Gesellschaft | L'intervista

“Non chiamatelo elettroshock”

Roger Pycha, primario di psichiatria a Brunico, replica alle critiche sul servizio psichiatrico altoatesino pubblicate su salto.bz e difende la terapia elettroconvulsiva.
Pycha, Roger
Foto: You Tube

salto.bz: Dottor Pycha, c’è una forte denuncia per l’uso della Tec, la terapia elettroconvulsiva, a lungo nota come elettroshock. Enzo Lupo di Psichiatria democratica, ad esempio, l’ha definita “una terapia ascientifica, ottocentesca e abbrutente, che spegne le persone senza curarle”. Con l’applicazione di questa terapia nei reparti lei ha dato un taglio netto con l’eredità lasciata dall’ex primario di psichiatria di Merano Lorenzo Toresini e Franco Basaglia...
Roger Pycha: Prima di tutto l’elettroshock si usa sugli animali quando si conducono degli esperimenti o sugli internati politici in alcune zone del mondo come strumento di tortura, perciò non chiamiamolo così. Basaglia non ha mai detto che non si debbano trattare le persone e la Tec è un trattamento utile e validissimo, quando applicato bene. Il problema è che, all’epoca, è entrata in campo una certa ideologia che ha mescolato due questioni: l’abolizione dei manicomi, posizione giustissima, e l’abolizione della Tec, posizione che invece scientificamente non può più essere sostenuta. 

Quando dice che la Tec è valida se “applicata bene” cosa intende?
La Tec risulta accettabile in circostanze particolari, difficili, quando tutte le altre terapie farmacologiche non funzionano. E comunque rispetto a questo tipo di cure, in caso di depressione, la Tec garantisce una percentuale di guarigione superiore. Dunque i detrattori, come Peppe Dell’Acqua, non sanno di cosa parlano quando criticano questo metodo, non conoscono il nostro approccio o i determinati iter che seguiamo, perciò non posso accettare il loro punto di vista. 

Sostenere che lo psichiatra Dell’Acqua non sa di cosa parla non le pare un’affermazione azzardata?
Per principio Dell’Acqua non avrà probabilmente mai effettuato alcun trattamento elettroconvulsivo, ma la medicina richiede anche decisioni difficili se si ha la consapevolezza che si possono avere effetti positivi sulla persona. Quella di Dell’Acqua è una visione della psichiatria molto “soft”, ma la verità è che abbiamo spesso a che fare con malattie molto tenaci. 

Sta dicendo che, nei casi più gravi, non c’è alternativa alla Tec?
Guardi, io sono vicepresidente dell’Istituto di psicoterapia sistemica in Provincia, perciò mi occupo ampiamente di psicoterapia e di psichiatria sociale, ma mi affido anche alle cure farmacologiche e in casi estremi alla terapia elettroconvulsiva che si esegue sotto un’anestesia generale della durata di 4-5 minuti. La stimolazione elettrica dura fra i 2 e gli 8 secondi. E non accade ciò che dicono i dissenzienti e cioè che le cellule nervose muoiono, vengono solo stimolate e si attivano per produrre più neurotrasmettitori. 

"Quella di Dell’Acqua è una visione della psichiatria molto 'soft', ma la verità è che abbiamo spesso a che fare con malattie molto tenaci"

Per quante volte viene condotta questa stimolazione?
Il trattamento che, diciamolo, può avere a volte effetti miracolosi, va condotto 6-8 volte per guarire una depressione molto grave, e dunque si utilizza in situazioni mirate, quando il paziente non ha più speranze di guarire. In questi casi disperati, di resistenza alle cure farmacologiche, si registra un successo del 50%, che non è poco.

Che non è neanche molto, si potrebbe obiettare. 
Ma, ribadisco, si applica quando tutte le altre strategie sono state sperimentate e non hanno dato risultati. Non tentare questo 50% di probabilità diventa a quel punto un problema etico. L’alternativa è lasciare le persone in una depressione non trattabile e non guaribile che comporta il rischio di suicidio. E su questo argomento vorrei aggiungere una cosa.

Prego.
È da parecchio che ripeto: in Alto Adige, provincia molto colpita, abbiamo bisogno di una rete assistenziale e preventiva fortissima per minimizzare la cifra delle vittime – che a livello mondiale ammontano a 800.000 persone all’anno. Dal ’99 il tasso di suicidio è in calo - seppure non di molto - ma la tendenza è tale e questo non è forse anche merito dell’assistenza psichiatrica provinciale? Assistenza che nel tempo è notevolmente migliorata. Una delle zone più colpite, dal punto di vista del suicidio, è Trieste, dove peraltro c’è il cosiddetto centro della psichiatria alternativa, patria di Basaglia. Vede, il punto è che deve esserci la possibilità di offrire ai pazienti gravemente sofferenti tutte le opportunità e le scelte terapeutiche che esistono a livello mondiale.

Ma certe prassi psichiatriche non avallano forse la visione di un malato-oggetto, come afferma la controparte?
A chi critica consiglio di visitare i nostri centri per rendersi conto di quanto siamo ben organizzati, sono convinto che cambierà opinione. 

Nel caso di donne in gravidanza sono sconsigliate le terapie farmacologiche per probabili conseguenze sul nascituro. La Tec potrebbe essere quindi una soluzione?
Potrebbe esserlo, sì, e a volte viene applicata. 

Anche se studi scientifici la sconsigliano oltre alla circolare Bindi del ’96 che dichiara che non è sempre “scevra di rischi per il feto”?
Bisogna scegliere il rischio minore. In presenza di una psicosi grave in gravidanza sono scelte che vanno ben ponderate e comunque si tratta di situazioni individuali rarissime. Se la donna, mettiamo il caso, dovesse assumere più farmaci contemporaneamente per qualche mese la cura farmacologica comprometterebbe il feto in misura maggiore rispetto alla Tec. Si eseguono 6-8 anestesie generali brevissime e la scarica elettrica è bassa, parliamo di 700 milliampere. Anche durante l’allattamento di principio potrebbe essere preferibile la Tec, perché la somministrazione di farmaci condizionerebbe anche il bambino. 

Come risponde al fatto che diversi studi (ad esempio quello pubblicato nel 2010 dall’università di Auckland) dimostrano i considerevoli danni cognitivi e di memoria della Tec, persistenti anche a 6 mesi di distanza?
È un trattamento che nel 30% dei casi ha degli effetti sulla memoria, è vero, ma sono tutti transitori. 

Non crede che metodi come la Tec o pratiche come quella del Tso - in aumento a Bolzano - rafforzino la stigmatizzazione sociale dell’individuo recidendo possibili reti, aumentando l’isolamento oltre che le difficoltà lavorative ed economiche?
Non confonderei i due temi. La Tec viene applicata previo consenso del paziente, cosa che invece non avviene in caso di Tso, questo è opportuno sottolinearlo. È vero, l’isolamento sociale c’è così come lo stigma del malato mentale, ma esiste anche la stigmatizzazione di chi lavora sul campo, anche se senz’altro in misura minore rispetto a chi soffre di disturbo mentale. Noi dobbiamo  provvedere a far guarire le persone, dando loro il massimo dell’assistenza e del supporto in modo da garantire la piena inclusione e il ritorno nella società del malato. Ma abbiamo il diritto di sentirci inclusi nella medicina e nella società moderna anche noi operatori – per non parlare dei famigliari e del peso che spesso loro sono tenuti ad affrontare.

 "A volte, come psichiatra, ci si trova a dover ricorrere a metodi molto antipatici, ma facciamo solo il nostro dovere"

D’accordo, ma se l’Alto Adige è evidentemente uno dei pochi posti rimasti in Italia ad utilizzare questo tipo di terapia non significa forse che certi risultati possono essere raggiunti in altro modo?
La Tec si usa nel Regno Unito, in Danimarca, negli Stati Uniti e in tutto il resto del mondo. In Italia, è vero, i centri in cui si applica sono 15-20, ma sono in aumento, la Tec è uno strumento ancora troppo poco conosciuto e utilizzato in questo Paese. 

L’“approccio basagliano” di Toresini non era ugualmente efficace?
Toresini ha fatto poco lo psichiatra, è stato piuttosto un “filosofo” alla direzione di un servizio. Non so quanti pazienti abbia trattato di persona, io in media ne seguo 330 all’anno. E dico che a volte, come psichiatra, ci si trova a dover ricorrere a metodi molto antipatici, ma facciamo solo il nostro dovere.

Nel reparto psichiatrico di Brunico si ricorre anche alla contenzione fisica?
Rarissimamente e comunque attenendoci alle linee guida provinciali, come succede anche a Merano, Bressanone, Bolzano, e ovunque. Ogni tanto si chiude il reparto, ogni tanto si contiene fisicamente qualcuno. Trattiamo peraltro anche pazienti geriatrici molto agitati perché non disponiamo del reparto di geriatria a Brunico e Bressanone. Guardi, in tutta Italia non c’è psichiatria che non utilizzi metodi coercitivi, l’unica differenza è che qualcuno accusa gli altri di farlo in modo peggiore. E questo non è giusto.

Eppure a favore dell’abolizione della contenzione ci sono campagne nazionali ed europee, come sottolineato anche da Dell’Acqua.
È giusto che ci siano e io sono a favore dell’abolizione. Cerchiamo infatti di minimizzare interventi del genere. Ma non posso credere che Peppe Dell’Acqua, da psichiatra, non si sia mai trovato nelle condizioni di dover recludere una persona, di applicare delle punture sedative o di trattenerla fisicamente. Se non ha mai fatto nulla del genere significa che si è tenuto di fatto lontano dall’effettiva pratica clinica. 

"Ogni tanto si chiude il reparto, ogni tanto si contiene fisicamente qualcuno"

Insomma lei è contro la contenzione però la applica.
Ripeto, è un metodo da utilizzare in casi estremi. Nell’ambito della psichiatria non possiamo dire “noi non applichiamo alcun metodo coercitivo”, perché la società ci dà il compito di proteggere le persone da loro stesse. 

Nella già citata circolare Bindi si richiede, nelle strutture dove la pratica della terapia elettroconvulsivante potrebbe essere effettuata, di esercitare “una attenta vigilanza per evitare possibili abusi nella utilizzazione di tale pratica terapeutica”. A Brunico esiste un’istituzione/figura adibita a tale delicato e importante controllo?
Certamente, sono sempre due o più esperti ad indicare e sorvegliare la terapia. Seguiamo strettamente le indicazioni della circolare, compresa quella del ’99. È un lavoro molto impegnativo e di altissima specializzazione quello che facciamo e richiede capacità mediche, logistiche, assistenziali ed anzitutto etiche. Non vorrei che il nostro lavoro venisse squalificato. Pochissime psichiatrie in Italia riescono a offrire garanzie per effettuare il trattamento elettroconvulsivo, e noi siamo in grado di darle. 

Un centro di salute mentale aperto 24 ore su 24 per 7 giorni in Alto Adige è un’utopia?
No, sono stato l’unico in Provincia a tenere aperto il centro per 12 ore consecutive dalle 8 di mattina alle 8 di sera per 5 giorni a settimana. Né i bolzanini, né i meranesi, né i brissinesi ci sono riusciti. Dopo qualche anno per carenza di personale medico e infermieristico siamo dovuti tornare ai consueti orari di apertura e cioè dalle 8 alle 17. C’è bisogno di un pronto soccorso psichiatrico, che però al momento non è pagabile né organizzabile. Ma è una prospettiva auspicabile. È uno degli obiettivi da raggiungere insieme alle associazioni di auto-aiuto degli utenti e dei famigliari, convincendo gli amministratori ed i politici. È un’impresa d’intesa tra questi quattro gruppi, è il tetralogo ultimamente citato nella presa di posizione dei famigliari.

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Andrea Beggio Do., 17.08.2017 - 15:31

Zzzzz....Z....ZZ..Zzz.... aaah come sto bene!!!
In effetti cambiare il nome alle cose le rende più accettabili, ci permette di non entrare nel merito, ci permette di riempire database di numeri, di fare performance e di conseguenza di fare contenti i politici.
Purtroppo per questo modo di ragionare non esiste ancora un termine politicamente corretto.
Mentre ne cerco uno vi segnalo l'articolo di seguito.
http://www.wumingfoundation.com/giap/2017/06/la-terapia-del-fulmine-un-…

Do., 17.08.2017 - 15:31 Permalink