna che è la prima a trasmetterne la forma ai figli. Ketty La Rocca si identifica nella forma sinuosa della “J”, Mirella Bentivoglio ne L’inconscio androgino gioca con le lettere iniziali di Je suis. Lettere umanizzate: la prima diviene un tritone, la seconda una fanciulla in forma serpentinata. La poesia è un’espressione androgina che rispecchia la vita superando le barriere di genere.