Gesellschaft | L'intervista

“Serve una riforma profonda”

Il presidente del CONI Giovanni Malagò sull’incandescente questione della FIGC e del calcio italiano, i grillini e le Olimpiadi, e il burrascoso caso Schwazer.
Malagò, Giovanni
Foto: Salto.bz

salto.bz: Presidente Malagò, dopo la clamorosa esclusione della Nazionale italiana dai prossimi mondiali di calcio Carlo Tavecchio alla fine ha evidentemente seguito il suo consiglio e si è dimesso da presidente della FIGC. Ora è anche accusato di molestie sessuali da una dirigente federale. Riabilitare il sistema calcistico italiano diventa un’azione eroica, a questo punto?

Giovanni Malagò: Ho ritenuto indispensabile dare un segnale di politica sportiva molto chiaro su questo argomento. Non si può essere ambigui in una contingenza del genere, non si può ricorrere alla diplomazia come magari è possibile fare in altre circostanze. Ora bisogna tenere il timone ben fermo perché il passo successivo è una svolta. Detto questo c’è una questione che è bene non trascurare.

Ovvero?

È sbagliato pensare che le dimissioni di un presidente federale possano automaticamente comportare la risoluzione del problema relativo al calcio italiano. Certo, si possono dare giudizi sul singolo che però sono spesso soggettivi rispetto a una valutazione completa, perché molti particolari, fatta eccezione per gli addetti ai lavori, non si conoscono. Il punto è che vanno ristrutturate profondamente le varie componenti del sistema. 

E questo in che modo deve avvenire, a suo parere?

Con un commissariamento di ampi poteri, e di lunga durata, si abbasserebbero innanzitutto le roventi temperature che ci sono in questo momento, e sarebbe un atto doveroso. A questo punto si creano probabilmente i presupposti per cui una persona che oggi non è disposta a farsi triturare da questa follia rappresentata dalle note dinamiche elettorali ci possa mettere la faccia e dare vita a una nuova era. Se ne riparlerà l’11 dicembre perché altrimenti, prima di allora, ci farebbero ricorso al Tar.

Circola già qualche nome sia per l’eventuale commissario che per la panchina dell’Italia?

Posso solo dire che sia in termini dirigenziali che per quel che riguarda gli allenatori la situazione attuale dà modo a tutti i potenziali candidati di riflettere ulteriormente sull'ipotesi di entrare o meno “nella mischia”.

"È sbagliato pensare che le dimissioni di un presidente federale possano automaticamente comportare la risoluzione del problema relativo al calcio italiano"

Ma per quale motivo gli ex calciatori non vengono considerati a livello federale?

Vede, lo stesso discorso si potrebbe replicare per altre federazioni. Alcune vanno molto bene e non hanno ex atleti ai loro vertici, altre possono aver fatto meno bene con sportivi di professione nei ruoli apicali. Non c’è insomma una regola assoluta in questo senso. Anche il nome migliore deve comunque avere il consenso dalla base e questo non è detto che avvenga. Un grande atleta, poniamo il caso, gode di prestigio e di immagine però magari non è preparato, oppure lo è ma non riesce a trasmettere la sua esperienza e quindi viene a mancare la fiducia. Le competizioni elettorali sono molto complesse, per certi versi è come vincere un campionato del mondo, perché si tratta di dedicare tempo, energie e risorse a portare avanti un nome, una squadra, un progetto. Se viene dato per scontato che tutto questo succeda automaticamente allora siamo fuori pista. 

Come spiega il fatto che i giovani talenti calcistici italiani non siano valorizzati a dovere? Nel circuito manca un’efficace politica giovanile che porti potenzialmente benefici anche alla Nazionale? 

Ci sono dei paesi in cui i campionati sono formidabili, l’Inghilterra per esempio, dove al contrario da diversi decenni la Nazionale non è all’altezza delle aspettative. Ci sono nuove generazioni che si affacciano, il fatto che non si punti su di loro a sufficienza dipende anche da un problema di natura culturale, occorre inoltre trasferire alle società della serie A qualche piccola indicazione che consenta, tramite i loro tecnici, di dare più fiducia ai giocatori italiani. 

Passando oltre, come giudica il fatto che il Movimento 5 stelle che a Roma ha fortemente osteggiato la candidatura della capitale ai Giochi olimpici estivi del 2024 ora caldeggi, con la giunta Appendino, quella di Torino alle Olimpiadi invernali del 2026?

Credo che quella di Roma sia stata una mossa auto-lesionistica. Ospitare una manifestazione del genere non è solo una speranza del settore sportivo e degli atleti, bensì rappresenta una delle poche certezze occupazionali ed è quindi auspicabile anche in termini di ricaduta sociale e di questo se ne sono rese conto anche le persone che avevano espresso pregiudizi in merito. Queste persone le ho sempre rispettate, ma il mondo dello sport non lo è stato. C’è un’immagine che uso spesso perché ritengo molto esplicativa dal punto di vista pratico, ed è quella di un tavolo a tre gambe che devono essere montate, pesare ed essere alte allo stesso modo e che rappresentano il Governo, gli enti locali e il Comitato olimpico. Posto che questi due ultimi organi siano d’accordo, qualsiasi ipotesi di candidatura deve passare anche per l’esecutivo. Bisognerà aspettare le elezioni politiche di marzo per interpellare chi arriverà e sapere cosa pensa riguardo l’ipotesi Torino.

"Sono un funzionario pubblico e rappresento anche il movimento olimpico nazionale, perciò non posso, non voglio e non devo aggiungere nulla a quello che è già noto, perché mi ritroverei assolutamente in fuorigioco"

Parliamo di doping, la presenza di sostanze illecite nello sport è indubitabilmente concreta come dimostrano anche gli arcinoti casi altoatesini di Taschler e Schwazer. Qual è tuttavia la sua opinione sulla “scomunica” del marciatore di Racines dopo la seconda positività riscontrata nel 2016, anche in base agli ultimi sviluppi sull'analisi delle famigerate provette?

Posso parlare “purtroppo” nell’unico contesto che il mio ruolo mi consente, sono un funzionario pubblico e rappresento anche il movimento olimpico nazionale, perciò non posso, non voglio e non devo aggiungere nulla a quello che è già noto, perché mi ritroverei assolutamente in fuorigioco. Le mie considerazioni naturalmente le faccio anche se non pubblicamente, non posso infatti commentare sentenze né di fronte a casi di assoluzione né a quelli di condanna. Non posso entrare nelle varie vicende processuali nell’ambito della giustizia sportiva o di quella ordinaria. Del resto una volta per aver manifestato la mia solidarietà e il mio affetto nei confronti di Carolina Kostner sul caso in questione ho avuto sì grandi consensi dall’opinione pubblica ma di contro è stata espressa rimostranza da quelli che sono i miei interlocutori sovranazionali sulla materia del doping. 

Persiste una certa omertà sull’argomento...

Non mi faccia aggiungere altro.