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Foto: Senza Soste
Politics | Maltrattamenti

Tra la gente

Puntuali alla vigilia di ogni elezione, ecco che i politici si concedono un rigenerante bagno di folla. Talvolta non solo di folla.

La parola “gente” è scivolosa e compromettente. Tanto scivolosa e compromettente da far scivolare, compromettendole, altre parole che le si possono accompagnare. Prendiamo l'espressione “a me piace stare con la gente, io amo essere tra la gente”. Qui sono le parole, i verbi “stare” ed “essere” a risultare in un certo senso sporcati dal sostantivo. Chi vi ricorre vorrebbe dare l'idea di un'affinità percepibile, tangibile, e mani che si toccano, che si stringono, sorrisi, sguardi d'intesa. Noi ci capiamo, noi che siamo fatti così, noi che condividiamo tutte queste cose, come non riconoscerlo, come non apprezzarlo? Ripetere molte volte il pronome “noi”. Noi, noi, noi.

Le foto dei politici a ridosso delle elezioni sono un vero e proprio manifesto di questo gentismo addomesticato, il suo esempio più bieco, più spudorato, più falso

Noi siamo la gente il potere ci temono, ma se stiamo tra la gente, noi che siamo il potere che adesso si confonde tra la gente, il timore, voilà, è già svanito. Le foto dei politici a ridosso delle elezioni sono un vero e proprio manifesto di questo gentismo addomesticato, il suo esempio più bieco, più spudorato, più falso. C'è l'onorevole tal dei tali che userebbe i guanti anche per salutare da lontano un parente strettissimo, ma adesso afferra il braccio di chiunque gli passi a tiro e lo blandisce, lo incoraggia in ogni modo a prendere il volantino, a leggere il programma. Oppure la tal altra onorevolissima, anch'essa schifiltosa fino al parossismo nella vita quotidiana blindata, anzi persino invisibile nella sua funzione pubblica, ma adesso è lì a ficcare il naso nella busta della spesa della comare: non me lo dica, guardi, i sedani sono rincarati, e le carote, e le cipolle. Eccome, eccome se la capisco, io che devo fare la spesa tutti i giorni, addirittura più volte al giorno. C'è qualcuno che ci crede, che apprezza queste sceneggiate? No. Non ci crede nessuno. Il politico che si immerge tra la gente – per poi riemergere con le fotografie da postare sui social network – recita malissimo una parte che nessuno gli ha chiesto di recitare. Perlopiù lo fa per lenire un vago senso di colpa (qualcuno nei commenti nota la sua assordante assenza nei mesi passati), oppure perché tutto quello stringere mani e mettersi in mostra è l'unica cosa che viene in mente per illudersi di esistere in una forma appena più verace dell'apparenza prodotta di solito.

L'importante è stare con la gente, tra la gente, e poco male se ogni tanto la gente ci delude e torna ad essere la solita lurida gentaglia

Capita allora il fatto increscioso. Qualcuno si accosta al politico sceso in piazza e in strada non per aiutarlo a fingere, fingendo a sua volta, ma per dare sfogo a tutto quell'odio fermentato che circola quando la gente in effetti è libera di essere se stessa. Così partono le offese, persino gli sputi. Incantesimo rotto? Fine della recita? Macché. Tutto fa brodo. Gli sputi saranno esibiti come trofei. Giusto il tempo di uno scatto, di un selfie con la folla adirata. L'importante è stare con la gente, tra la gente, e poco male se ogni tanto la gente ci delude e torna ad essere la solita lurida gentaglia.