Gesellschaft | Le misure

Un piano controverso

Migranti irregolari: espulsioni più rapide e CIE in ogni regione. Polemiche sull’annuncio del Viminale. Kompatscher assicura: “Questi centri da noi non sono previsti”.
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Foto: upi

Qualche giorno fa, il 30 dicembre per l’esattezza, una circolare urgente “piani straordinari di controllo del territorio” nei confronti dei migranti irregolari, firmata dal neo-ministro dell’Interno Marco Minniti e dal capo della polizia Franco Gabrielli è stata diffusa a tutte le Prefetture e Questure del Paese, ai comandi di Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia Penitenziaria. L’intenzione è quella di intensificare i controlli e accelerare, nonché aumentare, le procedure di espulsione “nell'attuale contesto di crisi a fronte di una crescente pressione migratoria e di uno scenario internazionale connotato da instabilità e da minacce che impongono di profondere massimo impegno nelle attività volte a mantenere il territorio sotto controllo”, come dichiara Gabrielli. Prossimamente il titolare del Viminale, che ha già avuto una serie di incontri istituzionali sia a Malta che in Tunisia, si recherà anche in Libia per definire altri accordi e assicurarsi rimpatri più veloci e meno sbarchi.

 

Che cosa sono i CIE

Questi centri servono come sistemazione temporanea per i migranti che attendono di essere rimpatriati nei rispettivi paesi d’origine. Sono stati creati in Italia in seguito all’approvazione del Testo Unico Legge 40/1998, meglio noto come Turco-Napolitano (poi sostituita dalla Bossi-Fini nel 2002) e inizialmente erano chiamati Centri di permanenza temporanea e assistenza (CPTA) e permettevano la detenzione amministrativa per un periodo massimo di 30 giorni di chi non era in possesso dei requisiti necessari - definiti dal trattato di Schengen - per restare sul suolo italiano. Il tempo di permanenza massimo in un CIE, oggi, è di 12 mesi. 4 sono i CIE attualmente attivi in Italia (In Europa sono circa 200) e si trovano a Roma, Brindisi, Caltanissetta, Torino e possono contenere, in totale, fino a 359 persone; nel 2016 il CIE di Trapani è stato trasformato in un hotspot, ovvero una struttura atta ad identificare rapidamente, registrare, fotosegnalare e raccogliere le impronte digitali dei migranti al loro arrivo. I CIE sono gestiti da aziende private, scelte con gara d’appalto, e presidiati all’esterno dalla polizia che può intervenire esclusivamente su richiesta dei gestori. 

"L’analisi dei dati conferma le difficoltà nell’eseguire i rimpatri e l’inefficacia dell’intero sistema di trattenimento ed espulsione degli stranieri irregolari"

Funziona questo sistema?

I CIE sono stati spesso paragonati a centri di detenzione vera e propria e messi sotto accusa per via delle condizioni non dignitose in cui vivono i migranti. Già nei primi mesi dell’anno appena trascorso la Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, presieduta dal senatore Luigi Manconi, sottolineava la necessità di riconsiderare l’intero sistema: “a fronte di un tasso di identificazioni che ha superato l’80%, non corrispondono risultati positivi in termini di persone ricollocate e persone rimpatriate. Unico risultato tangibile è l’aumento di stranieri con in mano un decreto di respingimento differito del Questore che intima di lasciare il nostro paese entro sette giorni, persone che di fatto rimangono poi nel territorio italiano irregolarmente”. E le cose non sono migliorate nel corso dell’anno: “alla fine di dicembre 2016, sono state ricollocate dall’Italia in altri Stati membri solo 2.350 persone sul totale di 40.000 previste dal piano europeo”, evidenzia il rapporto della Commissione, “l’analisi dei dati conferma le difficoltà nell’eseguire i rimpatri e l’inefficacia dell’intero sistema di trattenimento ed espulsione degli stranieri irregolari”. “Insomma - spiega Giovanni Bianconi sul Corriere della Sera -  se tra i migranti si vogliono cercare e fermare in tempo i potenziali terroristi o le persone considerate pericolose perché hanno già commesso reati, è un problema di polizia e di coordinamento tra apparati, soprattutto a livello europeo; non di identificazione. E nemmeno di espulsione, visto l’esito di quella ordinata — prima in Italia e poi in Germania — nei confronti di Anis Amri, lo stragista di Berlino”. Secondo i dati pubblicati dal Viminale e aggiornati al 31 dicembre nel 2016 sono sbarcati in Italia 181.436 migranti, il 17,94% in più del 2015 (153.842) e il 6,66% in più del 2014 (170.100).

Le nuove regole

La linea dura di Minniti prevede un CIE in ogni regione, collocati al di fuori delle zone abitate (preferibilmente vicino agli aeroporti) e di piccole dimensioni che potranno ospitare massimo 100 persone al fine di evitare concentrazioni, come avvenuto nel centro di prima accoglienza di Cona (in provincia di Venezia), dicono i tecnici del Viminale. 1.200 sono i posti necessari, annuncia il Ministero degli Interni. Secondo il Piano, inoltre, gli immigrati non potranno ottenere la residenza se non sono in possesso di un permesso di soggiorno, mentre al momento, invece, è possibile chiedere l’iscrizione anagrafica anche se il permesso di soggiorno è scaduto oppure se si è in possesso della sola richiesta dopo l’ingresso in Italia con un visto per lavoro o per ricongiungimento con un familiare. A vigilare, oltre che sulla regolarità delle procedure, anche sul rispetto dei diritti umani sarà nominato un garante che, con ogni probabilità, sarà Mauro Palma, il garante dei detenuti che già si occupa di effettuare ispezioni nei CIE. Nell’ambito della conferenza Stato-Regioni, poi, si tenterà di trovare i luoghi più adatti ad accogliere gli irregolari in attesa di essere rimandati nei loro paesi d’origine, ma il sistema dei CIE incontra ferme resistenze da parte di sindaci e governatori, resistenze che dovrebbero indurre il governo “a grande cautela e un pronto ripensamento”, scrive il Pd in una nota.

La giostra delle polemiche

“Inutili”, spesso “gestiti dalle mafie” e “che piacciono a Mafia Capitale”, il leader dei 5 stelle Beppe Grillo, in un post pubblicato sul suo blog, boccia l’idea di riaprire i CIE. Punta il dito contro la politica “fallimentare” adottata dall'esecutivo anche il centrodestra, “cambia la posizione del governo sugli immigrati: aumenteranno retate, controlli e reimpatri, riapriranno i Cie, raddoppieranno le espulsioni. Ma come... non era mica tutto sotto controllo?”, aveva scritto qualche giorno fa il numero uno della Lega Nord Matteo Salvini su Facebook. Si accoda anche Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia: “L'unica svolta seria sarebbe quella di fermare l’invasione attraverso un blocco navale al largo delle coste libiche. Ma per farlo serve un altro Governo”. Il giro di vite deciso dal Viminale non piace alla Caritas, “abbiamo verificato che i Cie sono costosi, inefficaci e non riescono a raggiungere l’obiettivo per cui sono nati”, afferma Oliviero Forti, responsabile immigrazione dell’associazione. 

"Non è compito nostro, ma dello Stato, far rispettare le regole sulle espulsioni"

Nessun CIE in Alto Adige

I centri di identificazione ed espulsione in Alto Adige non sono previsti. Lo ha annunciato il Landeshauptmann Arno Kompatscher sottolineando che occorrono regole precise per il rimpatrio da parte dell’Unione europea e del governo. Immigrazione e accoglienza saranno alcuni dei temi cardine della Svp nel 2017, anche in virtù del fatto che si renderà indispensabile trovare delle soluzioni per i migranti a cui è stata respinta la richiesta di protezione internazionale. “Va detto - precisa il governatore dell’Alto Adige - che non è compito nostro, ma dello Stato, far rispettare le regole sulle espulsioni”.