Politics | Prospettive

Aspettando Godot

Non possiamo immaginare con quale atteggiamento Pietro Leopoldo d’Asburgo Granduca di Toscana avrebbe guardato alla Leopoldina organizzata dall’assessore Tommasini.
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Se con un misto di sarcasmo e ironia tipicamente toscani, un sentimento di avvilimento o di più pragmatica rassegnazione. Certo che il promotore della famosa Legge di riforma della legislazione criminale toscana, meglio nota come Codice leopoldino o Leopoldina, si chiederebbe sicuramente che cosa ha a che fare la rievocazione del nome della sua riforma con l’evento organizzato  dal Partito democratico sabato mattina nella sede dello stabilimento Lenzi a Bolzano Sud. La leopoldina, emanata il 30 novembre 1786, è considerata ancora oggi come una delle più importanti riforme penali della storia, perché con essa venne per la prima volta abolita in Europa la pena capitale, furono limitate le brutali pratiche di tortura dell’epoca e assicurate garanzie di difesa moderne agli imputati.  Probabilmente agli organizzatori della Leopoldina bolzanina l’origine storica del nome utilizzato per promuovere il loro evento non era familiare. Questa è l’unica ragione che spiegherebbe sia il modo con cui la manifestazione è stata progettata, che i suoi piuttosto effimeri risultati.

L’evento è stato una riproposizione su scala mignon della più nota Leopolda, evento con il quale gli spin doctors del oggi premier Matteo Renzi hanno un paio di anni fa voluto promuovere l’immagine del grande rottamatore dell’allora sindaco di Firenze. Un evento per chi ha avuto occasione di assistervi oggettivamente debole dal punto di vista dei contenuti, ma molto forte sotto il profilo dell’impatto mediatico e pubblicitario. A Bolzano però mancava un Renzi da sponsorizzare e così i brevi interventi di tre minuti susseguitisi sul palco si sono trasformati in una sorta di parodia dello spirito democratico e riformatore che voleva animare l’iniziativa. Argomenti che avrebbero meritato approfondimento e discussione di ben altra portata sono stati accennati in modo sfuggente, spesso suscitando una qualche ilarità tra gli stessi presenti per il modo necessariamente approssimativo con cui sono stati sollevati. In prima fila non c’era come a Firenze una pletora di aspiranti innovatori ma la vecchia nomenklatura affiancata dai rappresentanti dei corpi economici e sociali più legati alla politica della spartizione e distribuzione delle risorse pubbliche agli affiliati del partito.

Dei contenuti e delle linee programmatiche emerse dal dibattito è difficile dire cosa valga la pena dare menzione. 
L’auspicio del superamento della democrazia dei blocchi etnici evocato da Costa e Tommasini in apertura dell’evento è ormai un leitmotiv trito e ritrito. L’arrivo di Arno Kompatscher forse l’unico vero aspirante riformatore della provincia, ha sicuramente contribuito a cambiare l’aria stagnante lasciata dal vecchio presidente Durnwalder. Ma le linee di separazione nella distribuzione delle risorse, nell’ articolazione delle rendite di posizione, nella attribuzione degli incarichi di potere sono rimaste la stesse dell’epoca in cui Spagnolli e Tommasini erano stati eletti rispettivamente sindaco di Bolzano e maggiore rappresentante politico del gruppo italiano a livello provinciale, con proclami e auspici analoghi a quelli sentiti risuonare sabato all’interno della Leopoldina. 

Il ruolo di maggiore protagonismo di Bolzano si è già anche sentito evocare fin dal primo programma elettorale del sindaco Spagnolli nel 2005. Spagnolli prometteva che con la sua elezione il capoluogo avrebbe avuto un rappresentante finalmente capace di negoziare alla pari con i rappresentanti tedeschi della provincia. Niente strilloni, niente movimenti popolari, ma la sana politica democristiana del compromesso al potere. Sappiamo tutti come è andata. Quello che si è visto è un progressivo indebolimento del potere negoziale del capoluogo e un aumento impressionante del ruolo della provincia e del consorzio dei comuni nella definizione dei criteri di distribuzione delle risorse. Gli elettori forse tra le altre ragioni che li hanno mossi a non votare il vecchio sindaco si sono ricordati anche delle promesse non mantenute. 

La retorica bressiana di innovare la politica passando la mano ai giovani suona anche come una grancassa già sentita così come già decine di volte ascoltato è l’invito a negoziare con la Svp in una posizione di maggiore forza e decisione. Di Bressa si ricordano soprattutto sporadiche apparizioni in territorio bolzanino nei quindici anni in cui è stato eletto come rappresentante della comunità italiana, per cui più di tanto non si poteva pretendere. Forse sarebbe stato però meglio lasciare a altri le conclusioni di un processo che voleva delineare linee nuove di sviluppo per il partito e la città di Bolzano. Alla Leopolda di Firenze apriva e chiudeva Renzi. A Bolzano sarebbe stato forse più opportuno lasciare la parola a un bolzanino o a una bolzanina. E forse qualcuno si sarebbe anche potuto trovare se non fosse che il partito democratico è privo di una leadership autorevole, e la frantumazione interna non consente di proporre una figura di sintesi unanimente riconosciuta.     

Se tutto questo è stato una riproposizione di temi e slogan già ascoltati c’è tuttavia anche qualcosa di nuovo che esce dalla Leopoldina, qualcosa che definisce una identità diversa del vecchio partito democratico. Un’identità più chiara e opaca al contempo. E’ la presenza del plenipotenziario di Benko, Hager tra i relatori dell’evento. Hager incita a guardare avanti e a fare diventare Bolzano veramente il centro pulsante della provincia. Il suo intervento viene ricambiato dagli applausi convinti della platea. Forse è lui il nuovo Godot che aiuterà il partito democratico a ritrovare il senso del proprio cammino. Come pensa Heinz Peter Hager di fare diventare Bolzano capoluogo vitale e propositivo non è chiaro. I tre minuti penalizzano indifferentemente tutti: potenti e umili sono posti sullo stesso piano. I più immaginano stia però parlando della necessità di investire denaro per costruire il Kaufhaus benkiano. E in effetti a giudicare dalle facce presenti in platea e dalle tante sedie vuote della sala appare plausibile che per il nuovo corso del Partito democratico l’obiettivo primario sia quello di costruire un nuovo grande cantiere simbolo di una nuova Bolzano più ricca, più generosa, forse la capitale di una nuova Europa dove il consumismo unisce tutti: ricchi e poveri, colti e non istruiti, italiani e tedeschi.  Un vero futuro di svolta come si sarebbe detto in passato. Una definizione di orizzonte per il maggiore partito italiano delle provincia e il primo partito del capoluogo che fa capire quali sono gli interessi e le forze in campo in questo un po' comico, un po' approssimato ma molto tenace tentativo di rinnovamento. Complimenti agli organizzatori e tanti auguri per le prossime elezioni. 

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alfred frei Mon, 11/23/2015 - 08:57

"Nach der Leopoldina > der PD rückt in die Mitte: ein klares Ja für Flughafen, Bibliothekszentrum und ........ BenkoKaufhaus" (Sender Bozen 22.11.15 - 9 Uhr Nachrichten)
Alea iacta est - Die Würfel sind gefallen.
Wenn der Gemeindekommissär nicht voreilig ist und der LH gleichzeitig umfallt, konzentriert sich der Wahlkampf in ein angestrebtes Mitterechtsbündnis zum Thema: "wir wollen gutes bewahren und neues fördern". Die heilige Dreifaltigkeit, konzentrierte Interessenvertretung - ungestörte Machtausübung auf Landesebene - unbegrenzte Freiräume für Renditekapital übertragen auf eine "moderne" , neue Rolle der Landeshauptstadt.
Alles gut verpackt in eine "römische" Autonomienotwendigkeit, der sich die SVP nicht weigern kann/soll. Eine Frage bleibt im Raum: spielen alle mit ?

Mon, 11/23/2015 - 08:57 Permalink