Society | Immigrazione

“Non sappiamo dove andare”

Cardano: sgomberata la zona dove da molte settimane un gruppo di richiedenti asilo trovava riparo durante il giorno. Effetti di un servizio di accoglienza limitato?

Il refrain è sempre lo stesso, eppure ancora inascoltato: sulla cosiddetta emergenza dei profughi “occorre un intervento deciso dell’Unione Europea”. L’ultimo appello in ordine di tempo era arrivato ieri (26 gennaio) dal presidente della Provincia Arno Kompatscher che in conferenza stampa aveva dichiarato: “Non si può pensare di delegare ai singoli paesi o alle singole regioni un problema di dimensione internazionale”. Riguardo la presunta concretezza dei piani relativi alla realizzazione di un hotspot al Brennero, inoltre, la risposta del ministro dell'Interno Angelino Alfano è stata: “Attualmente non sussistono i presupposti per aprirne, visto che Germania, Austria ed altri Paesi dell'Europa del Nord continueranno ad accogliere rifugiati, pur avendo riattivato i controlli alle proprie frontiere. Molto dipenderà poi da come si svilupperanno, nella prossima primavera, i flussi migratori”. E dunque, mentre si tenta, attraverso le geometrie variabili dell’alta politica, di occuparsi di questa crisi aperta sforzandosi di preservare intatto, almeno per ora, il trattato di Schengen sulla libera circolazione in Europa, nel perimetro della nostra Provincia restano i problemi specifici che richiedono riscontri immediati.

Ad oggi profughi e senzatetto possono contare solo su un servizio notturno, posti letto come quelli offerti dal Centro emergenza freddo in via Macello a Bolzano o da una ex sede dell’impresa Lemayr, nella zona industriale del capoluogo, la struttura messa a disposizione dalla Provincia (che l’ha affittata fino ad aprile 2017), dopo le scorse vacanze natalizie. La Caritas, come noto, fornisce un pasto caldo la sera per cena. A pranzo, invece, ci si arrangia. Spesso preparandosi da mangiare in luoghi di fortuna, fino a quando, va da sé, non si viene scoperti. Per diverso tempo uno dei posti di ritrovo per circa 20-30 richiedenti asilo - alcuni già in possesso del permesso di soggiorno, altri in attesa di ritirarlo ma tutti avendo già iniziato la procedura di richiesta di protezione internazionale alla Questura di Bolzano - era Cardano, frazione del comune di Cornedo all'Isarco, vicino Bolzano, nello specifico sotto un ponte lungo la ciclabile che sale, appunto, il fiume Isarco fino a Bressanone, poco distante dal centro abitato.

Lì i richiedenti asilo, tutti afghani di età compresa fra i 20 e i 40 anni, erano soliti accendere il fuoco per scaldarsi e rifocillarsi, grazie anche alla generosità di chi, soprattutto fra i volontari, spesso forniva loro viveri e qualche pentola per cucinare. L’acqua del fiume veniva usata, fra le altre cose, anche per fare il pane. Qualcuno, poco lontano, in un canale in disuso trascorreva anche la notte, riparandosi come poteva dalle rigide temperature invernali. A terra piccole isole di ghiaccio appollaiate  fra le rocce e il fango.

Lunedì la notizia: intorno alle 15 tre volanti della polizia giungono sul posto, la zona va sgomberata, le ruspe devono entrare in azione per sistemare gli argini del fiume. Una risoluzione accolta con favore da molti residenti che più volte si erano lamentati per via dei fuochi e dei rifiuti abbandonati nell’area in questione. Rassegnati i richiedenti asilo hanno lasciato il loro rifugio, senza sapere dove andare. Qualcuno dice che appena i lavori al fiume saranno ultimati la zona verrà ripopolata da chi ora è stato costretto ad allontanarsi, nel frattempo sparse per terra restano alcune coperte, un panino sbocconcellato, alcuni fogli sul quale sono appuntate alcune parole italiane, inglesi e nella lingua d'origine, nel tentativo, probabilmente, di imparare qualche nuovo vocabolo.

“Ci sono diverse sale riscaldate di proprietà della Chiesa, sia a Cardano sia a Bolzano, che potrebbero essere utilizzate per dare ospitalità a queste persone almeno durante il giorno”, propone una volontaria. Oltre alla liturgia degli appelli non si potrebbe fare di più? La domanda non è oziosa, e ne suggerisce inevitabilmente subito un’altra, formicolante, eppure ormai abusata: la Provincia interverrà per trovare una soluzione allargando le maglie dell’accoglienza, garantendo anche un necessario servizio diurno per i richiedenti asilo? Bontà sua.

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paolo zucconi Wed, 01/27/2016 - 07:14

credo anche io che nelle nostre città (e nei nostri paesi) ci siano spazi inutilizzati di proprietà della chiesa, della provincia, di alcuni cittadini in cui queste persone potrebbero soggiornare.
in una provincia che si vanta della propria efficienza e del proprio successo economico -analoghi a quelli dei paesi mitteleuropei- una tale gestione della cosiddetta emergenza profughi (meno dello 0.2% in relazione alla popolazione) sia triste.
temo che una parte della classe politica preferisca assecondare le spinte xenofobe provenienti da alcuni cittadini (per non inficiare il proprio successo elettorale) che gestire, organizzare e facilitare l'inserimento di poche centinaia di persone bisognose di aiuto nella nostra società.

Wed, 01/27/2016 - 07:14 Permalink
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Martin B. Wed, 01/27/2016 - 12:00

@PZ: "tutti afghani di età compresa fra i 20 e i 40 anni". Dieser Umstand hat meines Wissens dazu geführt, dass sich Damen allein nicht mehr getraut haben den Radweg nach Kardaun zu benutzen, welcher auch für Spaziergänge beliebt ist. Lösungen für solch prekäre Situationen sind zu finden, aber Klagen von Anrainern und Nutzern des Weges als xenophob/rassistisch usw. darzustellen ist mir ein zu einfacher und auch dividierender Schritt: es gibt nicht nur für oder gegen Flüchtlinge. Hören wir bitte mit dieser Schwarz/Weißmalerei auf (gilt natürlich für beide Seiten).

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