Society | Carcere

“Carcere inadeguato. Ma c’è un buon clima”

P. Roland Faustin, cappellano del carcere di Bolzano, descrive le carenze di una struttura vecchia e inadeguata. Ma è vero anche, dice, che “nessun detenuto farebbe cambio con un altro penitenziario”.

Il carcere di Bolzano non sarà un’isola felice però chi ci vive dentro non farebbe cambio con nessun altro penitenziario italiano. A dirlo è p. Roland Faustin, francescano, da tre anni incaricato dell’assistenza religiosa ai carcerati. “Certo che la struttura è vecchia e inadeguata però, rispetto ad altre situazioni, presenta dei lati positivi”. Ad esempio? “Le dimensioni ridotte. È vero che la struttura è pensata per 80/90 persone e attualmente invece ce ne sono 117. Non è però un numero esageratamente alto. In tanti casi si sono potuti togliere i letti a castello, il che è un lusso, mi creda, rispetto ad altre situazioni”. Comunque sia, dice p. Roland, “le piccole dimensioni del carcere vanno a vantaggio del clima. Durante il giorno le porte delle celle sono aperte. All’interno della struttura c’è una forma di ‘libertà’, nella quale si può respirare un’atmosfera, per così dire… di comunità”.

Periodicamente si parla però di sovraffollamento e dell’insufficienza degli organici del personale. I giornali sparano titoli a sei colonne, ci sono state proteste, rivolte e scioperi… “In certi periodi il sovraffollamento c’è. Qualche anno fa ad esempio i detenuti erano arrivati a 160. Il numero è fluttuante: in estate sono di meno, in inverno di più… e si possono creare delle situazioni anomale. Allora, nelle celle più piccole, quando invece di due persone ce ne stanno quattro, la cosa diventa molto pesante”.

L’attività del cappellano consiste nel garantire la messa all’interno del carcere, ma soprattutto nell’assistenza morale e spirituale ai detenuti. “Ci occupiamo, per quanto possibile, anche dei familiari che spesso se ne stanno in pena nelle loro case, senza sapere cose succede in prigione. Infine siamo a disposizione del personale”.

Una presenza, la sua, comunque caratterizzata sul piano confessionale… “Sono un sacerdote cattolico, ma questo non significa che io non abbia contatti stretti anche con i detenuti non cristiani (che sono la maggioranza). Assolutamente. Il detenuto ha bisogno di avere qualcuno vicino che lo ascolti indipendentemente dall’appartenenza religiosa… Con i ragazzi musulmani, spesso più fatalisti nell’accettare la loro condizione, è talvolta più difficile entrare nell’intimità di un discorso di fede come tra cristiani, ma è comunque possibile il colloquio personale. A questo livello curo i rapporti con loro come con chiunque altro”. Il mio compito non è convertirli, ma ascoltarli, dice p. Faustin.

La casa circondariale di Bolzano, se risulta vivibile per l’aspetto umano, rimane pur sempre una struttura obsoleta. Risale alla fine dell’800. “Certo, non ha le infrastrutture di un carcere moderno, soprattutto per quanto riguarda i servizi igienici. Perciò ben venga il nuovo carcere. Sarà un edificio moderno, paragonabile a quello di Trento. Ecco vede, quello è un luogo di pena realizzato secondo i più moderni standard. Però mancano alcuni aspetti che invece ci sono a Bolzano, come le celle aperte. Ha lo svantaggio di essere una struttura poco vissuta, un po’ asettica e anonima. Il cappellano di Trento mi dice che uno dei problemi maggiori è rappresentato dalla depressione. Sembra di vivere in un grande magazzino. Non c’è vita di relazione e comunità come qui a Bolzano”.

Secondo quanto annunciato a luglio, il nuovo carcere bolzanino sorgerà nei pressi dell’aeroporto. La Provincia ha espropriato il terreno e messo a disposizione le risorse per la costruzione dell’opera. Potrà ospitare 220 detenuti, vi lavoreranno 100 operatori di polizia penitenziaria, avrà 30 posti per agenti in caserma e 25 unità di personale civile. I costi di costruzione sono stimati in 63 milioni di euro. Secondo le previsioni sarà disponibile nel 2016.

“Ci sarà finalmente la possibilità di lavorare, cosa che attualmente non abbiamo, eccetto che per pochi fortunati”, dice p. Roland. “L’occupazione dei detenuti è uno dei momenti pedagogici più importanti. Qui a Bolzano, al momento, non ci siamo proprio. Certo, si possono frequentare diversi corsi… di lingua, chitarra o computer, ma mancano le attività di tipo manuale. Io auspicherei anche un maggiore contatto col mondo esterno. So di altre realtà dove p. es. è possibile organizzare un incontro tra un gruppo di alunni scolastici con dei detenuti. Qui a Bolzano non si può,  sia per motivi di sicurezza che di strutture. Il personale è insufficiente per accompagnare anche queste iniziative. Sarebbe però una cosa importante, perché è un modo molto efficace per far capire al mondo esterno qual e la realtà della vita carceraria, al di là di ciò che dicono i media. Un conto è leggere un articolo, altro è parlare direttamente con un detenuto”.