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Die Angst del Trentino

Figlio di una maestrina spedita a italianizzare i masi di Villanders, patentino e direzione del Mattino non mi hanno tolto il Minderwertigkeitskomplex verso i sudtirolesi
Trento
Foto: Elfac.org
Il primo ricordo del Sudtirolo, da bambino trentino in gita, è la sensazione di essere, in quella Gasthaus, un ospite sgradito, da servire senza sorrisi, a muso duro. E mio padre Rubens, nato sotto il Kaiser, attivista aclista ed elettore Dc, che mi spiegava vagamente: “Ce l’hanno con noi per via dell’Alcide De Gasperi… e in fondo son tedeschi… il Los von Trient… bisogna capirli…”.
A Bolzano c’era la favolosa cugina delle favole, Brunamaria Dal Lago Veneri, geniale e stramba. Lei, col marito todesc, si trovava benone. E poi c’erano i ricordi di mia mamma Pina Mattei, maestra ventenne a Villandro Alto sopra Chiusa, tempi di guerra, che ci raccontava come una specie di favola: una pluriclasse di scolari sul margine del bosco, la stanza da letto a fianco dell’aula, gli inviti dalle famiglie dei contadini, cordiali con la maestrina carina, seppur taliana, anzi peggio, trentina. Da quei masi di Villandro aveva importato nel nostro menù familiare la polenta col latte e la polenta con lo zucchero: anche fredda, quest’ultima diventò uno dei miei dessert preferiti. Altro che Sacher.
 
 
Da quei masi di Villandro mia mamma aveva importato nel nostro menù familiare la polenta col latte e la polenta con lo zucchero.
A Bolzano tornai molti anni dopo, corroborato dai corsi Clm tenuti dalla prof tedesca boema Wolftraud Schreiber de Concini, per prendere il patentino di bilinguismo, “perché-non-si-sa-mai-che-ti-tocca-far-concorsi-per-un-posto-in-Alto-Adige”. Ci tornai, nel 1986, nel palazzotto sul Lungo Talvera dove aveva sede l’Alto Adige, allora giornale mito (e riverito) per parlare con il direttore triestino che mi voleva assumere nella redazione di Trento, nella magnifica casa antica sull’angolo tra piazza Pasi e piazza Lodron. L’assunzione scivolò al maggio 1987, un anno e una figlia dopo, perché un boss roveretano, nel cda della Seta editrice, aveva messo il veto: troppo di sinistra, il giovane redattore in forze alla Vita Trentina barricadera di don Cristelli. Compresi allora che l’Alto Adige (il quotidiano) era un’istituzione complicata come l’Alto Adige (la Provincia autonoma).
 
 
Compresi allora che l’Alto Adige (il quotidiano) era un’istituzione complicata come l’Alto Adige (la Provincia autonoma).
Approdato, undici anni dopo, alla direzione del Mattino abbinata a quella dell’Adige, ho avuto modo di capire un po’ di più (ma sempre troppo poco) il System Südtirol: grazie alla formidabile coppia di analisti-narratori Flo-Ric, Kronbichler e Dello Sbarba, mi sono accostato alla Weltanschauung plurale di quel genio di Langer, che avevo già ammirato in una storica discussione con Mino Martinazzoli e Diego Novelli (il Bianco, il Rosso, il Verde) in una scuola estiva della Rosa Bianca a Brentonico. Mentre Francesco Comina mi introduceva a Mayr-Nusser, Franz Thaler, Poldi Steurer, don Giancarlo Bertagnolli e tutto il mondo alternativo del Sudtirolo molto critico e molto minoritario.
Fenomeno Durni era ruvido ma brillante, rispondeva al telefono quando lo chiamavo come giornalista, mentre il Kompatscher, visto dai banchi dell’opposizione nella mia breve esperienza di consigliere regionale 2018-2020, appariva cortese ma distante, non ha mai ascoltato più di sette secondi di un mio intervento in aula.
La politica, quella staifa (tedeschismo del dialetto trentino, da steif: dura, forte), la politica del potere, anche da direttore del piccolo Mattino corsaro che poi ci è toccato chiudere per eccesso di perdite, mi è rimasta estranea, lontana. Fenomeno Durni era ruvido ma brillante, rispondeva al telefono quando lo chiamavo come giornalista, mentre il Kompatscher, visto dai banchi dell’opposizione nella mia breve esperienza di consigliere regionale 2018-2020, appariva cortese ma distante, non ha mai ascoltato più di sette secondi di un mio intervento in aula. Tanto ero uno di uno strano partitino che non contava en botón (secondo e ultimo trentinismo). In quell’aula bilingue, estraneo ai leghisti trentini al comando così come ai tedeschi maggioritari di Bolzano, solo l’eroica pattuglia interetnica dei Verdi (dove avevo ritrovato l’Etrusker Rds) e un paio di teamkappini mi riconoscevano una qualche dignità di ruolo. Lisa, Fabio e Christoph di SALTO, poi, mi hanno ridato un respiro non solo provinciale.
 
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Schöne Welt böse Leut, ha scritto il grande Gatterer. E io avevo già capito, prima ancora che le mani athesine si comprassero perfino il nostro Adige, che in Sudtirolo i prati sono più verdi, le montagne più alte, gli albergatori più furbi, l’economia più forte, il latte più buono, la politica più spietata, il potere più duro che da noi, a sud del Tirolo del Sud. E così, come Winston Smith in 1984, ammiro e forse amo il Big Brother (o Cugino) sudtirolese, ma lo guardo dal basso in alto, perché ne sento la barbara forza e continua a farmi, come il burbero Gastwirt delle mie gite d’infanzia, un po’ di paura. Sento ancora insomma, oltre Salorno, insieme al brivido della grande bellezza, die Angst des Tormanns beim Elfmeter.
 
Paolo Ghezzi è giornalista e cura la colonna TrentExpress su SALTO.
 
 
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Giancarlo Riccio Sat, 05/27/2023 - 06:51

Il senso, la valenza e persino l'appeal di Salto.bz risiedono anche in pezzi come questo. Un po' analisi, un po' amarcord, un deciso tono da pamphlet. Ciao, Paolo.

Sat, 05/27/2023 - 06:51 Permalink
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Simonetta Lucchi Sat, 05/27/2023 - 07:14

Continuiamo a dare la visione di questo territorio "da fuori". La voce di chi è nato e vissuto qui è stata spesso tacitata, come ho già scritto. Occorre "venire istruiti" da qualcuno per capire questa realtà?
Come insegnante da più di trent'anni in questa provincia potrei dire molto sulle "maestrine carine" che lavorano nelle valli, senza voler italianizzare nessuno ma cercando di capire chi si trova in classe Tra eroiche pattuglie varie siamo al disastro di questa comunità, e continuiamo a avere complessi di inferiorità. Io,no di certo.

Sat, 05/27/2023 - 07:14 Permalink
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Simonetta Lucchi Sat, 05/27/2023 - 09:59

E, se posso aggiungere, nulla vieta ancora oggi di fare per qualche anno le maestrine, senza stanza vicino alla classe perché nessuno te la dà, facendosi 60 km al giorno alle sei di mattina su strade ghiacciate, dopo aver passato quattro esami di bi e trilinguismo altrimenti niente, ma rimanendo sempre ultimi in graduatoria per una dichiarazione di appartenenza sbagliata, cercando di lavorare per diffondere la conoscenza delle lingue. Assicuro che allora il territorio si conoscerà senza bisogno di istruzione da parte di chichessia e il brivido della bellezza e della forza barbara si dimentica in fretta.

Sat, 05/27/2023 - 09:59 Permalink