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Transformer

La storia di un fumettista che nacque due volte.
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Foto: Oblomov Edizioni

Dopo Born to losee Play with Fire, è uscito, per Oblomov Edizioni, Transformer, l’ultima graphic novel di Nicoz Balboa. Le tavole – bellissimi acquerelli con colori sgargianti che non hanno paura di mostrare una vasta scala di sentimenti – formano un fumettodiario: esattamente come per i primi due volumi, si accompagna Nicoz Balboa in un percorso esistenziale e sperimentale che, in questo caso, vede l’autore intraprendere la strada della transizione di genere.

Se nel volume precedente, il fumettista iniziava a immaginare di abitare un corpo maschile, in Transformer l’esperienza non è più un esercizio di fantasia ma diventa la decisione di attuare una trasformazione. Il cambiamento fisico dell’autore-protagonista va di pari passo con la ricerca strettamente emotiva di far rispecchiare la propria immagine con l’identità; come se fosse puzzle, Nicoz deve mettere insieme pezzi di sé che per lungo tempo non si riuscivano a incastrare. La volontà di autodeterminarsi riesce così ad arginare tutta quella vulnerabilità inevitabile se la posta in gioco è trovare la forza di riconoscersi e farsi conoscere dagli altri per quello che realmente si è. La voglia di far coincidere cosa si è con come si appare si scontra con un passato segnato da un evento strettamente legato al genere: la maternità. È la scena che racconta il primo appuntamento con la consulente che si occupa di transidentità la più esplicativa a riguardo: in un motto di coraggio e disperazione vediamo un Nicoz con i capelli ancora lunghi affermare: “Sono trans ma non voglio che mia figlia rimanga senza madre!!!”.

 

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Sebbene la scelta del protagonista sia accolta con immediata semplicità dalla figlia Mimmi capace di non mettere in discussione il rapporto materno – “E poi sarò sempre la tua mamma” “O il mio mamma!!” –, il legame madre-figlia è una delle chiavi di lettura più emblematiche per provare a capire cosa significhi decidere di iniziare una transizione di genere. Nicoz racconta come, oltre a confrontarsi con la rappresentazione che si ha di sé stessi, sia inevitabile fare i conti con il modo in cui le persone vicine sono abituate a pensarci oltre che a conoscerci. Mettendo temporaneamente in pausa ogni sovrastruttura ideologica, si può provare a immedesimarsi nei panni di un genitore transgender che si trova costretto a gestire una domanda che assomiglia a una sentenza: “Ma non pensi a tua figlia?”. Tale interrogativo esclude che la costruzione di sé sia qualcosa che molto ha a che fare con gli affetti vicini, annulla la complessità del rapporto disarmonico tra scelta e genere assegnato alla nascita e rifiuta lo scenario per cui “le parole ‘madre’ o ‘padre’ non cambiano nulla all’amore che si ha per unə figliə”.

Il legame madre-figlia è una delle chiavi di lettura più emblematiche per provare a capire cosa significhi decidere di iniziare una transizione di genere.

Quello della transizione di genere è un tema che si intreccia non solo con la ricerca della propria identità in termini emotivi e psicologici, ma anche medici. La questione del superamento di un eventuale limite delle tecnologie farmacologiche e chirurgiche è qualcosa di attuale in uno scenario contemporaneo dove i processi di modificazione del corpo rispondono spesso a nuove forme di dominazione paradossalmente scelte. È lecito domandarsi quale sia il rischio di una progressiva estensione del dominio, dell’influenza e della supervisione della medicina su aspetti della vita come può essere l’identità di genere ed è anche concesso chiedersi se non sia urgente prendere le distanze dalla moderna hybris sanitaria. Eppure questi dubbi sembrano esaurirsi se si pensa che quello dell’identità è un percorso così intimo, così ricco, così fondamentale da non poter far rientrare in confini prettamente ideologici. Nicoz Balboa in Transformer è bravo a ricordare sempre che il desiderio di affermarsi passa attraverso dolore e disagi, paura e consapevolezza che nulla hanno a che fare con la volontà di trattare il proprio corpo come se fosse una macchina. Per riassumere in poche parole Transformer, si potrebbe dire che è la storia di Nicoz che nacque due volte.

 

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