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La libreria e la sua libraia, una storia

Nel centro di Rovereto c’è la piccoloblu, un luogo dove i libri si iniziano ad amare già da bambini.

“La fiaba è un modo di parlare del mondo, delle cose, è un modo di entrare nella realtà anziché dalla porta, dal tetto, dal camino, dalla finestra. Il linguaggio dei bambini è fatto d’immaginazione e di pensiero logico, è tutto insieme.” Queste sono le parole che utilizza Gianni Rodari per spiegare che cos’è la letteratura per l’infanzia: un genere che può godere di una libertà tale da riuscire a proporre esperimenti immaginativi e modi di pensare contrari rispetto all’ordinario tanto da creare personaggi immortali come Pippi Calzelunghe – una bambina che non va a scuola e che vive con un cavallo bianco a pois neri e una scimmietta.

Chi è grande conoscitrice della letteratura per l’infanzia e per ragazzi è Patrizia Barbara, proprietaria e gestrice della libreria piccoloblu aperta nel 2015 nel centro di Rovereto. Da allora in Italia questo spaccato editoriale non solo rappresenta uno dei settori trainanti del mercato del libro, ma accoglie anche alcune delle firme più interessanti del panorama italiano. Patrizia, in questa intervista, racconta cosa significa per lei lavorare con i piccoli lettori.

salto.bz: Come hai deciso di aprire una libreria per l’infanzia?

Patrizia Barbara: Circa sedici anni fa ho iniziato a lavorare in una libreria un po’ per caso, dopo aver studiato lettere. Quando l’attività ha chiuso, ho decido di aprirne una io. Non avevo mai preso in considerazione i libri per bambini prima di andare a lavorare in libreria, ma ho scoperto un mondo pazzesco fatto di veri libri d’arte. Negli anni ho iniziato ad appassionarmene e così, quando arrivò il momento di scegliere che genere di libri vendere, ho pensato che quello era un settore che mi piaceva tanto e che, essendo da sola, era sensato dedicarmi a una cosa sola fatta bene.

In realtà questa libreria sta cambiando molto: negli anni si sono aggiunti diversi scaffali, ora c’è molta più grafica e illustrazione per adulti e la narrativa continuerà a crescere.

 

piccolo blu

Quali sono state le tue “letture del cuore” da bambina?

Io sono stata una lettrice potenziale, ma non ho letto tanti libri diversi. Da bambina ho riletto gli stessi libri a lungo. Vengo da un paese della provincia di Milano, dove c’era una biblioteca estremamente scadente e non c’erano librerie. A me piaceva leggere tutto, ma ho avuto pochi testi a disposizione. La situazione è cambiata alle medie, quando in paese hanno aperto una libreria.

Esiste ancora una divisione di genere nei libri per ragazzi? Semplificando la questione, in passato la serie Il club delle baby sitter – oltre 176 milioni di copie vendute nel mondo – era rivolta soprattutto alle bambine, mentre quella dei Piccoli brividi – oltre 350 milioni di copie vendute – ai bambini…

Sì, esiste ancora però esistono due mondi: c’è un’editoria di qualità fatta di case editrici che fanno un lavoro molto preciso, poi c’è l’editoria commerciale che cavalca la questione. Io ho una visione parziale, perché la mia è una libreria specializzata attenta a quello che propone, ma mi rendo conto che un tipo di offerta scadente e fuori tempo fa semplicemente leva su un bisogno che c’è ed è forte. Spesso la prima informazione che i clienti della libreria mi dicono è il sesso del bambino, dal neonato in poi. Non è mia intenzione essere giudicante, ma ogni volta provo a spiegare che è irrilevante sapere se si tratta di una bambina o di un bambino.

Negli anni il mercato della letteratura per l’infanzia è in costante crescita. Secondo te, questo trend positivo potrebbe in qualche modo limitare la libertà e l’irriverenza dei libri? È possibile che si vada incontro a una banalizzazione di forme e contenuti?

Sì, sicuramente già succede e succederà ancora. Se beccano un filone che funziona, pubblicano molti libri su quell’argomento finché non si esaurisce e si passa ad altro. Allo stesso tempo, è anche vero che un settore così in crescita ha permesso anche a editori più coraggiosi di poter sperimentare e osare. Secondo me c’è posto un po’ per tutto.

È notizia di qualche mese fa la scelta della Roald Dahl Story Company, la società britannica che detiene i diritti delle opere di Dahl, di modificare le opere dell’autore nelle più recenti edizioni al fine di renderle più “politicamente corrette”. Cosa ne pensi a riguardo? Credi che parole offensive, descrizioni sgradevoli ed espressioni sgarbate possano avere un effetto negativo sui piccoli lettori?

Secondo me la storia di Dahl è stata un furbo tentativo: qualcuno ha detto che si è trattata di una mossa pubblicitaria per lanciare una nuova collana dato che la casa editrice ha poi fatto un passo indietro dichiarando che avrebbe fatto uscire entrambe le versioni.

Per me, però, è stato molto interessante il dibattito che si è sollevato sulla riscrittura che si è sempre fatta. Basti pensare a quando si traduce un classico e lo si adatta a un linguaggio più moderno. L’anomalia dei libri di Dahl non è tanto la riscrittura in sé, ma la questione del politicamente corretto che è ridicola. Francamente non credo che eventuali espressioni offensive nei libri influenzino i bambini. C’è da dire, che i genitori sono molto sensibili su quest’aspetto, spesso cambiano le parole delle storie. Bisogna ricordarsi che i bambini sono davvero meno stupidi di quello che si crede e sono in grado di capire cos’è finzione e cosa non lo è.

I libri usciti prima degli anni Cinquanta oggi sarebbero impubblicabili perché rispecchiano ogni stereotipo: bambine attente a non sporcarsi la gonna e maschietti scatenati. Eppure la soluzione non può essere quella di non leggere più i capolavori passati perché rappresentanti un modello familiare e culturale ora biasimabile. I classici dell’Ottocento, infatti, saranno solo alcuni dei testi con cui entreranno in contatto i bambini nel corso della loro vita. Uno degli errori è considerare quelli per bambini libri che hanno una funzione prettamente educativa: a loro è delegato l’insegnamento e la morale. Il “testo per imparare” non serve e rischia di essere noioso: il libro deve essere irriverente.

 

piccolo blu

La generazione del dopoguerra conta tra le sue fila nomi di gran peso qualitativo nella letteratura per l’infanzia. Per fare qualche esempio: Bianca Pitzorno (1942), Roberto Piumini (1947), Angelo Petrosino (1949). Com’è il panorama italiano attuale?

L’editoria italiana è bellissima e gli autori italiano scrivono delle cose meravigliose. Poi sarà il tempo a stabilire quali firme rimarranno nella storia. Se dovessi fare dei nomi, al momento i miei preferiti sono Davide Morosinotto, Guido Sgardoli, Alice Keller, Chiara Carminati, ma ce ne sono altri.

Hai un personaggio preferito della letteratura per l’infanzia o per ragazzi? Se sì, chi è?

Non c’è un personaggio che amo follemente, ma mi piacciono molto le quattro sorelle, protagoniste della una serie di romanzi di Malika Ferdjoukh pubblicata da Pension Lepic che si chiama proprio Quattro sorelle.

Che libro consiglieresti ai bambini? E che libro per l’infanzia consiglieresti agli adulti?

Per quest’estate a ragazzine e ragazzini delle medie consiglierei Quattro sorelle. Per gli adulti darei tutto il catalogo di Orecchio Acerbo.

Qual è la libreria più bella che abbia mai visitato?

La libreria che come scelta preferisco è la MarcoPolo di Venezia. Quelle più scenografiche le ho visitate per l’atmosfera: mi è capitato sia a Lisbona sia ad Atene di andare in belle librerie, ma non ho potuto apprezzare davvero l’offerta.

Infine, che consiglio daresti a chi vorrebbe aprire una libreria specializzata?

Come prima cosa direi che è un lavoro romantico, ma pur sempre un lavoro! Questa è anche un’attività commerciale e questa cosa è necessario ricordarla. La gente si immagina che succeda come nel film C’è posta per te, invece ci sono scatoloni da aprire, mail da mandare, conti da pagare, formazione da fare.

L’infanzia è una grande garanzia, anche se ho la sensazione che il trend si ridimensionerà. Consiglierei di aprire una libreria specializzata nella cosa che più piace perché fa davvero la differenza. Detto ciò, secondo me l’idea di iperspecializzarsi paga, perché non si sente la minaccia di Amazon: quello che fa la libreria specializzata, l’on-line non lo fa.