L'Europa e i vecchi fantasmi

Le elezioni europee sono elezioni europee, non vanno lette troppo strettamente in termini nazionali. Detto ciò, è sicuramente meglio prendere un 40% che un 21%.
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Molte persone ritengono le elezioni europee in qualche modo a responsabilità limitata, poiché è l’occasione nella quale molti si permettono di votare un partito magari non di diretta appartenenza, o quello per il quale non si osa votare alle politiche. Quindi, di norma e storicamente, dovrebbe favorire le estreme o gli outsiders.

Se poi il 40% non si vedeva da decadi, in termini assoluti, è giustificato che il PD festeggi: due milioni e mezzo di voti in più rispetto alle scorse politiche 2013, per di più con un dato astensionistico importante poiché hanno votato circa sei milioni di persone in meno rispetto alle politiche dell’anno scorso (e circa quattro milioni in meno rispetto alle  europee 2009).
Ossia, molto più successo in un bacino molto più magro.

Di più, proprio l’astensione forte dovrebbe andare a rafforzare ulteriormente il voto per le estreme, le quali sono di norma più idealisticamente partecipate.
E dunque il PD, che di idealistico ed estremo secondo molti osservatori avrebbe ormai poco e che avrebbe inoltre dato luogo ad un percorso politico di abbandono lento ma costante delle posizioni della sinistra storica, ha raccolto il massimo del suo sostegno da sempre, nelle elezioni meno favorevoli di sempre.

Sicuramente gioca un ruolo forte lo svecchiamento del partito rispetto alla gestione pre-Renzi, in cui si davano uomini più o meno probi ma certamente tutti legati agli schemi politici pre-1989.
Renzi no, quando cadeva il muro aveva 15 anni, era al ginnasio.

E sotto il rassicurante tetto del PD post-ideologico sono andati a ripararsi tanti di coloro che dalle dinamiche populistico/anti-ideologiche a tinte forti mosse dal M5S hanno preso più paura che spunto. 
E’ la vittoria dunque, schiacciante, del post-ideologismo. E il grande sconfitto delle elezioni è Beppe Grillo. Attenzione, Grillo, non il Movimento 5 Stelle.

Il Movimento 5 stelle ha raccolto il 21%, è il secondo partito d’Italia con più di 5 milioni di voti. Un risultato in sé enorme.
Ma è guidato da un leader (carismatico, nella tipologia weberianamente intesa) che ha sbagliato. Ha usato toni e modi tali da creare un’aspettativa spasmodica, al di là delle sbandierate ambizioni al 100%, gridando al sorpasso.

Certo a Grillo va dato merito di averlo creato, il Movimento. Allevato, sviluppato, educato, servito corpo ed anima. E sicuramente il Movimento non sarebbe ciò che è, senza Grillo. Né lo sarà, dopo. Ma da quando il sommovimento è diventato Movimento e da quando il subcomandante è diventato comandante, gli errori commessi nella leadership sono stati numerosi. E chi nell’arte del decidere fa la scelta sbagliata, paga.

I tre milioni di voti persi in un anno - che per di più sono persi in elezioni in cui le estreme dovrebbero guadagnare e curiosamente in cifra assomigliano molto ai 2,5 milioni guadagnati dal PD - hanno certo mille possibili letture: una sicuramente è la delusione di molti per il mancato accordo governativo con il PD in funzione anti-berlusconiana. Funzione che molti degli aderenti a 5 stelle del primo boom avevano probabilmente a cuore. Avevano capito male, si risponde, in sede M5S. Esatto. Un movimento che si pretende latore della Verità assoluta ha perso 3 milioni di elettori che la Verità avevano malinteso. Ossia, 3 milioni di elettori hanno esercitato un clamoroso diritto di recesso, “la Verità M5S non mi piace, la riporto indietro, grazie”.

Probabilmente anche i toni bellicosi e costantemente forzati, quelli che indubbiamente riempiono le piazze, hanno seccato alcune matite a 5 stelle. Probabilmente anche lo spettacolo offerto nella gestione delle dinamiche interne, con il dissenso gestito a forza di espulsioni, non ha pagato.

E il comportamento dei Parlamentari a 5 stelle, con forti tendenze ad approssimazione e qualunquismo, spietatamente messe sotto i riflettori a luci fortissime da tutti gli organi mediatici. E non potrebbe essere altrimenti, welcome to the jungle babe. 
Il picco dell’assurdo in questa involuzione del Movimento è forse l’episodio delle Quirinarie, in cui non solo Romano Prodi finì tra i dieci eleggibili per il M5S e poi non venne votato, ma addirittura i primi quattro in classifica si sono trovati tra i candidati di domenica scorsa con Tsipras.

Ma attenzione a snobbare il portato di novità del Movimento: in Italia ha forse anche tappato l’emergere dell’estrema destra sullo stile di Front National e Alba Dorata, peraltro offrendo ad essa post-ideologica ospitalità (altro grande vulnus delle dinamiche decisionali di Grillo, confondere post-ideologismo con la rinuncia alla prerogativa antifascista su cui si basa la Repubblica Italiana). Tuttavia nel Movimento e nell’energia dei suoi attivisti è confluita pur solo ufficiosamente una buona parte di quella congerie di raggruppamenti post-ideologici e legati ad i nuovi media che hanno costituito la novità politica del mondo occidentale dell’ultima decade, dagli Indignados ai Pirati, da Occupy Wall Street ad Anonymous, Wikileaks, etc.

Nel Movimento c’è la voglia di nuovo e l’energia che la Politica italiana aveva smarrito, presa a mazzate a Genova 2001 e poi anestetizzata dal dominio comunicativo del Cavaliere, il primo post-ideologista al potere in Italia in assoluto, uno che pur di ottimizzare i propri - tanti ed indubbiamente importanti anche per la nazione - interessi privati avrebbe costituito un governo con il diavolo e l’acquasanta. Anzi, l’ha fatto.

Il Cavaliere
77 anni abbondanti, senza una qualsiasi ideologia a sostegno del suo privatissimo club, condannato a lavori socialmente utili, privato del diritto di elezione sia attiva che passiva, reduce da una scissione politicamente enorme (quella con quelli che nel conservatorismo ci credono, Alfano e il NCD), prende 4 milioni e mezzo di voti. Certo, anche sommando il milione e duecentomila che ha preso l’NCD manca un milione e mezzo di voti all’appello rispetto al 2013, ma sicuramente l’astensione soprattutto al sud non ha gocato a suo favore. E molto probabilmente l’investimento economico di Forza Italia nelle europee è stato minimale. Quindi chiunque canti vittoria sul cadavere berlusconiano si sbaglia di grosso, probabilmente se si votasse domani per le politiche il Cavaliere prenderebbe il 25% senza problemi, e ancora di più considerando una possibile sbandata forte del Movimento 5 Stelle.

Il tutto mentre a sinistra si festeggia il raggiungimento della soglia del 4% certo, ma Tsipras e la sua lista rispetto alla sola SEL del 2013 non hanno aumentato voti, niente pesca da Ingroiani e bacino elettorale IDV. E questo - condito dal solito ragionamento sulla peculiarità pro-estreme del voto alle europee e del forte astensionismo - non permette di assecondare canti di vittoria. Certo quorum raggiunto, e così l’obiettivo, non possono che portare a complimenti.

E la Lega, distrutta e in ginocchio dopo gli scandali di casa Bossi un anno fa, oggi recupera credito, questo certamente in totale conferma della tendenza estremista delle europee.

Ma dove va l’Europa?
Prima di tutto non al seggio. Astensione enorme, soprattutto nei paesi nuovi membri. In Slovacchia è andato a votare un ridicolo 18%, viene da chiedersi perché farlo e perché non assegnare direttamente un commissario straordinario per le questioni UE agli Stati membri che non superino il 25% di votanti.
E chi è andato al seggio, pressoché ovunque ha premiato in maniera consistente i partiti di estrema destra e/o antieuropeisti. In sostanza, il voto europeo premia le estreme, e le estreme anti-europeiste hanno portato i propri elettori in massa alle urne, questo è successo.

Senza pretese di esaustività scientifica, per la quale bisognerebbe soffermarsi Paese per Paese a valutare legge elettorale, situazione politica contingente e mille altre variabili, tentiamo però un piccolo Tour d’Europe, a verifica: posto che in Italia l’antieuropeismo è rappresentato dal populismo a varie tinte di M5S e Lega Nord, che insieme assommano al 27,5%, in Francia un voto valido su 4 è andato al Front National, partito di estrema destra xenofobo, populista, anti UE e anti globalizzazione. Ed è la prima volta che un partito di estrema destra vince le elezioni in Francia da sempre. A ciò si aggiunga il 4% preso da DLR, gaullisti euroscettici, e si fa un 29% di voto anti-UE.

In Gran Bretagna l’UKIP ha raggiunto il 28% e uno storico primo posto che lascerà il segno, mai un partito non Labour o Tory aveva preso più voti degli altri da 100 anni a questa parte. E la sua principale ragione di vita politica è che l’UK lasci l’Europa Unita, accompagnata magari dalla dissoluzione dell’Unione Europea tutta.

In Danimarca il DF, partito nazionalista, conservatore, populista con tendenze all’estrema destra, euroscettico, è al 27% e vince le elezioni; a ciò s’aggiunga l’8% del Movimento popolare contro la UE, gruppo che si candida solo alle Europee, con intenti dichiarati a partire dal nome.

In Austria la FPÖ liberal conservatrice di destra populista con tendenza all'estrema, fortemente euroscettica e xenofoba è al 20% (più EUStop al 2,8%)

In Ungheria lo Jobbik, movimento di estrema destra nazionalista, antiglobalizzazione, antisionista ed euroscettico è al 15%

In Finlandia il PS (Veri Finlandesi), nazionalista, populista di destra ed euroscettico, è al 13%

In Grecia, Alba Dorata ultranazionalista e neonazista, apertamente a sostegno di politiche razziste ed euroscettica, ha preso il 9%. Vi si aggiungano ANEL e LAOS, partiti conservatori di destra euroscettica nazionalista e populista che sommati giungono al 7%.

In Germania AfD - nuovo partito liberal consevatore anti€uro - ha raggiunto il 7%. E per quanto sia soft l'euroscetticismo di AfD, non può passare inosservato il primo parlamentare europeo della NPD, partito che si richiama a nazionalsocialismo, supremazia bianca, terza posizione, pangermanesimo e chiaramente euroscettico.

In Polonia il KNP, partito euroscettico ascritto all’estrema destra, che propone di abolire il suffragio femminile perché alle donne la politica non interessa e sono troppo naturalmente inclini al welfare state, supera il 7%

In Repubblica Ceca ODS e Svobodni, conservatori più o meno liberali ed euroscettici, arrivano rispettivamente a 7,5% e 5%

In Svezia SD, populisti di estrema destra, nazionalisti e xenofobi, sfiorano il 10%

E sicuramente altro ancora, in Lituania, Bulgaria e dove oltre non sono riuscito a spingermi.

Insomma, il PD festeggia, ed è giusto così: un dato oltre il 40% non si vedeva da tempo immemore. Ma attenzione che l’Europa dà segni di fibrillazione, e qualunque persona abbia a cuore gli ideali istitutivi della UE, non solo non può celebrare, ma ha ampiamente da rimboccarsi le maniche. Ci sono temi forti da affrontare insieme, da europei, anche consci del fatto che i singoli interessi nazionali sono necessariamente vincolati l'uno all'altro, nell'era della globalizzazione.

Immigrazione, equità economico-fnanziaria, riequilibrio dopo l'allargamento ad est, ambiente, diritti civili, internet privacy//big data e molto altro, le cui dinamiche vengono esasperate dalla lunga e stagnante situazione di stallo dei mercati.
C'è già stata una situazione nella quale in Europa ci fu una concomitanza tra crisi e insorgere di nuovi sistemi massmediatici, nello specifico la radio: oggi di quegli anni abbiamo esperienza, e non fu un bel periodo, non lo ripeteremo.

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andrew_catalan… Thu, 05/29/2014 - 11:33

Sta finendo. Ed era ora. I transalpini hanno capito, non ci sono piú alibi per difendere questa indifendibile UE.
E penso che tutto sommato sia molto meglio che l'UE si dissolva a partire dal centro-nord europeo. Se perfino in Germania l'AfD (7%) ha fatto meglio della Lega (6%) (per non parlare dell'Austria dove l'FPÖ ha fatto il 20%), direi che siamo finalmente a un giro di boa.
Poi a parte il voto uno dovrebbe guardarsi i dati sull'euroscetticismo in generale. In Francia nel 2012 eravamo al 56% (oggi ben di piú) in UK al 80% (sempre nel 2012). Una volta che gli inglesi usciranno (cosa per il momento piú probabile) sará la volta della Francia e a quel punto l'UE non esisterá piú...

Thu, 05/29/2014 - 11:33 Permalink
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Herr Trollolo Fri, 05/30/2014 - 18:10

In reply to by andrew_catalan…

Ma certo, costruire muri e frontiere è da sempre la soluzione migliore. Vedi il muro di Berlino: traffico di droga zero! Adesso invece si può comprare droga dapertutto.
E solo la maledetta UE che non ce lo lascia (ri)costruire. Grrr...

Fri, 05/30/2014 - 18:10 Permalink