Gesellschaft | Profughi

Bolzano e gli invisibili

Sit-in di protesta di 30 richiedenti asilo stamani davanti alla sede del Servizio Integrazione Sociale. Caramaschi: “Bolzano non può essere valvola di sfogo”.

Sono giorni frenetici questi per il capoluogo altoatesino dopo le misure decise dal direttore di Ripartizione delle politiche sociali Luca Critelli in merito all’accoglienza dei migranti sul territorio. Dopo la protesta inscenata venerdì scorso (30 settembre) in piazza Magnago, stamani circa una trentina di richiedenti asilo, accompagnati da alcuni volontari, si sono ritrovati davanti alla sede del SIS (Servizio Integrazione Sociale) in via Renon dal momento che il Servizio consulenza profughi della Caritas è stato chiuso, in segno di dissenso viste le “inattuabili” - come le aveva definite il direttore dell’associazione Paolo Valente - modifiche dei criteri di accoglienza contenuti nella circolare di Critelli. Famiglie con bambini piccoli, una donna egiziana che ha subito un aborto pochi giorni fa, un ragazzo siriano che aveva già subito 6 operazioni, persone spaesate in attesa di farsi rinnovare la permanenza nelle strutture temporanee dove sono al momento ospitati, che necessitano di medicine o semplicemente di vestiario. Nessuna risposta arriva tuttavia dal SIS, i migranti bussano alla porta ma nessuno risponde. Viene chiamata la polizia, ma la situazione resta sotto il livello di guardia. Qualcuno trova infine una sistemazione, seppure per pochi giorni.

Una volante della polizia accanto alla sede del SIS in via Renon

Una volontaria fa sapere che l’Asgi (l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione) è già stata messa al corrente di quanto sta accadendo in queste ore a Bolzano e che le persone che chiedono di prorogare la loro permanenza negli alberghi o nelle strutture provvisorie sono circa 130. “Il Servizio consulenza profughi in Alto Adige è stato delegato alla Caritas - ricorda il sindaco Renzo Caramaschi durante l’odierna conferenza stampa della giunta comunale - ma in Trentino è gestito direttamente dalla Provincia”. Il primo cittadino ha chiesto al Commissario del governo Elisabetta Margiacchi di convocare il Comitato ordine e sicurezza pubblica e un incontro, che dovrebbe svolgersi nei prossimi giorni, con l’assessora competente Martha Stocker, “ma senza la presenza del direttore Critelli - precisa Caramaschi -, il funzionario della Provincia, infatti, ha la tendenza a trovare soluzioni troppo comode e semplicistiche”. Il punto, sottolinea infatti il sindaco, è che Bolzano continua a essere sovraccaricata, non c’è equità nella distribuzione, “vorrei che ci fosse più risposta da parte dei comprensori  perché, a quanto pare, se la stanno prendendo un pò comoda. Bolzano non può continuare a essere una valvola di sfogo, parliamo di 550 profughi ‘ufficiali’ e 400 ‘fuori quota’, e pensare che in Ungheria si fanno i referendum per decidere se ospitare appena 1.300 profughi”. Nell'incontro programmato con la Provincia Caramaschi porterà anche il caso dell'ex Alimarket, il magazzino di via Gobetti individuato da Palazzo Widmann come struttura d'emergenza (di proprietà dell'imprenditore Tosolini e affittata al costo di 39.000 euro al mese), “non è idonea e manca la destinazione urbanistica per poter essere utilizzata come centro di accoglienza”, taglia corto il primo cittadino.

Da sinistra: il vicesindaco Christoph Baur e il sindaco Renzo Caramaschi

E ancora: “La Provincia prende decisioni senza avvertirci - lamenta il sindaco -, questo non è tollerabile, non minaccio nessuno ma mi aspetto che vengano presi dei provvedimenti e che vengano presi in fretta, altrimenti accadono episodi come quello di sabato ai Prati del Talvera (il riferimento è alla rissa scoppiata fra due gruppi di immigrati a colpi di coltelli, bastoni e mazze da cricket, ndr)”. Fatto che è stato immediatamente commentato dallo zelante leader della Lega Nord Matteo Salvini su Facebook: “Questi più che scappare dalla GUERRA ce la portano in casa”.

“Mi preoccupo perché il fenomeno si aggraverà - ha dichiarato infine Caramaschi -, e queste persone si riverseranno inevitabilmente nelle strade di Bolzano”. La Provincia intanto non demorde e ricorda che il numero dei cosiddetti “fuori quota” in Alto Adige supera di dieci volte il numero di coloro che si trovano nella stesa condizione in provincia di Trento. “Laddove si tratta di persone che si muovono al di fuori delle regolamentazioni statali ed europee e di situazioni che richiedono una particolare forma di protezione (ad esempio donne incinte, famiglie con bambini) l’Alto Adige ha sempre assicurato una sistemazione per un periodo transitorio e continuerà a farlo”, dicono da Palazzo Widmann. Vedere per credere.