Politics | L'intervista

"Ho tolto la tuta mimetica"

Alessandro Urzì sul percorso che lo ha portato a diventare presidente della Commissione dei Sei. "Il guerrigliero lo fai fino a quando non puoi incidere. Ora è diverso".
Urzì, Alessandro, Fratelli Italia
Foto: A. Urzì

La Commissione dei Sei è il luogo dei compromessi “faticosi”, delle strizzatine d’occhio, delle trattative segrete. E’ la vera stanza dei bottoni dell’Autonomia, nella quale si sono create le condizioni per grandi conquiste come la norma sull’energia “provinciale” o riviste le regole per la dichiarazione di appartenenza linguistica. Roba per centristi, preferibilmente con il cuore democristiano, o per tecnici. Se un anno fa chiunque avesse pronosticato che Alessandro Urzì sarebbe potuto diventare anche solo membro della Paritetica, sarebbe stato preso per matto. Invece il politico italiano più a destra (ricordiamo le sue battaglie con Holzmann e Minniti perché troppo moderati) da venerdì 14 aprile è presidente dell’organismo che concretamente “fa” e sviluppa l’autonomia. Fantascienza che diventa realtà. Segno che la politica non è solo l’arte del possibile, ma pure dell’impossibile.

Con il salto in Parlamento Alessandro Urzì, dopo 25 anni da “guerrigliero” (la metafora è sua) a difesa degli “italiani”, nel fare la carpiatura si è sfilato la mimetica, ed è entrato in acqua senza neanche uno schizzo, uscendo dalla piscina con un abito tutto nuovo.  I tempi in cui letteralmente tuonava con il petto all’infuori e  il dito puntato contro i banchi dell’SVP e della Lega sono vicini 365 giorni ma lontani un’era geologica dal punto di vista politico. “Giorgia” sta rivoltando l’Italia come un calzino e insegnando a chi l’ha preceduta che in politica non ha senso snaturarsi. Se sei di destra, fai politiche di destra. Urzì è fieramente uomo di destra, e a Roma agisce politicamente da uomo di destra. Dal giorno successivo alla sua elezione, però, l’ex giornalista a Bolzano mostra la versione dialogante di sé e usa la massima cautela su tutte le questioni istituzionali. Del resto, c’è un obiettivo da centrare: governare la Provincia. Il 22 ottobre si vota e la destra italiana storica, quella “vera”, quella che ha il tricolore nel DNA, ha un’autostrada che porta dritta dentro a Palazzo Widmann. In 45 minuti di intervista, nonostante varie sollecitazioni, grazie alle sue indubbie doti dialettiche, Urzì non dirà praticamente nulla di gravemente “italianista”, mostrandosi credibile nel nuovo ruolo di politico moderato. “Mi sta intervistando come presidente della commissione dei Sei, giusto?”.

Deputato, solo un anno fa lei era sicuramente il consigliere più critico verso la giunta provinciale e in particolare verso la Lega. E’ da sempre l’avversario numero 1 delle politiche Svp. Adesso si trova a ricoprire un ruolo che richiede la massima capacità di mediazione con quei due partiti. Come è potuto accadere?

C'era un film una volta, si intitolava “L’incompreso” … (ride). Ecco, io credo di essere una persona che per vocazione ha la forte predisposizione alla mediazione. Questa qualità l'ho sempre messa in atto in tutte le attività che ho portato avanti. Certo, c'è bisogno di trovare il terreno fertile perché poi la mediazione possa giungere ad un percorso completo … E devo dire, questa volta c'erano le migliori condizioni perché ciò avvenisse. E’ successo semplicemente che abbiamo superato una stagione politica e siamo entrati in un'altra. Un anno fa c’era un governo Pd-Cinque Stelle e Lega rispetto al quale Fratelli d’Italia era nettamente all'opposizione. Oggi governiamo il Paese assieme alla Lega sulla base di un programma condiviso e molto forte in cui i rapporti all'interno della coalizione fra le singole componenti sono estremamente autentici e fondati su una volontà comune. Lo vedo a livello parlamentare: al di là delle polemiche spicciole che fa l'opposizione c'è fra tutti una visione di prospettiva per un Governo di legislatura, che, auspichiamo sia anche di più legislature, per riuscire a riparare i danni del passato. A livello provinciale sta maturando questa consapevolezza e devo dire che troviamo interlocutori molto attenti anche nelle altre componenti per fare in modo che le popolazioni locali possano beneficiare di un atteggiamento di attenzione da parte del Governo. Insomma, le condizioni sono molto diverse rispetto al passato perché la politica è fatta di stagioni, è normale, è sempre accaduto e mi auguro che quello che è accaduto in Commissione dei Sei sostanzialmente rafforzi questa linea. Con Carlo Vettori di Forza Italia in passato abbiamo avuto una dialettica anche molto articolata ma è stato lui a propormi per la presidenza, e questa è una cosa molto positiva. Ho trovato normale che il vicepresidente della giunta Vettorato sia stato attento a salvaguardare il ruolo della sua componente politica ma poi si è arrivati ad una soluzione condivisa. Stiamo costruendo assieme una visione di prospettiva che ovviamente guarda anche al Governo provinciale.

 

Lei è da sempre considerato un centralista, oppositore dell’autonomia. Come è riuscito ad avere un’astensione non ostile dall’Svp?

Non c'è bufala più grande del fatto che io sia un oppositore dell’autonomia. Mi sono candidato nel 1998 come indipendente nella lista di Alleanza Nazionale, nel Polo degli italiani e mi iscrissi solo dopo al partito. La mia parte politica è sempre stata critica verso un approccio di gestione dell'autonomia non verso l'autonomia stessa perché l'autonomia è un'opportunità straordinaria di cui noi possiamo godere purché sia inserita in un sistema di sussidiarietà e di rispetto dei principi cardine fissati dalla Costituzione e dallo Statuto di autonomia. Io ritengo di aver fatto battaglie di difesa dello Statuto, dello spirito dello Statuto oltre che del dettato. Ho chiesto il riconoscimento del diritto di tutte le componenti linguistiche e politiche a poter partecipare alla gestione della cosa pubblica, perché se esiste una pregiudiziale ad excludendum per cui di fatto c'è qualcuno che non ha mai la possibilità di toccare palla,(cioè la destra italiana fino all’avvento della Meloni, ndr) è ovvio che la palla diventa avvelenata. Ma nel momento in cui la palla è possibile giocarla, la partita diventa divertente e si ha la possibilità di tirare in rete e far vincere la propria squadra. Allora il gioco diventa un gioco nel quale ciascuno può metterci del suo e produrre il meglio. Quindi oggi che abbiamo una prospettiva di assunzione di responsabilità verso l'autonomia, vorremmo metterci del nostro per riuscire a interpretare quello che riteniamo possa essere corretto della gestione della cosa pubblica. Questa è la grande sfida che noi stiamo raccogliendo.

La sua parte politica ha sempre parlato di difesa del gruppo italiano. Lei per decenni è stato lo spauracchio per tutti i politici di lingua tedesca e in poche settimane è diventato interlocutore privilegiato. Non è andato tutto troppo velocemente?

Io ho avuto forse sempre il difetto di parlare troppo chiaro e in modo diretto rispetto ad altri che magari fanno le stesse battaglie in modo nascosto. Rivendico ovviamente il fatto di essere espressione di un partito che ha una sua identità, che è legata al valore aggiunto che può dare la rappresentanza di una comunità come quella di lingua italiana. Sfido chiunque a trovare mie dichiarazioni improntate ad escludere un gruppo linguistico rispetto ad un altro. Nel mio primo intervento in aula, 25 anni fa, parlai del valore aggiunto dell'agricoltura di montagna e della specialità del nostro territorio per tutte le comunità linguistiche, compresa quella italiana. Non ho mai avuto paura di esprimermi e pronunciare la parola “italiano” perché il gruppo italiano è una delle componenti del sistema dell'autonomia. Siamo stati considerati radicali nelle politiche dell'italianità perché abbiamo chiesto la scuola plurilingue? Per carità di Dio, cioè, ognuno si fa le idee che vuole ma io ritengo che quel tipo di battaglia fosse una battaglia da fare e che è ancora attuale.

In passato io mi sono sempre molto arrabbiato perché per moltissimi anni siamo stati la forza politica maggioritaria e non abbiamo governato perché c’era una pregiudiziale ideologica. Rivendico tutte le mie arrabbiature con forza e con convinzione

Su un tema identitario a lei molto caro come toponomastica le posizioni sembrano lontanissime.

Abbiamo detto che vogliamo tutti i nomi italiani? No. Abbiamo sempre detto che vogliamo una toponomastica plurilingue che rispecchi perfettamente il valore del territorio che è un valore straordinario, perché è la stratificazione e la moltiplicazione di elementi culturali linguistici diversi. Questo è il nostro approccio. Averlo detto forse con questa schiettezza assoluta ha creato questo tipo di impressione. Forse si tratta di comunicare meglio queste cose e allora io credo che possiamo avere l'aspirazione di poter essere centrali nelle decisioni che verranno assunte in futuro.

Finora tutti i partiti italiani si sono bruciati, governando assieme alla Svp, passando per “mollaccioni”. Lei ha spesso accusato la Lega di non essere diversa dal Pd. Il problema non è semplicemente di numeri? Non ha paura di fare la stessa fine dei predecessori e di scoprire che non si può fare nulla per arginare lo strapotere Svp?

Si è già risposto facendo la domanda. I numeri oggi sono profondamente cambiati rispetto al passato. A livello nazionale nella scorsa legislatura solo sulla base dei numeri si sono composti dei Governi magari impensabili. In consiglio provinciale ci sono 35 consiglieri. Quando ho cominciato l’Svp aveva 22 consiglieri, oggi ne ha quindici. Secondo i sondaggi potrebbe perderne un paio, ma  potrebbe anche mantenere quelli attuali o guadagnarne uno. La maggioranza però è a 18. Noi, assieme alle forze di centrodestra, dobbiamo riuscire a proporre un progetto di stabilità per l'Alto Adige. Noi siamo diversi dalla Lega. La Lega è diversa da Forza Italia ma tutti dovremo essere bravi a conquistare consenso e poi porci come un unico interlocutore e fare da raccordo in questa fase storica con il Governo nazionale. Credo ci saranno le migliori condizioni per poter avere quello che chiede da sempre l'Alto Adige: stabilità e buoni rapporti con Roma.

In questo momento sembra che nulla potrà ostacolare il vostro ingresso in giunta.

E’ probabile che il Pd faccia un solo consigliere, il Team K non è detto che riesca a far eleggere neppure questa volta un italiano, i Verdi si sono impostati per cercare di far eleggere una donna italiana, che però si chiama Sabine (Giunta, ndr). I Verdi, poi, rappresentano in modo particolare il mondo di lingua tedesca alternativo all’Svp e non so se questo sia compatibile con il loro ingresso in giunta. Noi non siamo marziani, ma siamo italiani ed abbiamo un progetto politico credibile.

Credo che la cosa importante, nel momento in cui puoi “toccare palla”, è che puoi essere determinante nelle scelte quotidiane che incidono sulle aspettative dei cittadini.

Lei è arrivato nella stanza dei bottoni. Che battaglie pensa di riuscire a portare avanti “per gli italiani”?

Dunque. Alle elezioni del 2018 la Lega è stata il partito più votato dagli italiani ed era quindi quello più legittimato ad andare a governare. Noi abbiamo sempre detto: quelli che hanno più voti degli italiani devono governare. In passato io mi sono sempre molto arrabbiato perché, dal ‘98 in avanti, per moltissimi anni siamo stati la forza politica maggioritaria e non abbiamo governato perché c’era una pregiudiziale ideologica. Rivendico tutte le mie arrabbiature con forza e con convinzione, ho fatto benissimo ad essere arrabbiato perché, dicevo, nel sistema dell'autonomia i gruppi devono autorappresentarsi. Poi c’è stata la scissione nel Pdl, io ho avuto l'onere di mantenere viva la rappresentanza nel momento in cui c'era la desertificazione politica attraverso una lista civica che aveva il tricolore nel suo simbolo, Alto Adige nel cuore. Poi le cose sono cambiate. Dopo il voto d’autunno io propongo che vi sia una rappresentanza articolata di più partiti che condividono un percorso comune. Lei mi chiede il programma politico, ma non sarebbe corretto nei confronti delle altre forze politiche.

E’ quasi certo che dall’autunno potrete “toccare palla”, non può nemmeno accennare in che ambiti vorrebbe che Fratelli d’Italia si muovesse?

Credo che la cosa importante, nel momento in cui puoi “toccare palla”, è che puoi essere determinante nelle scelte quotidiane che incidono sulle aspettative dei cittadini. Le riforme istituzionali sono su un altro piano. Se le cose andranno come speriamo avremo un potere contrattuale per ottenere maggiori strumenti. Se devo fare un esempio parlerei di scuola, perché per me è uno dei punti fondamentali, perché creare dei cittadini bilingui significa avere cittadini pronti ad affrontare ogni sfida. Perché qui in Alto Adige non c'è un problema tra italiani e tedeschi, c'è un problema di comprensione linguistica fra italiani e tedeschi. Creare cittadini bilingui significa risolvere il 95% dei problemi, perché mette nella condizione tutti di poter essere protagonisti del proprio futuro anche sulla base delle proprie competenze e del proprio merito. E questa è la grande sfida. Il problema è che non abbiamo insegnanti che riescano a essere determinanti nella costruzione di un sistema scolastico formativo plurilingue. Quindi ho fatto un'interrogazione al ministro Valditara e presto mi ci confronterò. Evidentemente dobbiamo ricordandoci la salvaguardia degli attuali livelli occupazionali ma anche dando l'opportunità alle scuole di periferia di poter essere attrattive verso un mondo più largo e quindi di tornare a essere centrali nel sistema educativo territoriale. Non c'è niente da modificare nello Statuto c'è solo da riuscire ad interpretarlo nello spirito.

 

Da dove comincia il suo lavoro di presidente della Paritetica?

Oggi (lunedì, 16 aprile) scrivo alla Provincia e al Governo che siamo a disposizione per esaminare le proposte di norme di attuazione. Ho visto alcune delle norme di attuazione in attesa e si tratta di proposte estremamente concrete come quella prevista per intervenire nell'organizzazione del cosiddetto terzo settore. Non è una cosa di destra o di sinistra, né per gli italiani o per i tedeschi, è semplicemente una norma che riguarda un settore molto importante in Alto Adige.

E la cosiddetta norma anti-furbetti che prevede lo svolgimento degli esami nel settore pubblico nella lingua corrispondente alla dichiarazione di appartenenza linguistica presentata, come la giudica?

Se io sono italiano o tedesco e mi dichiaro secondo ciò che mi conviene per avere il posto di lavoro poi non posso pretendere di fare l'esame in una lingua diversa da quella del gruppo cui ho dichiarato di appartenere. E’ anche una questione etica. Certo, con questa furbizia aggiro una norma che è molto rigida, e di questo ne parleremo, ma oggi come oggi, mi pare si tratti di essere ragionevoli.

Vuol dire che non vedremo più l’Urzì che alza la voce e digrigna i denti?

Non è che Urzì debba fare per forza sempre il guerrigliero in tuta mimetica. In tuta mimetica ci vai nel momento in cui sei nella condizione di non poter incidere in nessuna scelta e rivendichi il tuo diritto ad esprimerti. Anche i guerriglieri più famosi nella storia poi sono diventati magari capi di governo e hanno dovuto affrontare risolvere i problemi concreti. Questa è l'evoluzione naturale di un percorso politico sul quale ritengo ci sia una coerenza dalla A alla Z.  Noi ci siamo, vogliamo avere un ruolo, vogliamo portare la nostra visione del mondo vogliamo avere un luogo dove poterci confrontare e incidere nelle scelte. E questo luogo è la Giunta provinciale.

 

Domanda secca: il disagio degli italiani esiste ancora?

Mi sta intervistando in quanto Presidente della Commissione dei Sei, giusto? (ride) Il mio compito è diverso da quando facevo il consigliere provinciale. Il Presidente della Commissione sei affronta i fascicoli che arrivano dalla Giunta provinciale o dal Governo. Il presidente della Commissione dei sei è un arbitro rispetto alle proposte che arrivano dai due soggetti.

Pur essendo deputato e presidente della Commissione dei Sei lei resta comunque il leader locale di Fratelli d'Italia, un punto di riferimento, o no?

Devo dire che vorrei smettere i panni del leader locale. Giorgia Meloni ha voluto candidarmi in Veneto per avere la certezza assoluta che sarei andato a Roma, perché consapevole che a livello parlamentare c'è bisogno di una rappresentanza della nostra comunità altoatesina di lingua italiana non di sinistra. E mi ha commosso l’apprezzamento avuto nel collegio di Vicenza dove non mi hanno affatto trattato da paracadutato. Quindi il mio ruolo oggi è cambiato e io forse per evitare quella narrazione su cui si insiste che è un po’ quella su cui vorrebbe portarmi anche lei, io sono felicissimo che il mio ruolo sia cambiato e di avere oggi una classe dirigente a livello locale che sta rafforzandosi. Quindi se oggi vogliamo porre questa domanda, poniamola a Marco Galateo, o ai consiglieri comunali di Bolzano che stanno lavorando molto bene. Io, come ho detto, aspetto le proposte dal Governo o dalla Provincia per svolgere il mio ruolo. A Roma sono capogruppo di FDI in Commissione Affari costituzionali, che è la Commissione dove passa praticamente tutto.  E’ un lavoro molto impegnativo. Sul fatto poi che esista una comunità italiana che è il 25% della popolazione di fronte al 71% del gruppo linguistico tedesco evidenzia che comunque esiste un tema da affrontare. Che ci sia un gruppo che si trova in una situazione di minorità di secondo grado questo è fuori discussione, si tratterà di trovare gli strumenti opportuni perché questa minorità di secondo grado possa essere evidentemente compensata in maniera adeguata perché il territorio è di tutti e le opportunità ci devono essere per tutti. Magari di questo si parlerà un giorno in una nuova Convenzione per l’autonomia. Ma l'esperienza ci insegna che per modificare le cornici ci si mette 32 anni e intanto però le situazioni marciscono Qualcuno ha riassunto tutto questo in una espressione banale ma efficace: l'autonomia non va subita, va governata. Il tema è semmai, e non lo dico da presidente della Commissione ma da politico, è quello di andare a co-governare questa terra avendo un rapporto diretto con il Governo nazionale. Se, per , il PD dovesse vincere le elezioni e fare molti consiglieri e l’Svp decidesse di governare con il PD la Provincia non avrebbe più un canale di comunicazione diretto con il governo.

A Roma riceviamo decine e decine di comunicazioni del mondo di lingua tedesca che si rivolgono in modo del tutto naturale a me e al Governo.

Lei ha fatto da tramite sulla questione lupo con il ministro Lollobrigida e il consigliere Galateo è stato avvistato a varie manifestazioni del Bauernbund. Non le fa un po’ strano? O, messa da parte la questione etnica, la strategia è quella di avvicinarsi alla parte più conservatrice del mondo Svp, che è quindi a voi più vicino dal punto di vista ideologico? Lei in passato non si può dire sia stato però vicino al Bauernbund …

In singole situazioni in cui magari il Bauernbund aveva atteggiamenti di chiusura rispetto a alcune prospettive, in passato io mi sono contrapposto, ma lo farei anche domani se ce ne fosse bisogno. Negli ambiti in cui c'è condivisione, invece, ci si sostiene. Io però devo dire che in passato ho fatto diverse incontri con quel mondo ma non sono stati comunicati verso l’esterno. In Alto Adige da sempre le associazioni di categoria e quelle imprenditoriali di lingua tedesca si rapportano normalmente con i Governi che si alternano. E’ una favola quella per cui noi siamo il ba-bau. A Roma riceviamo decine e decine di comunicazioni del mondo di lingua tedesca che si rivolgono in modo del tutto naturale a me e al Governo. E quindi Marco Galateo fa benissimo a seguire quella strada. Su molti valori c’è condivisione, quando parlo di agricoltura o di politiche per la montagna con i colleghi dell’area alpina, vediamo che le questioni sono le stesse che abbiano noi.

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rotaderga Sun, 04/23/2023 - 21:12

Ich mag keine Politiker*innen welche immer wieder den Fußball als Beispielerklärung für ihre Entscheidungen bemühen müssen. Viele Wörter ohne Worte!

Sun, 04/23/2023 - 21:12 Permalink