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Gesellschaft | Il ricordo

Parola di Maestro

Don Milani è ormai un classico della cultura italiana del Novecento. Rileggerlo aiuta a trovare forza e ispirazione per affrontare le sfide di oggi.
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Don Milani
Foto: donlorenzomilani.it
  • I veri Maestri, a qualsiasi campo appartengano, hanno qualcosa da dire a tutti. Le loro riflessioni partono dal mestiere, dall’arte in cui sono maestri, per raggiungere un grado di profondità che trascende i confini delle specializzazioni e dei generi. Una piccola osservazione contenuta nella corrispondenza tra il Maestro Carlos Kleiber, una delle figure più prestigiose del mondo della musica del Novecento, e la moglie del Maestro Muti, Cristina, mi dà conferma di questa verità. Kleiber scrive (la lettera è datata 7 luglio 2003): “Qual è la differenza tra un buon musicista e un cattivo musicista? Dal cattivo musicista si può sempre imparare come non si fa. Dal buon musicista non si può mai imparare come si fa”. 

    Carlos Kleiber è una di quelle figure che si incontrano forse in tutti gli ambiti: il grande maestro che sfugge alle luci della ribalta, apprezzato e venerato da una cerchia ristretta di intenditori. È così che nasce la cultura. Parole pronunciate da persone di cui ci fidiamo. Mi fido della persona che mi ha espresso la sua opinione su Kleiber. E mi fido di Kleiber, le cui parole mi hanno toccato come se fossero una sfida. Come mi suonano familiari queste parole!

    Ogni esempio di uso linguistico ‘sbagliato’ è lampante, e come un fulmine trasmette assieme agli ‘errori’ i parametri infranti in quell’occasione. Tutto è subito chiaro, mentre la ragione del successo rimane misteriosa. La stessa sensazione si prova assistendo alle lezioni, alle conferenze, e sicuramente la provano anche i nostri studenti.

    Il successo nell’imparare a parlare e a scrivere bene, è un obiettivo importante. Chiunque sia in grado di individuare il motivo di questo successo, magari offrendo anche qualche suggerimento didattico, merita di essere ascoltato.

    Quindi lascio la parola al mio Maestro. Alla persona che mi ha insegnato l’arte dello scrivere. Il mio Maestro ha insegnato la lingua ai ragazzi più bisognosi, ragazzi di montagna lontani dalle scuole, allontanati dalle scuole quando le frequentavano. Bocciati non appena aprivano la bocca. “Non bocciare!” era, allora, il grido di dolore trasmesso dal libro, “Lettera a una professoressa” – che il loro Maestro avevo scritto per loro, con loro, per ricordare al mondo l’ingiustizia più crudele, ignorata benché sotto gli occhi di tutti. 

    Nella sua scuola di Barbiana, Don Milani ha insegnato a questi ragazzi a leggere e scrivere, e il suo insegnamento vale anche per altri, per coloro che sono già arrivati in alto e che farebbero bene ad ascoltare le parole di un autentico Maestro. Questo Maestro, alla fine della sua breve vita, sollecitato dalle parole di un’insegnante che gli aveva espresso solidarietà e comprensione, ha quasi incidentalmente trasmesso l’essenza del suo insegnamento: 

    "Abbiamo scritto la lettera ai giudici come un’opera d’arte. Purtroppo nelle centinaia di lettere che ci arrivano dall’Italia e dall’estero ci accorgiamo che pochissimi se ne sono accorti. Tutti pensano che abbiamo delle bellissime idee. Pochi, forse due o tre persone in tutto, si sono accorti che per schiarire le idee così a noi stessi e agli altri bisogna mettersi a lavorare tutti insieme per mesi su poche pagine. Allora tutti sapranno scrivere come noi e non ci sarà più bisogno di rivolgersi a noi con venerazione come se fossimo toccati dalla grazia. 

    Chiunque se vuole può avere la grazia di misurare le parole, riordinarle, eliminare le ripetizioni, le contraddizioni, le cose inutili, scegliere il vocabolo più vero, più logico, più efficace, rifiutare ogni considerazione di tatto, di interesse, di educazione borghese, di convenienza, chiedere consiglio a molta gente (sull’efficacia non sulla convenienza). Alla fine la cosa diventa chiara per chi la scrive e per chi la legge. 

    La lettera ai giudici è stata un dono che abbiamo ricevuto e abbiamo fatto. Prima di scriverla né io né i ragazzi sapevamo quelle cose… Mi scusi, mi sono distratto, le stavo dando una lezione dell’arte dello scrivere che lei non mi ha aveva chiesto. Ma è che l’arte dello scrivere è la religione. Il desiderio d'esprimere il nostro pensiero e di capire il pensiero altrui è l’amore. E il tentativo di esprimere le verità che solo s’intuiscono le fa trovare a noi e agli altri. Per cui esser maestro, esser sacerdote, essere cristiano, essere artista e essere amante e essere amato sono in pratica la stessa cosa".

    Poche settimane dopo la pubblicazione di "Lettera a una professoressa" e prima che fosse ricoperta di invettive e analisi sociologiche, uscì sui "Quaderni Piacentini" la recensione di Franco Fortini, il quale, per molti motivi, non poteva che essere un avversario dell'esperienza educativa della scuola di Barbiana: 

    “L’arte è veduta come mossa da una negazione, da un odio: la verità che ne esce è “mano tesa” e specchio e proposta di cambiamento (il “nemico” sono gli altri, la vita, te stesso...) quindi non è negazione reale e intera ma collaborazione (e in questo si distingue dalla prassi e dall’aut-aut del discorso scientifico...). Ma qui va rilevato soprattutto che ‘l’opera d’arte’ ha qui anche il suo etimo medievale, artigiano; e che è riferita esplicitamente alla costruzione del libro di cui si parla. Nell’intento dell’autore esso è ‘mano tesa al nemico perché cambi’ ed è ‘opera d’arte’. Si chiarisce qui, fino in fondo, il carattere letterario, nel miglior senso della parola, di questo libro.”

    Don Milani è ormai un classico della cultura italiana del Novecento. Possiamo prendere in mano i due volumi di “Tutte le Opere” di Don Milani, usciti nella collana "I Meridiani" a cura di Federico Ruozzi e rileggere i famosi pensieri per trovare forza e ispirazione per affrontare le sfide di oggi: “A noi non interessa tanto di colmare l'abisso di ignoranza, quanto l'abisso di differenza”, scriveva don Milani. Il problema più scandaloso di tutti, l'abisso di differenza, si presenta oggi con la stessa urgenza di sempre, anzi con l'avvento di programmi con i large language model alle spalle, il divario tra chi impara con l'aiuto di nuove risorse e chi trova scorciatoie per non imparare nulla rischia di diventare una realtà per un'intera generazione di giovani.

     

     

    Scritto il 1 ottobre 2005, aggiornato il 21 dicembre 2023.