Umwelt | Natura

Marmorata e scostumata

Come avvenne che fu persa la battaglia per la tutela dell'unica trota autoctona del Sudtirolo.

Della vicenda si parla, nei palazzi del potere, da qualche tempo, ma è venuta alla luce, in tutta la sua tragicomica verità solo l'altro giorno, quando, dopo mille esitazioni l'assessore provinciale Arnold Schuler e i suoi funzionari si sono dovuti presentare, col capo cosparso di cenere, davanti ai giornalisti e confessare che, sì, sono stati commessi gravissimi sbagli e che l'operazione "trota marmorata" deve considerarsi almeno per ora totalmente abortita.

Naturalmente nulla o quasi nulla di tutto ciò risulta dal comunicato ufficiale relativo alla conferenza stampa, ma i giornali di lingua tedesca non hanno mancato di ricostruire antefatti e retroscena di una storia tutta da raccontare.

Per capirne bene i contorni occorrono alcune informazioni di base. Nelle limpide acque dei torrenti e dei fiumi altoatesini vive una grande quantità di pesci, per la gioia degli studiosi, ma soprattutto di uno stuolo di pescatori e di buongustai. Per questi ultimi, come del resto per tutti i non addetti ai lavori, gli abitanti delle acque sono accomunati sotto la generica denominazione di trote, ma la realtà è molto più complessa e, come vedremo, a tratti anche inquietante.

Tra gli abitanti delle nostre acque in effetti le trote, appartenenti alla famiglia dei salmonidi, sono la specie più diffusa, più conosciuta, più pregiata e più pescata ma di trote, bisogna sapere, ve n'è più d'una. Nei nostri fiumi e nei nostri torrenti ne circolano non meno di quattro tipi: la marmorata, la lacustre, la fario e l'iridea. Tra questi esemplari la distinzione non è solamente dovuta alle caratteristiche genetiche come si potrebbe pensare. Tempo fa infatti gli studiosi, armati di antichi codici e documenti in pergamena, si sono industriati a capire quali fossero le specie originarie delle nostre acque e quali invece le avessero raggiunte in epoche recenti. Si è così fatta una vera e propria selezione storica, basata su documenti inoppugnabili e condotta con assoluta severità. Per ottenere l'ambito titolo di "specie autoctona" è stato necessario presentare credenziali ineccepibili. È nota la storia del salmerino alpino che credeva di poter superare una prova vantando il fatto di essere stato introdotto nelle acque altoatesine per decisione dell'imperatore Massimiliano d'Asburgo: tutto inutile, è stato respinto ed ha dovuto accontentarsi del titolo, molto meno pregiato, di specie storicamente documentata nel corso dei secoli. Da allora  pare non sia più lo stesso. Lungo infine l'elenco delle specie arrivate negli ultimi decenni e che si sono fatte largo, a forza di pinne, nell'ecosistema sudtirolese.

Per tornare ai nostri salmonidi è stata la trota marmorata l'unica ad ottenere la palma di specie autoctona, mentre tutte le altre si sono dovute accomodare fuori dalla porta. L'analisi storico scientifica ha però prodotto inquietanti risultati. Si è scoperto infatti che la "nostra" marmorata, pur essendo un bell'animale pregiato ed esteticamente inappuntabile pecca quanto a vivacità riproduttiva, lasciandosi soverchiare, tra fiumi e torrenti, dall'irruenza tipica degli immigrati di vecchia e nuova generazione. Si sa come vanno queste cose. I nuovi arrivati hanno l'arroganza di chi si sente conquistatore e il fascino dell'esotico. Sta di fatto che, una ventina d'anni or sono, fu lanciato il grido d'allarme. La marmorata sudtirolese rischiava di scomparire. Una sorta di "Todesmarsch" dei salmonidi.

Poteva restare inerte di fronte ad un simile rischio un'autonomia nata proprio per proteggere e garantire le minoranze? Giammai!

Fu varato un ambizioso programma di protezione e ripopolamento, con gran dispendio di soldi (pubblici) e impiego delle migliori risorse che l'Alto Adige potesse mettere in campo, quelle dei geniali scienziati del centro di sperimentazione di Laimburg, gente che ti trasforma una mela in una pera sotto gli occhi senza che tu nemmeno te ne accorga. Il progetto è andato avanti, accompagnato periodicamente da trionfanti comunicati dei responsabili, per molto, molto tempo. Poi, di recente, i primissimi dubbi, ai quali un'analisi condotta dai cugini del centro di ricerca di San Michele all'Adige ha dato piena conferma. Le marmorate immesse per anni e anni nei fiumi e nei torrenti altoatesini per impinguarne la popolazione erano tali solo di nome. In realtà il loro codice genetico era, per così dire, abbastanza confuso all'origine con quello delle altre specie.

Ora noi rispettosi come siamo della privacy, anche di quella dei salmonidi, non intendiamo andare a investigare su ciò che possa essere successo in una fresca mattina di primavera nelle acque profonde di un torrente della Val Passiria o in una vasca di ripopolamento della Bassa Atesina. Sono cose private, ma è chiaro che la natura ha fatto il suo corso e che la nostra marmorata ha dimenticato i doveri di fedeltà alla stirpe di fronte all'esuberanza di qualche nuovo arrivato.

Così il povero assessore ha dovuto piegare il capo di fronte alla "debacle" genetica. Dopo aver ammesso la disfatta ha garantito però che la battaglia continuerà, con  maggior rigore, sorvegliando probabilmente in maniera ferrea il comportamento di quelle pochissime trote marmorate che ancora possono fregiarsi delle caratteristiche della specie e sulle quali si conta per il futuro. È un impegno solenne e non possiamo non tenerne conto, però...

Però ieri, tornando a casa, mi sono fermato, come spesso accade, ad osservare lo scorrere dell'acqua da una delle passerelle che si affacciano sulla Talvera. In una buca piuttosto profonda ho visto radunati diversi pesci. C'erano le trote, la marmorata, la fario, l'iridea. C'era persino il povero salmerino alpino. Ebbene, voi potete non crederci, ma io ve lo giuro: ridevano.