Kultur | Il progetto

Polo bibliotecario: critiche consentite?

Scrivere del polo bibliotecario è come avventurarsi in un deserto senza avere una goccia d’acqua con sé ma comunque adesso ho deciso di dire la mia su quest'opera.
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Le premesse necessarie

Debbo fare delle necessarie premesse. Non entro nel merito della vicenda travagliata, diciamo non propriamente trasparente su come si è arrivati al progetto che, pare, s’intenda realizzare. Preciso subito una cosa, altrimenti rischio di trovarmi addosso marchi di ogni genere (che di certo mi verranno affibbiati a prescindere). Il tema non è il polo in quanto tale, ma dove si vuole realizzarlo. Roba vecchia, superata, si dirà. Mi permetto di affermare: mica tanto. E’ una questione di coerenza, di storia cittadina e di cosa, in poche parole, si vuole fare e di cosa si sta facendo di questa città.

E’ proprio la recente cronaca locale ad avermi indotto a mettere nero su bianco quanto scriverò pur da perfetto cittadino “troglodita dell’architettura” come sarò visto da molti esponenti del settore e, ci scommetterei, da saccenti commentatori.

La Fondazione Architettura A.A. di recente ha dedicato un approfondimento dettagliato sul progetto del polo bibliotecario, che se da una parte ricostruisce la vicenda, dall’altra colleziona un po’ di contraddizioni su cui però preferisco non addentrarmi per evitare di perdere il filo di questo intervento.

Debbo dire che la cosa è divenuta di stringente attualità visto quanto letto il 7 gennaio ’16 sul Corriere dell’Alto Adige. Il che rientra in quella “comunicazione – non comunicazione” che ho notato negli ultimi anni, con notizie centellinate, date fuori col contagocce e molto “caute”, quasi a temere un nuovo dibattito pubblico sul tema.

L’Hotel Cristallo: da rivalutare in futuro oppure una “porcheria”?

Parto da quella che è stato circa due anni e mezzo fa l’evento che ha posto al centro l’ex Hotel Cristallo in Val d’Ultimo. Leggo: “«L’idea di fondo - dicono gli organizzatori - è quella di cercare di coinvolgere tutte le teste creative dell'Alto Adige a partecipare in qualche modo a questo avvenimento che dovrebbe dimostrare alla proprietaria che siamo in tanti a credere in un futuro migliore per questo testimone di cultura architettonica…” L’evento fu anche criticato aspramente ma su quella critica ci tornerò su più in avanti. E qui il mio primo sobbalzo visto che Giò Ponti si conduce al razionalismo italiano. Scrissi alla Fondazione Architettura Alto Adige indicando un po’ la contraddizione che c’era fra cercare di tutelare quell’edificio ma non il complesso ex Pascoli-Longon. In sintesi mi fu risposto che ci avrebbero pensato… da allora più nulla. Non mi meravigliai più di tanto visti certi interessi in gioco.

I sobbalzi sulla sedia recentemente sono stati, infatti, parecchi.

La mostra della Fabbrica del Tempo e la ristrutturazione del Lido

La Fabbrica del Tempo ha organizzato una mostra all’università di Bolzano, a cui sono stati dedicati forbiti commenti e considerazioni, che ho visitato e che mi ha letteralmente coinvolto. Non so quanti/e bolzanini/e lo abbiano fatto, ma chi non vi si è recato ha perso qualcosa e il libro che è stato stampato per l’occasione fa rivivere ciò che è stato il rapidissimo sviluppo della città e facendo cambiare radicalmente aspetto alla conca bolzanina (m’è rimasto impresso il grande maso che fu poi abbattuto per far posto all’attuale piazza Mazzini). Epoca travagliata, anche di dolore per coloro che persero le proprietà, in un’epoca dove la democrazia era ancora ben lontana. Ma da quella mostra ci si rende conto anche di come qui a Bolzano si viva anche in una sorta di museo a cielo aperto, almeno così mi permetto di considerarlo.

Infine il recente grande interesse dei media per la ristrutturazione del Lido, pure questo dell’epoca razionalista. Bello ma ...

La coerenza…

La mia domanda arriva ora, ma dov’è la coerenza fra quanto sopra scritto e il futuro quasi totale abbattimento del complesso ex Pascoli-Longon? Se è d’epoca razionalista dell’architetto Pellizzari, come mai questo futuro di demolizione rispetto alle altre iniziative di cui ho accennato sopra?

Scrivo quasi poiché si manterrà una parte dell’edificio in quello che, per me, rientra nella categoria “Peso el tacòn del buso” a seguito del ben noto compromesso come fu fatto allora in salsa bolzanina-provinciale non può che essere tale.

Si faccia la prova sul posto e non davanti a modellini o disegni. Ci si metta davanti alla scalinata dell’ex Pascoli e s’immagini quello che si intede fare, vale a dire mantenere il lato di via Combattenti, l’edificio centrale, ma senza il lato di via Longon: per me semplicemente inguardabile. Curioso che i vicini non abbiano mai avuto nulla da dire.

Il “delitto architettonico” dell’ex palazzo del turismo - cinema Corso

Come lo fu quella dell’abbattimento dell’ex cinema Corso per il quale ci fu quella “geniale” decisione di vendere l’edificio da parte dell’Azienda di Soggiorno (solo una persona si oppose a quella vendita nella riunione del CdA e fu mio padre che era evidentemente di visoni ben più lungimiranti). Oggi molti piangono per quell’abbattimento ma lo si fa “sul latte versato”, anche se certo era un’altra epoca con contrasti e conflitti per gran parte sopiti, ma le foto della mostra della Fabbrica del Tempo riacuiscono quella ferita. Ancora di più quando si pensa che al suo posto è sorto un anonimo palazzo d’uffici oggi, beffa del destino, da tempo per gran parte vuoto.

Riporto la critica fatta all’epoca sull’evento all’Hotel Cristallo per intero:

Due cose sull’”Hotel Paradiso” vale la pena ricordarle, sperando che se ne ricordino anche gli architetti che hanno organizzato l’evento di oggi in Val Martello. Il progetto di Ponti è culturalmente (e anche finanziariamemente) figlio del Ventennio, in identica misura della buona architettura del Ventennio e della pessima ideologia del Ventennio. È sciocco considerarlo una semplice testimonianza di cultura architettonica in stato di deprecabile e inspiegabile abbandono. L’albergo di Ponti ha nell’”alterità” il proprio elemento caratterizzante. Alterità rispetto all’architettura alpina tradizionale e alla cultura che la esprime , in primo luogo, ma anche alterità, o forse sarebbe meglio dire totale disprezzo, dell’ambiente circostante. Quell’albergo nasce come atto (cosciente) di prevaricazione culturale e di “imperialismo” architettonico e da ciò attinge la propria forza. Oppure, più semplicemente, l’Hotel “Paradiso” è l’espressione della raffinata cultura urbana e borghese - anzi metropolitana e milanese , che è qualcosa di più e di diverso - del suo progettista. Questa cultura con Giò Ponti sale a 2610 metri di quota , dove non c’entra nulla, e si pianta in mezzo a un bosco. Esibizione muscolare e classista di italica modernità rivolta ai rudi villici venostani e al mondo. Uno sfregio di qualità (per quanto di qualità mediocre, tra i lavori di Ponti), ma pur sempre uno sfregio. Dopo ottant’anni cosa resta di quello sfregio? Sul piano culturale la ferita è rimarginata. Mussolini è caduto da un pezzo e il tempo ci ha insegnato che “per non dimenticare” bisogna conservare, abbandonando ogni furia iconoclasta. Sul piano ambientale l’hotel invece era e resta un’autentica porcheria. Lo era nel 1935 e lo è anche oggi. Va ricordato. Soprattutto agli architetti della Fondazione che, bontà loro, amano ritagliarsi il ruolo di interpreti unici della Modernità e della Bellezza. Non sempre a ragione.

La frase che ho evidenziato in neretto mi sembra si possa parimenti trasferire a quello che succederà al complesso ex Pascoli-Longon.

Bolzano sa salvare solo… un ponte?

C’è un anniversario che altrettanto mi ha fatto riflettere, cioè i 25 anni dalla riapertura di ponte Talvera. Cosa c’entra il ponte Talvera in tutto quanto ho scritto prima? C’entra in modo indiretto perché lì la città (o almeno parte di essa) si oppose ai progetti di abbattimento nonostante progetti avanzati ed appalti indetti. Ci si riuscì.

Non ci sono riusciti invece analoghi movimenti per il complesso ex Pascoli-Longon perché il polo nel corso degli anni è stato trasformato in una sorta di totem intoccabile. Criticare il luogo dove sorgerà vale come macchiarsi di una pena indelebile che lascia segnati per l’eternità ma non se ne comprende il motivo visto che ai cittadini sarà ben possibile prendere posizione contraria, o no? (relativamente al progetto...)

Una città che quindi sa salvare solo un ponte ma non altro di un’eredità architettonica discutibile sì, ma oggi riconosciuta come patrimonio cittadino, dalla “furia iconoclasta” di cui al precedente commento? “Furia” citata pure nel recente ed accorato intervento dell’arch. Zamperetti pubblicato da salto.bz e pure dall’Alto Adige (“Le Pascoli vanno conservate”, in prima e poi all’interno) Ma pure certi atteggiamenti come piangere sui vigneti d’inizio secolo mi sembra altrettanto discutibile, se non senile, soprattutto se se ne fa tuttora un uso strumentale politico strisciante e subdolo del tutto antipatico.

Una consultazione popolare per un progetto veramente condiviso?

Concludo evidenziando un ulteriore nuovo fattore, cioè il ricorso al referendum. Pure qui qualcuno dirà: ma cosa c’entra il referendum? A dire il vero qualcosa c’entra, eccome. L’attuale Landeshauptmann ha deciso per una consultazione popolare per l’aeroporto e pare ci si arriverà anche per il progetto Benko. Mi chiedo allora perché non lo si possa fare per il complesso ex Pascoli-Longon (con lo stesso criterio si sarebbe dovuto pure fare un referendum su di un altro polo, quello tecnologico) che, forse è bene ricordarlo, in un sondaggio fatto durante l'ultima campagna elettorale, riscosse solo l’1% di preferenze assieme all’ultimo posto delle priorità della città. Un dato che avrebbe meritato di essere analizzato ma non lo si è fatto. Motivo però più che sufficiente per interrogare la popolazione, o no? Ripeto, sul progetto architettonico, sia ben chiaro!

Mi auguro che ci si rifletta perché l’effetto piagnisteo-dopo-il-latte-versato bolzanino tipo ex Corso è dietro l’angolo alla prima ruspa che inizierà l’abbattimento e poi sarà comunque troppo tardi.

L’ex Gil come esempio da seguire

Ma che si possa fare altrimenti lo dimostra l’ex Gil di ponte Druso. Lì si è recuperato un vecchio edifico in stile razionalista, anche se le discussioni sul risultato finale sono di varia natura fra approvazione e riprovazione. In poche parole, “si può o si potrebbe fare”. Ma si avrà il coraggio di ripensarci e di coinvolgere la popolazione? Rimango scettico visto che il “totem” accennato in apertura pare assai duro da scalfire.

P.S.

Un post scritptum appare d’uopo. Se lì deve essere comunque e in ogni caso realizzato il polo bibliotecario, perché non si cambia progetto e si inserisce la clausola di mantenimento dell’attuale struttura, quella che mancò nel concorso indetto e quindi il “peccato originale” sta proprio lì e fino ad oggi non se ne comprende il motivo. Iniziare da capo? Immagino già le grida all’ennesimo ritardo, ma il progetto che si vuole realizzare non ha ormai accumulato ritardi colossali oltre al disinteresse che la biblioteca civica ha avuto per decenni? Forse poi non sarebbe nemmeno necessario, basterebbe poi prendere quel progetto che era stato classificato secondo ex aequo oppure quello che prevedeva la sopraelevazione dell’attuale struttura con costi dimezzati. Ma forse il tutto sarebbe “troppo semplice”… ma si sa che se c’è la volontà politica, le cose si possono fare anche in breve tempo. In caso contrario... beh, fate vobis.

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Albert Hofer So., 10.01.2016 - 15:00

Hinweis: Mit "l’ex Hotel Cristallo in Val d’Ultimo" ist wohl "l'ex Hotel Paradiso in Val Martello" gemeint.

Zwei Gedanken zum Text:

1) Nicht jedes architektonische Objekt kann und muss erhalten werden. Aus Bemühungen um die Unterschutzstellung eines Werks des Rationalismus (Ex-Paradiso in Martell) kann doch nicht ernsthaft gefolgert werden, dass jedes einzelne rationalistische Bauwerk Italiens auf alle Zeiten unberührt überdauern darf. Denkmalschutz ist ein heikler Akt: Einerseits soll er wichtiges Kulturgut erhalten, andererseits kann eine komplette Musealisierung des Landstrichs auch nicht das große Endziel sein. Letztlich muss halt eine Auswahl getroffen werden. Ich bin auch kein Architekturexperte, aber ich meine mich an diverse Gutachten erinnern zu können, die der Ex-Pascoli-Longon keinen besonderen architektonischen Wert zugestehen. Das könnte (ich weiß es ehrlich gesagt nicht) beim Ex-Paradiso anders sein. Sind diese zwei Argumente wirklich so schwer nachzuvollziehen? Dass a) nicht alles überall immer erhalten werden muss und b) manche Bauten einfach aus diversen Überlegungen erhaltenswerter sein können als andere?

2) Der Autor rätselt ja darüber, wieso die Rettung der Talferbrücke einst so großen Zuspruch erhalten konnte, die Bewegung zur Rettung der Ex-Pascoli-Longon hingegen relativ isoliert und wenig breitenwirksam geblieben ist. Meine Theorie dazu: Es wurden riesige taktische Fehler gemacht. Von Beginn an wurde die Ablehnung des Abrisses in den üblichen Diskurs deutsch-italienischer Konflikte gestellt. Der meist dezente Unterton, manchmal aber auch direkt herausgebrüllte Vorwurf war leider viel zu oft: Diese schrecklichen, üblen, bösen Deutschen wollen unser geheiligtes italienisches Kulturgut zerstören. Als konkretes Beispiel muss man doch nur diesen Beitrag betrachten: https://www.salto.bz/it/article/15102015/no-alle-procedure-demolitrici-… Dort entblödet sich der Autor, das Projekt als "politica etnica - discriminante – ultratedesca" zu bezeichnen. Ganz ehrlich: Zu solchen Leuten möchte ich mich, auch wenn mir die Schule erhaltenswert schiene, niemals öffentlich ins Bett legen. Diese groteske ethnische Anheizerei, flankiert von Stellungsnahmen des rechten italienischen Parteienspektrums, hat das Thema in breiten Bevölkerungsschichten leider unmöglich gemacht.

So., 10.01.2016 - 15:00 Permalink
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Michele De Luca Mo., 11.01.2016 - 01:19

Antwort auf von Albert Hofer

Beim Punkt 1 kann ich nur sagen, dass es selbstverständlich sehr unterschiedliche Meinungen geben kann, über was man erhalten sollte und was nicht. Ich bemerke nur, dass kürzlich diese Bauten eher erhalten bzw. saniert werden als abgerissen. Bei den Gutachten die erstellt wurden, da war ich und bin ich eher ziemlich perplex. Meiner Meinung nach hätte man das Gebäude im Rahmen des gesamten Stadtviertels betrachten sollen. also im architektonischen Ensemble. Das ist auch nicht passiert, aber ich fürchte, dass die Pläne zu diesem Areal bereits vor vielen Jahren geschmiedet wurden. Man hat dann "nur" gesorgt, dass es zu einem totalen Abriss im Voraus bereits geplant wurde. Das sind nur meine Vermutungen, die falsch liegen könnten, aber... man hatte bei dem Wettbewerb mit sehr "low profile" gearbeitet. Dass nur nach Abschluss des Wettbewerbs auf eine heftige Kritik gestoßen ist, war dann die (fast) logische Konsequenz. Und vor ca. 15 Jahren war der Abriss des ehem. Corso-Kinos noch sehr präsent.
Bei Punkt 2 kann ich Ihre Meinung nur teilen. Es wurden tatsächlich riesige - auch von politischer Seite - Fehler gemacht. Es wurden keine gerichtliche Schritte unternommen (und dass ist sehr, aber sehr eigenartig wenn man bedenkt, das beim Verwaltungsgericht gegen fast alles Rekurs eingelegt wird...). und - leider - wurde (und wird noch) dies als ethnischen Affront von vielen betrachtet. Gerade diese Überlegung hätte damals (aber auch heute) zu viel mehr Vorsicht und Fingerspitzengefühl führen sollen. Die von Ihnen zitierte Stellungnahme ist - mit Ausnahme der architektonischen Überlegungen - selbstverständlich sehr kritisch anzusehen, aber diese sind noch heute die Gefühle, die bei einigen das ganze Unternehmen "Bibliothekenzentrum" weckt.
Demzufolge, nach über 15 Jahren, hätte man besser das ganze Thema wieder überdenken sollen (was vielleicht auch zu Ersparnissen bei den gewaltigen 60 Mio. Euro Bauarbeiten-Kosten führen könnte, tut sicherlich gut, da das ganze nicht mit Eigenmitteln des Landesetat sondern mit einem Darlehen finanziert wird). Wie ich geschrieben hatte, war der riesige Fehler bei dem Wettbewerb die Nicht-Erhaltung des alten Komplex gewesen. Das zweit-platzierte Projekt wäre - und ist meines Erachtens nach noch heute - die beste Lösung bzw. der beste Kompromiss, wie bereits der Umbau des ehem. Gil-Komplexes bestätigen kann und heute die Sanierung des "Lido".
Mir scheint aber, dass heute dies alles sehr passiv empfunden wird, aber die Gemüter werden sich beim Anfang des Abrisses 2017 wieder - man kann dies leicht voraussehen - sehr erhitzen und zu weiterem sog. Unbehagen führen. Das sollte man aber unbedingt vermeiden. Wie? Die ganze bürokratische Prozedur momentan stoppen und Alternativen - die bereits zur Verfügung stehen - wieder bewerten, aber diesmal mit öffentlicher Partizipation, ggf. auch mittels ein Referendum.

Mo., 11.01.2016 - 01:19 Permalink
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paolo zucconi Di., 12.01.2016 - 08:06

Inoltro a commento di questo articolo la mia opinione espressa a proposito dell'appello lanciato da Zamperetti:

Sono convinto che la partecipazione dei cittadini alle trasformazioni urbane sia un segnale positivo, tuttavia nel caso specifico ho un'opinione diversa dalla sua.
L'edificio in questione, a differenza del cinema corso e dell'ex-GIL, oltre alla facciata tonda, non presenta partcolarità architettoniche, si tratta di un edificio scolastico, caratterizzato da corridoi, aule tutte uguali e infilate di finestre ripetute serialmente. In questo senso lo spirito del progetto vincitore mantiene intatta la partre architettoniocamente significante (la facciata tonda e parte della facciata su via combattenti) e modifica le restanti parti.
Inoltre, a differenza del cinema corso abbattuto completamente e trasformato in edificio per uffici, la nuova funzione rappresenta un arricchimento culturale per il quartiere e per la città intera. Per questi motivi da abitante del quartiere, cittadino e da architetto sono a favore del progetto di trasformazione dell'ex Pascoli.

Di., 12.01.2016 - 08:06 Permalink