Politik | Comunali 2015

La coerenza del camaleonte

Chi sono le persone che lavorano sottotraccia nei laboratori della politica locale? Ritratto di Claudio Degasperi, tessitore della Lista Civica per Spagnolli.

Il nome camaleonte viene dal latino chamaeleon, che a sua volta deriva dal greco χαμαιλέων, vocabolo composto da χαμαί «in basso, a terra» e λέων «leone», ed ha il significato letterale di «leone (che striscia) sulla terra» o «leone nano».

Un vero stratega lo riconosci subito, già dalle prime battute che pronuncia al telefono. “Ma è sicuro che valga la pena intervistarmi? Io non sono mica così importante, sa? Magari ci possiamo sentire dopo le elezioni”. Strategia sfuggente, come si vede. O mera dissimulazione. Io però non mollo. Adesso la situazione è in divenire, gli dico, e vorrei sentire l’opinione di chi sta comunque tessendo alcuni importanti fili della campagna elettorale. Il mio interlocutore, forse blandito, allora si scioglie, e ci accordiamo per vederci il giorno dopo.

Perché questo ritratto
Chi sono le persone che, pur godendo di un’esposizione mediatica molto minore di quella dei leader, determinano con il loro lavoro sottotraccia il progresso dell’attività politica?

Parlando delle elezioni di un sindaco, l’attenzione generale è caratterizzata dal profilo dei candidati. Si tende così a dimenticare che ognuno di loro può emergere solo se altre persone agiscono per lui (o per lei), ad esempio consigliandolo (consigliandola) e svolgendo tutte quelle mansioni necessarie alla compilazione delle liste o alla creazione delle alleanze necessarie in vista del successo finale.

A Bolzano, nelle ultime settimane, il nome di Claudio Degasperi è affiorato sempre più spesso a proposito dell’allestimento di una lista a favore del sindaco uscente, Luigi Spagnolli. Lista d’ispirazione “centrista”, si potrebbe sintetizzare, ideata al duplice scopo di allargare il bacino elettorale di prevalente riferimento (elettori Pd, ecosociali, progressisti) e indebolire così i competitors di centrodestra. Più o meno quanto ha fatto e sta facendo Matteo Renzi a livello nazionale.

Si tratta di un’operazione non facile, già segnata da qualche errore (per esempio l’inserimento come secondo nome dello sfidante di Spagnolli alle precedenti elezioni, che ha smosso notevoli malumori all’interno del Pd locale, costringendo poi Robert Oberrauch a un repentino ritiro), ma animata da un progetto di riforma del panorama politico cittadino (e - a lunga gittata – anche provinciale) che potrebbe scompaginare un quadro altrimenti votato alla stagnazione. Perciò mi sembrava interessante capire meglio sia il personaggio che la cornice entro la quale egli intende operare. 

Il bolzanino classico, l’ammiratore di Alexander Langer, il militante radicale
Bisogna sempre partire dal presupposto che ognuno sia ignoto. Talvolta persino a se stesso. L’intervista quindi comincia con un breve excursus biografico dell’attuale consigliere comunale di Team Autonomie, nonché segretario di Elena Artioli. Infatti stiamo conversando al terzo piano del palazzo in cui è ubicato il Consiglio provinciale. “Sono un bolzanino classico e provengo da una famiglia trentina [un remoto antenato di Degasperi è il celebre statista democristiano, ndr]. A quindici anni ho fatto parte del primo gruppo di studenti altoatesini che si sono recati in Germania a imparare il tedesco. Era una sperimentazione voluta dall’allora assessore Remo Ferretti. In quegli anni il tedesco veniva insegnato poco e male, avevamo docenti che provenivano da altre regioni d’Italia, quindi non di madrelingua, e comunque a scuola non avevamo la possibilità di raggiungere un buon livello. Per fortuna io avevo genitori motivati, che mi hanno incoraggiato a intraprendere questo percorso”. 

Passando a tratteggiare la sua carriera politica, Degasperi giustifica l’importanza del preambolo appena fatto sull’apprendimento del tedesco. “La mia stella polare era Alexander Langer, la sua battaglia contro le gabbie etniche. Così mi sono avvicinato anche al Partito Radicale. Ricordo che verso la metà degli anni Settanta qui arrivò la radio del partito. Le prime antenne vennero fissate ai rami di un albero. Almeno in città la copertura era comunque assicurata. Una delle battaglie di Marco Pannella – si potrebbero ancora recuperare le registrazioni – era a favore della diffusione della lingua italiana lontano dal capoluogo. Lui sosteneva che la nomenclatura cittadina Svp volesse dissuadere chi viveva nelle valli dall’apprendere l’italiano, in modo da impedire che i contadini cominciassero poi ad abbandonare i loro paesi, magari per venire in città a svolgere professioni diverse da quelle tradizionali”.

L’accusa di trasformismo
A questo punto temo che il discorso rimanga impigliato su argomenti troppo generali, nonché archeologici. Provo a risospingere la conversazione sulla sua storia politica personale. Vorrei sapere, in particolare, come ha fatto un ammiratore di Langer e impegnato nelle battaglie radicali per l’incremento dei diritti civili ad approdare a un partito, come la Lega Nord, sovente latore di messaggi razzisti. Un’esperienza chiusa da poco, grazie all’improvvisa “conversione renziana” di Elena Artioli, che ha comunque fruttato l’astuta rielezione della consigliera grazie ad un cartello elettorale ideato improvvidamente dalla berlusconiana di ferro, Micaela Biancofiore. Non pochi hanno visto in questa vicenda un eccesso di virtuosismo trasformista (o in termini più brutali: un palese cambio e ricambio di bandiera), quasi a conferma del noto aforisma di Ennio Flaiano, venato per giunta di riprovazione morale: “In Italia la linea più breve che unisce due punti è l’arabesco”.

Degasperi rifiuta l’accusa di trasformismo, cercando di sostenere che l’uomo può anche cambiare cravatta, ma rimane sempre lo stesso. “Dopo aver chiuso con l’esperienza della Rosa nel Pugno, eravamo tra il 2008 e il 2009, e soprattutto dopo aver verificato l’impossibilità di dedicarmi a temi territoriali facendo riferimento a partiti di chiara impronta nazionale, ho individuato nel progetto di Elena Artioli, che nel frattempo era stata eletta la prima volta in Consiglio provinciale con la Lega Nord, una possibilità di tornare a fare politica cercando di traghettare la mia esperienza, ma anche i miei ideali, in un nuovo contesto”.

La lacuna evidente tra quei nobili ideali e la becera propaganda leghista è colmata facendo nuovamente riferimento al valore del plurilinguismo, al radicamento bolzanino e a una netta distanza dalla nuova leadership di Matteo Salvini. Elena Artioli era in fondo vista come la paladina dei mistilingue, aveva a cuore la convivenza tra italiani e tedeschi, professava un autonomismo compatibile con l’impianto federalista leghista, e quindi si poteva tentare l’avventura, magari cominciando a pensare anche a una lista autonoma dalla stessa Lega. Le prime idee e i simboli relativi alla creazione di Team Autonomie, afferma Degasperi, risalgono già al 2010. “Quando anche la Lega sembrava in disfacimento, la possibilità di poter usufruire di una lista in un certo senso svincolata - anche se confederata - al partito un tempo in mano a Umberto Bossi e poi, in seguito agli scandali, passato a Roberto Maroni, si profilò come la situazione più comoda”. Un metodo in effetti comodissimo, e soprattutto di grande successo, tanto da consentire la sopravvivenza della piccola lista al declinare dei contenitori utilizzati per darle risalto. Da qui la sensazione di aver a che fare con il cinismo un po’ sfrontato di chi abbandona ogni volta la barca che sta per sbandare, non appena all’orizzonte compare il nuovo vascello utile per continuare il viaggio.

Sul carro del vincitore
Il nuovo vascello, intanto, ha un nome e un cognome, ed è quello di chi a vele spiegate si prende, in modo altrettanto spregiudicato, prima il Pd e poi il governo del Paese: Matteo Renzi. Un innamoramento politico che Degasperi assicura essere sincero. “A causa della legislazione vigente dovevamo necessariamente allearci a un partner nazionale. Scartando per ovvie ragioni il partito controllato qui dalla Biancofiore, abbiamo cercato e poi scelto un cartello che fosse interessante per noi. Il PdR, il Partito democratico di Renzi, come ci piace chiamarlo, era perfetto. L’ex sindaco di Firenze aveva dato segnali precisi, liquidando la vecchia classe dirigente e proponendo un forte rinnovamento al fine di coinvolgere l’area di sinistra, ma anche i moderati. Così è nata l’idea di iscriverci al Club Liberal Pd, capitanato dal sindaco di Catania Enzo Bianco”. Scorrendo le prime battute del manifesto dell’“unica associazione politica riconosciuta dal Pd” leggiamo le seguenti affermazioni: 

Crediamo che all’interno del Partito democratico, con un passaggio storicamente irripetibile, si stiano ponendo oggi le premesse migliori affinché le espressioni diverse della cultura liberaldemocratica (riformismo socialista, cultura repubblicana, liberale, ambientalista, laica senza aggettivi) possano cercare e trovare una collocazione centrale per le loro idee e visioni, rifuggendo allo stesso tempo dalla facile tentazione di considerarsi le minoranze dei migliori.

Un programma talmente ampio e duttile per far salire sul carro dei nuovi vincitori anche gli avversari di un tempo. E pazienza se a Bolzano, all’inizio, un po’ tutti hanno storto la bocca. Degasperi non si è mai nascosto che gli ostacoli da superare sarebbero stati alti, comunque sempre confidando in un progressivo logoramento dei dissenzienti: “Liliana Di Fede mi pare abbia già fatto dichiarazioni di apertura. Ormai non c’è più l’ostruzionismo di luglio. Magari non sarà piaciuto il modo con il quale ci siamo proposti, del resto neppure i modi spicci e pragmatici di Renzi piacciono a tutti, nel partito. Questo è forse il difetto di ogni avanguardia radicale, fotografato nel momento in cui la massa critica si sposta”.

Il sogno del tessitore
In attesa che la massa critica si sposti, come si è spostata nel resto d’Italia, adesso l’esperimento si concentra su Bolzano, in vista del voto di maggio. Il nostro Renzi si chiama davvero Spagnolli? “Attenzione – frena Degasperi –, dobbiamo distinguere il piano amministrativo da quello legislativo. Io ritengo in primo luogo che Spagnolli sia stato un buon amministratore. Non ha lasciato debiti, per esempio. Semmai è stato bloccato da fattori contingenti – la crisi produce insicurezza e l’insicurezza muove sempre gli istinti peggiori e lo scontento riguardo a chi ha responsabilità di governo – e anche da ostacoli interni alla sua stessa coalizione [che Degasperi giudica evidentemente troppo sbilanciata a sinistra, ndr]. Spagnolli è comunque la persona migliore per poter ambire al ruolo di sindaco di questa città, ha un appeal interetnico (ce lo vede lei uno come Urzì in grado di dialogare con la Svp?) e anche a lui sta a cuore l’evoluzione di un progetto politico in grado di superare i confini attuali del Pd locale”. Se poi il Pd locale sarà effettivamente lieto di allargare i suoi confini, questo è un altro discorso. Intanto, mentre tesse la sua tela intorno alla composizione della Lista Civica per Spagnolli – adesso i nomi, però, non potranno risultare troppo indigesti al Pd, onde evitare di ripetere l’errore compiuto con Oberrauch (“ringrazio comunque Robert per aver dato una prova di responsabilità”, il suo laconico commento) –, lo sguardo di Degasperi si perde già più lontano.

Così chiedo infine se, al di là del laboratorio di Bolzano, l’obiettivo a lunga scadenza potrebbe essere quello di “piazzare” quattro o almeno tre consiglieri Pd nel prossimo Consiglio provinciale, tra i quali ovviamente anche la “sua” Elena Artioli. Degasperi, come un camaleonte che adatta il proprio colore al variare della luce, ha un momento di esitazione, e l’esitazione assume un riflesso vagamente sognante: “Bello. Sì, bello, l’immagine mi piace…”. Poi si riprende: “Bisognerebbe però dare un cambiamento molto forte. Per adesso i risultati sono ancora scarsi e tutt’altro che facili da incrementare. C’è da fare tanto lavoro e nel Pd, purtroppo, non ci sono tanti elementi che sanno lavorare. E neppure molti che sanno accettare i cambiamenti”.

Bild
Profil für Benutzer Gianluca Trotta
Gianluca Trotta Di., 17.03.2015 - 19:54

Per completare questo ritratto (caricatura, meglio), è necessario ricordare che questo qui propose qualche anno fa la terza classe sui treni, da riservare agli extracomunitari (non penso avesse in mente gli svizzeri). Nello stesso periodo, Artioli denunciava il "genocidio della stirpe italica". Per dire chi sono questi neo-renziani.

Di., 17.03.2015 - 19:54 Permalink
Bild
Profil für Benutzer Gabriele Di Luca
Gabriele Di Luca Di., 17.03.2015 - 20:05

Antwort auf von Gianluca Trotta

Non ricordavo questa cosa dei treni (in rete non ho trovato nulla). Però ho trovato una vecchia cosa, addirittura pubblicata da me.
https://sentierinterrotti.wordpress.com/2011/01/09/pubblico-ludibrio/
Il fatto è che l'appartenenza genera mimetismo (non è un caso che ho scelto la metafora del camaleonte) e più appartenenze producono diverse mute mimetiche.

Di., 17.03.2015 - 20:05 Permalink
Bild
Profil für Benutzer Max Carbone
Max Carbone Di., 17.03.2015 - 22:47

bravo Gabriele, bella l'idea del/dei tessitori. La liquidità di Zygmunt è immagine perfetta. A volte il liquido è trasparente, a volte torbido. Questa volta mi sembra torbido.

Di., 17.03.2015 - 22:47 Permalink
Bild
Profil für Benutzer Oscar Ferrari
Oscar Ferrari Mi., 18.03.2015 - 00:06

il Dega è un bravo guaglione, gli piace stare in politica, il da che parte stare è un aspetto secondario. La chiave di lettura per capirne l'andazzo è il colore delle sue cravatte, mitica era quella rossa quando faceva l'ultimo dei giapponesi per Peterlini. La sfiga è che non ricordo quale indossasse quando , nel 2006, ci propose un'alleanza tra i radicali e il Partito per Tutti

Mi., 18.03.2015 - 00:06 Permalink