Politics | Brasile

"Un attacco alla democrazia"

Intervista al missionario bolzanino Ermanno Allegri che vive da 50 anni in Brasile. "Situazione di grande tensione nel Paese. Il bolsonarismo ha gettato la maschera".
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Foto: Screenshot

"Finalmente il bolsonarismo ha gettato la maschera e si è presentato al mondo con un attacco gravissimo e violentissimo alla democrazia, alle istituzioni civili e alla sicurezza dello stato. Ma questo non è che l'esito, speriamo finale, di un processo lungo cinque anni di smembramento della società civile e di tutto il lavoro faticoso ma grandioso creato nei due governi Lula precedenti e in quello di Dilma Rousseff. Le immagini ributtanti degli attacchi ai poteri federali e statali a Brasilia sono stati cinicamente pensati, programmati e secondo me anche finanziati. E speriamo che si consumi presto questo capitolo infausto della storia brasiliana e che si capisca quali sono le responsabilità dell'ex presidente che se n'è andato in Florida poco prima dell'insediamento del presidente e della fine del suo mandato".

Ermanno Allegri sa quello che dice. Da cinquant'anni vive e opera in Brasile come missionario “fidei donum” della diocesi di Bolzano-Bressanone. Nel 1974 è partito, insieme al fratello Lino e agli amici Pierluigi Sartorel e Pierluigi Fornasier (anche loro sacerdoti), verso i territori polverosi della Bahia. Un mondo rovesciato, accecato dal sole e dai colori delle case della capitale Salvador - raccontata nelle sue pieghe più misteriose e magiche dallo scrittore Jorge Amado – ma battuta dalla violenza sistematica delle bande che si contendono il territorio come è accaduto nel 2002 con l'uccisione di un altro missionario altoatesino, don Luis Lintner. Poi gli anni della militanza con il passaggio a Goiàs, dove don Ermanno ha diretto la CPT (Commissione pastorale della terra), una istituzione della Conferenza episcopale brasiliana che si occupa delle diatribe legate all'iniqua distribuzione delle terre. Varie volte è stato minacciato di morte dai latifondisti preoccupati di difendere i loro enormi territori reclamati da gruppi di sem-terra e dal movimento che li sostiene (Mst). Infine il lavoro da giornalista a Fortaleza, nel Cearà, dove ha fondato due agenzie di stampa, la prima legata al Nordest brasiliano (Anote) e la seconda per tutta l'America Latina (Adital). Ora è nuovamente impegnato nella chiesa di base per rilanciare l'articolazione delle comunità che si battono per i diritti umani e i diritti sociali secondo il modello della Teologia della Liberazione. Don Ermanno Allegri non ha mai nascosto la sua simpatia per Lula e il Pt. Dice al telefono con la voce tonante: "Hanno cercato di farlo fuori in tutti i modi possibili, hanno inventato false accuse, lo hano tenuto in carcere per quasi due anni cercando di annientarlo politicamente e civilmente, hanno costruito vere e proprie fake news, hanno provato a indebolirlo in tutte le forme facendogli terra bruciata intorno e invece ha vinto le elezioni con un successo che io reputo eccezionale perché raggiunto in una situazione di fragilità, vulnerabilità e debolezza totali".

 

Ma possibile che si sia arrivati a questo punto? Vi aspettavate un'azione di questo livello, con migliaia di militanti di Bolsonaro a fare un vero e proprio assalto ai palazzi del potere politico e federale?   

Ci aspettavamo una reazione scomposta da parte di questi gruppi, come di fatto stava già succedendo da giorni nel Paese ma un attacco così premeditato e organizzato no, non ce lo aspettavamo.

Eppure alcuni osservatori temevano che potesse accadere qualcosa dopo il rifiuto da parte di Bolsonaro e dei suoi di voler riconoscere l'esito delle elezioni.

Fin dal 2 ottobre, ossia con la prima tornata elettorale le posizioni del governo Bolsonaro erano chiare, aperte e dicevano che un governo Lula era inammissibile. Lo dicevano ancora prima che succedesse. La violenza sociale si tagliava con il coltello. Le organizzazioni sociali legate al Pt avevano paura, in taluni casi, di organizzare eventi in campagna elettorale per possibili minacce e ritorsioni da parte delle frange più radicali a sostegno del governo Bolsonaro. Ci sono stati alcuni morti. A Brasilia, una settimana fa ci sono stati scontri e attacchi alla sede della polizia con roghi appiccati alle auto e blocchi stradali. Se si girava davanti agli accampamenti  bolsonariani si potevano leggere frasi tipo: “I militari devono assumere il comando”. Insomma, le premesse c'erano tutte, ma chi poteva immaginarsi che ci fosse una replica alla Capitol Hill a Brasilia? E come è stato possibile che tutta quella gente raggiungesse il cuore del potere politico e federale con mazze e bastoni tranquillamente seduti su dei pullman? E come mai c'erano solo pochi agenti a presidiare i palazzi? Cosa c'è dietro? Spero che i 1500 arrestati possano fare luce sull'accaduto e che si possa ricostruire la trama degli eventi che hanno rischiato di provocare un vero e proprio golpe in Brasile dopo quello di velluto del 2016 che ha fatto fuori Dilma Rousseff.

Quindi questa storia parte da lontano?     

E' l'esito di un disegno di smantellamento dello stato avviato già con la fine del governo Rousseff e l'avvio del governo Michel Temer. E' incominciata l'epoca della distruzione dei diritti fondamentali individuali: lo smantellamento del diritto al lavoro con il taglio dei salari minimi, la fine del contatto collettivo, lo svuotamento del potere sindacale, l'annullamento delle tredicesime, del diritto alle ferie... Risultato? La fame è risalita in maniera drammatica. Lula aveva finalmente eliminato la piaga della fame che invece con l'avvio del governo Temer e poi l'abisso di quello di Bolsonaro è stata riportata a livelli di venti anni fa con 33 milioni di persone che soffrono la fame e 80 milioni che sono sotto la soglia del minimo vitale. Per non parlare della distruzione dell'Amazzonia che negli ultimi cinque anni ha radicalizzato i fenomeni di sfruttamento delle risorse a vantaggio delle grandi corporation industriali  e della finanziaria rurale, dei fazendeiros e di tutta quella filiera che ha avuto lauti vantaggi enormi con lo sfruttamento delle foreste, delle acque, delle terre dell'Amazzonia e del Mato Grosso e leggi che hanno facilitato questo intervento massivo nella foresta. Il settore rurale ha finanziato fino a ieri i gruppi che hanno dato l'assalto ai palazzi a Brasilia? Questa è la domanda che si spera esca dagli interrogatori dei militanti che hanno cercato di distruggere la democrazia brasiliana..

Ma come si pone la Chiesa in tutta questa faccenda? 

Uno degli slogan che abbiamo sentito ripetere da Bolsonaro e dal suo governo era: “Dio sopra tutto”. C'è una teologia del potere che non è una cosa nuova perché c'è sempre stata, che vorrebbe Dio al di sopra, come un Moloch, che sta lassù lontano e che legittima l'operato del potere di quaggiù senza problemi. E' l'idea di un Dio onnipotente sotto la cui ala molti potenti trovano ristoro e consolazione. E' l'idea di un Dio che ha legittimato la schiavitù fino al 1900 ed ha perfino fatto parte dell'ideologia schiavista. Noi, chiesa di base, abbiamo sempre risposto, che Dio è l'Emanuele, ossia il Dio con noi, che sta dalla parte del povero e dell'umile e non certo dalla parte del potere e delle oligarchie che sfruttano gli oppressi. Eppure Bolsonaro ha potuto appoggiarsi sulle chiese evangeliche finanziate dagli Usa, che sono nate e cresciute in maniera esponenziale negli ultimi cinque anni facendo cassa di risonanza per l'elezione di Jair Bolsonaro. Ma anche da alcuni settori più integralisti della chiesa cattolica, impauriti dall'idea di perdere sicurezza e identità, hanno dato manforte alla destra. Ci sono preti che predicavano nelle chiese che se si fosse votato per Lula si sarebbe andati all'inferno. Dopo quello che è successo a Brasilia anche la chiesa di base deve rafforzarsi e farsi promotrice di un movimento di rilancio di un'etica e di una giustizia per il popolo brasiliano perché possa riscattare il tempo perduto (il tempo della violenza, dell'odio, della miscredenza, dell'idolatria, dell'ignoranza) e trovare la strada della riconciliazione e dell'equità sociale sulla strada segnata da Lula e dalla sua politica di integrazione e di lotta alla povertà e alla tutela ambientale e sociale di questo grande Paese che può essere un traino per l'intero mondo.   

 

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Karl Trojer Wed, 01/11/2023 - 10:44

Haudegen wie Trump oder Bolsonaro gefährden unsere Demokratien. Die EU täte gut daran, den brasilianischen Präsidenten Lula massiv zu unterstützen !

Wed, 01/11/2023 - 10:44 Permalink