Gesellschaft | Storie

“Perché non sono come gli altri?”

Cosa significa avere l’Adhd, la sindrome da deficit di attenzione e iperattività. Il racconto di due mamme e il confronto con un sistema “impreparato”, a Bolzano.
150902165535-adhd-diagnosis-examined-full-169.jpg
Foto: upi

Si chiama Adhd (Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder) ed è una sigla che sta diventando piuttosto familiare anche in Alto Adige. Si tratta della sindrome da deficit di attenzione e iperattività, considerata da molti geneticamente determinata, eppure non semplice da diagnosticare. Tanto più che, secondo quanto riportato qualche anno fa dal settimanale tedesco Der Spiegel, l’inventore di questo disturbo neuro-comportamentale, lo psichiatra americano Leon Eisenberg, in punto di morte avrebbe etichettato l'Adhd come “malattia fittizia”. Il disagio e la sofferenza, va da sé, sono tuttavia tangibili.

E proprio in Provincia di Bolzano la Sovrintendenza scolastica ha deciso di aprire uno sportello di supporto per le famiglie. Secondo le stime relative al 2016/17 il numero di alunni iperattivi delle scuole di lingua italiana non è trascurabile, sono infatti 344 (2,25%). Fra questi c'è anche Diego (nome di fantasia), un bambino di 11 anni con un lieve deficit cognitivo, a cui è stato diagnosticato l’Adhd, e disturbi vari, come quello dell’umore, quello oppositivo provocatorio e quello del linguaggio. Diego è anche epilettico ed “essendoci quindi tutta una serie di criticità anche individuare la corretta terapia farmacologica costituisce un problema - racconta la madre, Francesca (nome di fantasia) -, 4 anni fa mi sono dovuta rivolgere all’ospedale infantile Burlo Garofolo di Trieste per una valutazione, perché a Bolzano, vista la complessità della situazione, i medici non sapevano cosa fare”.

"Diventava autolesionista, violento, in quei momenti sviluppa una forza incredibile, e nel giro di due giorni sono finita due volte al pronto soccorso"

Le crisi del bambino erano ingestibili, “diventava autolesionista, violento, in quei momenti sviluppa una forza incredibile, e nel giro di due giorni sono finita due volte al pronto soccorso”. Poi sono cominciate le allucinazioni. “All’inizio non ci badavo, ho pensato al classico amico immaginario finché però a un certo punto non ha suggerito a Diego di lanciarsi dal balcone”. Viene avviato il trattamento farmacologico, a base di psicostimolanti. E gli effetti collaterali? “Il Risperidone, per esempio - sottolinea Francesca - può provocare problemi al fegato o di iperprolattinemia ma con costanti esami del sangue abbiamo tenuto tutto sotto controllo. Il fatto è che senza questo tipo di farmaci la situazione diventa disastrosa, e con la pre-pubertà è peggiorata ancora, sono ricominciate le crisi violente, i calci, i pugni, i morsi. Lui è consapevole che in quel determinato momento mi sta facendo del male ma non riesce a fermarsi, dopodiché subentrano i sensi di colpa, le scuse. A volte perde la cognizione del tempo e del luogo e rimuove quello che succede. Una volta si è scagliato sul cugino, non riuscivamo a contenerlo, abbiamo dovuto chiamare il 118 e l'hanno sedato. Mi creda, le ho provate tutte, ma la psicoterapia da sola non basta in presenza di problemi comportamentali così acuti”.

Francesca si è separata dal marito a cui è stata tolta la patria potestà, “è sparito da due anni - dice -, non sappiamo che fine abbia fatto, è stato anche denunciato per abbandono del figlio che peraltro non ha mai contribuito a mantenere”. Lei stessa è stata denunciata dall’ex marito che l’aveva accusata di picchiare il bambino, “tutte falsità, ho affrontato un processo penale che è durato 3 anni, ma ne sono uscita pulita”.

Da 5 anni Diego frequenta il Punto Liberatutti, un centro socio-pedagogico dove tutti i giorni, dopo la scuola (ha iniziato la prima elementare a 7 anni, dopo un rinvio scolastico), alterna momenti di studio e gioco, partecipa ad attività sportive, va in gita. “È cambiato molto da quando lo porto in questo centro, ma ne ho dovute passare molte, non è semplice per nessun genitore accettare che il proprio figlio abbia dei problemi, senza contare le mamme che giudicano, che proibiscono ai loro figli di giocare con il mio”, afferma con amarezza Francesca che non risparmia critiche al Servizio psichiatrico bolzanino.

"Sono stata accusata di essere incapace di crescere mio figlio perché sono obesa, e quindi causa del disagio del bambino"

“Mi è stato detto da una nota psichiatra che se Diego si comporta in quel modo non c'entra l'Adhd, è solo colpa dell'ambiente famigliare in cui vive, che sicuramente avrà il suo peso, intendiamoci, ma che non può essere l’unica spiegazione. Sono stata accusata di essere incapace di crescere mio figlio perché sono obesa, e quindi causa del disagio del bambino, che comunque, mi diceva l'esperta, finirà in galera come un delinquente. Volevano perfino rinchiuderlo in un istituto psichiatrico”.

Una vicenda simile è quella che racconta Sofia (nome di fantasia), che insieme a Francesca fa parte di un comitato di genitori che hanno figli affetti da Adhd, una quarantina di membri in tutto. Sofia è mamma di un bimbo di 6 anni (che non segue alcuna terapia farmacologica) con alle spalle, anche in questo caso, una storia di abusi da parte dell’ex marito.

Quando il piccolo ha una crisi in casa vola di tutto, oggetti e parolacce, “‘voglio morire’, mi dice, ‘aiutami’, ‘lasciami stare’, mi chiede ‘perché non sono come gli altri?’, ecco, io credo che la famiglia vada aiutata e non condannata, anche sulla sindrome dell'Adhd finora ci siamo dovuti informare da noi, nessuno specialista che segue mio figlio mi aveva mai detto, per esempio, che esiste un servizio di parent training”. O di teacher training visto che Sofia è anche insegnante e ha avuto a che fare con dei bambini iperattivi e con deficit dell'attenzione, “casi disperati, alcuni, incontenibili, violenti - riferisce Sofia -, io dico che servono insegnanti formati e preparati, serve un team, serve che ragazzi più grandi, che hanno lo stesso disturbo e che con l’età compensano questo disagio, possano confrontarsi con i più piccoli, aiutarli a superare quei momenti terribili, serve partecipazione, attenzione, perché fino ad ora, ahimé, siamo stati lasciati completamente soli”.