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22,4% degli europei a rischio povertà

Un solo obiettivo raggiunto su 9 della strategia Europa 2020. Si cresce a est, stagnazione a ovest. I dati economici che possono decidere le elezioni.
povertà
Foto: Fabio Petrini
Entro sabato 20 aprile 2019, 36esimo giorno antecedente alle elezioni europee del 26 maggio, verranno presentate le liste dei candidati per la nona legislatura del Parlamento europeo.
Come è sempre stato si può immaginare che anche questa volta la campagna elettorale si giocherà su temi nazionali, questo lo si nota soprattutto dal fatto che anche i “contrattisti” di governo stanno alzando i toni l’uno contro l’altro in queste ultime settimane.
 
Se qualcuno però volesse presentare un programma di stampo europeo, il compito non sarebbe molto difficile, basterebbe prendersi le “Basic figures on the Eu” relative al primo trimestre del 2019 edite da Eurostat, nella parte relativa agli indicatori della strategia di Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva. Su 9 macroindicatori finora l’obiettivo è stato raggiunto in una sola materia: la riduzione dell’emissione di gas serra.
 

Occupazione

 
Il target per il 2020 sarebbe quello di avere il 75% della popolazione attiva fra i 20 ed i 64 anni nell’Europa a 28. Nel 2017 si era arrivati al 72,2%, con un’occupazione maschile al 78% e femminile al 66,5%.
 

Ricerca e sviluppo

 
Cresce molto lentamente la percentuale delle spese in ricerca e sviluppo in rapporto con il Pil. L’obiettivo è il 3% e si è passati dall’1,84% del 2008 al 2,04% del 2016 e 2,07% del 2017. Sul piano dell’economia digitale, laddove innovazione e ricerca e sviluppo la fanno da padrone, si può già dire che l’Europa sia già “terzo mondo” dietro a Usa e Cina.
 

Cambiamento climatico ed energia

 
Considerando 100 la quantità di emissioni di gas serra nel 1990 l’obiettivo è quello di arrivare a 80 nel 2020. Il calo delle emissioni c’è stato: 90,6 nel 2008, 78 nel 2015, 77,6 nel 2016. Obiettivo raggiunto quindi ma stiamo realmente facendo abbastanza? Greta Thunberg ed i #fridayforfuture indicano che c’è ancora molto da fare e subito. C’è ancora troppa energia prodotta da fonti fossili, infatti il secondo obiettivo (20% di energie prodotte da fonti rinnovabili sul consumo totale di energia) non è ancora raggiunto: 17% nel 2016, 16,7% nel 2015, 11,1% nel 2008.
 
Il consumo di energia primaria in milioni di tonnellate di petrolio equivalente ha un target di 1483. Nel 2016 eravamo a 1543, nel 2015 a 1532, nel 2008 a 1693.
Fuori fioriscono i ciliegi, spuntano i tulipani, gli uccellini fanno il loro nido e sono conscio di essere cattivissimo in questo articolo e senza pietà contro noi europei che non raggiungiamo i target. Ma non è nemmeno detto che una volta raggiunto un target si possa “sedersi” sugli allori. Lo dimostra il fatto che i consumi finali di energia in milioni di tonnellate di petrolio equivalente con un obiettivo 1086 siano passati da 1108 nel 2016, 1086 nel 2015, 1180 nel 2008. Quindi nel 2015 c’eravamo e nel 2016 siamo di nuovo fuori.
La spiegazione economica non è così complessa: i paesi che stanno crescendo economicamente sono soprattutto quelli dell’est, mentre ad ovest si è fra lo 0 virgola e l’uno. A est la crescita non è proprio così “pulita”, avete presente le miniere di carbone di Katovice? Ma d’altronde, negli anni Cinquanta e Sessanta, quelli del “miracolo italiano”, non è che fossimo molto friendly sul piano ambientale…
 

Educazione

 
Tirate un sospiro di sollievo, qui ci siamo quasi. Il primo target è il 10% della popolazione fra i 18 ed i 24 anni che abbandona educazione e apprendistato in quella fascia d’età. Nel 2017 erano il 10,6%, nel 2016 il 10,7%, nel 2008 il 14,7%. Sono i maschi che si scoraggiano più facilmente (12,1%), mentre le femmine rispettano il target (8,9%).
L’altro indicatore in ambito educativo è l’ottenimento di un titolo terziario, con l’obiettivo del 40% per la popolazione fra i 30 ed i 34 anni. Ci siamo quasi (39,9% nel 2017, 39,2% nel 2016, 31,2% nel 2008), con le femmine che portano su la media (44,9%) ed i maschi meno propensi allo studio (34,9%). Il Sudtirolo è al 22,7%. Qui gli indicatori Europa2020 per il Sudtirolo.
 

Povertà ed esclusione sociale

 
Perchè monta la rabbia sociale e crescono le forze politiche che la cavalcano? Proprio perché su questa materia l’Europa è una mera espressione geografica. Chi lavora nelle istituzioni europee dice che il welfare e le politiche economiche sono di competenza degli Stati, che non vogliono cedere sovranità su questo tema delicato. Dai governi nazionali si dà la colpa al neoliberismo tecnocratico di Bruxelles.
I dati dicono che l’Europa avrebbe voluto avere nel 2020 venti milioni in meno di persone a rischio di povertà o esclusione sociale rispetto al 2008. Nel 2016 erano cresciute addirittura di un milione, nel 2017 il calo è di 4,2milioni. Le persone a rischio povertà o esclusione sociale sono il 22,4%.
Nel 2017 in Europa avevamo 35milioni 348mila sottoccupati (9,5% dell’intera popolazione), 85milioni 299mila a rischio povertà nonostante i sussidi (16,9%), 33milioni 131mila persone con severa deprivazione materiale (6,6%)
 

Altri dati macroeconomici

 
Nel terzo trimestre 2018 la media del debito dei 19 Paesi dell’Eurozona è quasi al 90%, mentre se si guarda all’Europa a 28 la percentuale è all’80% del Pil. L’indice del costo del lavoro cresce nel terzo trimestre 2018 dello 0,5%, sia nell’Eu28 che nell’Eurozona19. La bilancia commerciale europea è lievemente in deficit nel novembre 2018, con import ed export entrambi sui 170miliardi di euro.
Nel terzo trimestre 2018 non eravamo i “malati d’Europa” in termini di disavanzo come percentuale del Pil. In segno meno ci sono sia l’Eu28 che l’Eurozona19 con -0,5%. Cipro guida i governi con le “mani bucate” con -19,7%. il Belgio fa segnare un -4,4%, la Francia un -3,6%, l’Italia ha un -1,7%.
In avanzo in testa per performance il Portogallo con un +6%, Croazia 5,1%, Grecia 4,7%, Bulgaria 4,5%, Malta 3,9%, Spagna 2,5%, Cechia 1,6%, Lituania 1,5%.
L’inflazione media è sull’1,5%, a gennaio 2019 i prezzi crescevano di più in Romania (oltre il 3%), quindi Lettonia, Estonia, Ungheria. Poco sopra il 2% di crescita dei prezzi in Slovacchia, Bulgaria e Cipro.
La crescita in volume del Pil nel terzo trimestre del 2018 era poco sopra lo zero sia per l’Eu28 che per l’Eurozona19. Le crescite maggiori in volumi le registrano Malta (+3,5%), mentre sono fra +1 e +2% anche Romania, Polonia, Lettonia, Ungheria, Slovenia e Slovacchia.
 

Casa e disoccupazione

 
Nel terzo trimestre 2018 la disoccupazione è più alta nell’Eurozona (8% medio), che nell’Eu28 (7%). I paesi con maggiore disoccupazione rimangono Grecia (19%), Spagna (15%), Italia (10%).
I costi totali per la casa sono attorno al 10% del reddito disponibile in tutta Europa. I greci nel 2017 spendevano per la casa un impressionante 40% del proprio reddito disponibile, attorno al 20% i bulgari, mentre il costo per l’housing è alto anche in Danimarca, Germania e Gran Bretagna.
 

Contratti a tempo determinato e traffici per mare

 
Concludiamo con una fotografia della realtà che vivono quotidianamente i giovani europei, la precarizzazione dei rapporti di lavoro nella fascia di età 15-29. Nel 2017 i contratti a tempo determinato erano quasi il 40% nei Paesi dell’Eurozona, 33% nel complesso dell’Europa a 28. Più della metà dei contratti per i giovani fra i 15 ed i 29 anni sono a tempo determinato in Spagna, Portogallo, Slovenia e Polonia. Fra il 40 ed il 50% in Croazia, Italia, Paesi Bassi. Fra il 30 ed il 40% in Francia, Svezia, Germania, Finlandia e Danimarca. Contratti a tempo determinato poco utilizzati con i giovani (fra lo 0 ed il 10%) in Gran Bretagna, Malta, Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania e Romania. Nel 2017 dai porti europei sono transitati 4 miliardi di tonnellate di merci (quasi 2,5miliardi in entrata e poco più di 1,5 in uscita).
I “re dei mari” rimangono gli olandesi con il 15% delle merci movimentate nei porti, mentre Spagna, Gran Bretagna e Italia si spartiscono ciascuna il 12%. Francia e Germania rimangono poco sotto l’8%.