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Turismo, non va così male?

A seconda dei punti di vista, a luglio il settore recupera due terzi degli occupati, o ne perde un terzo. Presto per la ripresa? Intanto Bolzano soffre: pochi pendolari.
turismo, Alto Adige
Foto: IDM

Il dato negativo, già in parte noto, conferma l’ecatombe per il settore trainante altoatesino che tra aprile e giugno ha perso qualcosa come 12.000 occupati. La notizia positiva, se così la si può guardare, è che finito il lockdown il turismo sudtirolese ha recuperato due terzi dei posti di lavoro stagionali previsti in tempi normali. Forse è troppo presto per parlare di ripresa. In ogni caso l’ultimo aggiornamento dell’Osservatorio del mercato del lavoro fornisce un quadro fatto di ombre ma anche di qualche luce. “L’importanza economica del turismo in Alto Adige è indiscussa” commenta l’assessore provinciale allo sviluppo economico Philipp Achammer. Che promette di lavorare per potenziare il settore nell’ottica di “ridurre le interruzioni stagionali dei rapporti di lavoro e promuovere l’assunzione di lavoratori già residenti, fidelizzati alle rispettive aziende”.

Nell’estate 2020, successiva all’emergenza Covid, l’Alto Adige turistico ha perso un terzo di posti di lavoro stagionali rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Questa la sintesi di Stefan Luther, direttore della Ripartizione lavoro, riferita a luglio. Poteva andare meglio o peggio, sono comunque molti gli ospiti che si stanno godendo le vacanze nel territorio sudtirolese, serviti da aziende e lavoratori che hanno ripreso l’attività. 

 

 

L’ultimo bollettino del Mercato del lavoro news riepiloga la situazione e le fasi di riapertura. Formalmente, si legge, già dal 4 di maggio bar, pizzerie, ristoranti e i servizi di ristorazione in generale hanno potuto riaprire - anche se con importanti limitazioni - il proprio esercizio. Con il 25 di maggio questa possibilità è stata estesa anche alle strutture ricettive come ad esempio gli alberghi, le pensioni e i campeggi. 

In entrambi i casi le imprese, per via delle restrizioni imposte al fine di ridurre le possibilità di contagio, a parità di infrastruttura devono ridurre di fatto la propria offerta e pertanto molti necessitano di meno personale. Inoltre, soprattutto per i servizi ristorativi nelle zone turistiche e per le strutture alberghiere in generale, la possibilità di riaprire non ha portato ad un automatico riavvio delle attività a causa della mancanza di clientela. 

 

Infatti, solo dal 3 giugno i residenti nelle altre regioni italiane sono potuti venire in Alto Adige. E solo a partire dalla metà di giugno è diventato possibile per gli ospiti di oltre Brennero arrivare e tornare a casa senza particolari restrizioni da parte del Paese di provenienza (per esempio la Germania) e di quello di transito (Austria). 

L’impatto dell’epidemia, ricorda l’Osservatorio, è stato diversificato a seconda della tipologia di zona e della sua vocazione. Per le strutture nelle zone più alpine, prosegue il report, che hanno dovuto rinunciare a 2 fino 6 settimane di stagione sciistica, il coronavirus ha ritardato di quasi un mese l’avvio della stagione estiva. Nelle zone più vocate al turismo primaverile, tipicamente i comuni di valle lungo il fiume Adige, la pandemia ha fatto perdere mediamente quasi 3 mesi della stagione, che per alcuni si concluderà già in agosto e per altri proseguirà con le stagioni autunnale e poi natalizia. 

A soffrire in modo particolare è Bolzano. Nel capoluogo solo una piccola parte dei posti di lavoro persi agli inizi di marzo sono stati recuperati. Ciò - conclude il report - potrebbe essere dovuto in parte alla minore offerta dovuta al distanziamento e in parte alla minore domanda non solo dei turisti ma anche dei residenti e dei pendolari.