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Diventare Caravaggio

Francesco Niccolini, Enzo Vetrano, Stefano Randisi e Luigi D’Elia raccontano la residenza artistica durante la quale hanno preparato “Caravaggio. Di chiaro e di oscuro”.

Al Teatro Cristallo si è da poco svolta una residenza artistica che ha ospitato Francesco Niccolini (drammaturgo e sceneggiatore), Enzo Vetrano (attore e regista), Stefano Randisi (autore, attore e regista) e Luigi D’Elia (autore, attore e scenografo) che hanno preparato lo spettacolo “Caravaggio. Di chiaro e di oscuro”. Tutto ciò è stato possibile grazie a Teatro Cristallo e Passo Nord, centro regionale residenze artistiche di montagna Trentino-Alto Adige/Südtirol sostenuto da MIC – Direzione Generale Spettacolo, dalla Provincia Autonoma di Trento e dalla Provincia Autonoma di Bolzano.

Salto.bz: Raccontateci un po’ questo spettacolo a cui state lavorando.

Vetrano:
Si tratta della produzione di un monologo su Caravaggio scritto per l’appunto da Francesco Niccolini. Racconteremo la vita di Caravaggio, ma non in maniera statica o semplicemente didascalica. Sebbene si parta da una narrazione, nel mentre dello spettacolo l’attore comincia a identificarsi col racconto fino a diventare lui stesso Caravaggio. La rappresentazione diventa man mano sempre più febbrile, al punto che non c’è più distanza tra chi racconta, cioè il grande attore Luigi D’Elia, e il protagonista del racconto, ovvero Caravaggio. E questo accade anche nella fisicità dell’attore, che ne assume i movimenti, le forme, insomma: l’essenza. Stefano Randisi e io, nonostante lavoriamo assieme dal ’76, non abbiamo mai diretto un’unica persona sul palco, perché è un lavoro totalmente diverso rispetto a dirigere una compagnia. Abbiamo accettato questa sfida perché stimiamo molto Luigi D’Elia e la sua performance nello spettacolo ha rafforzato ulteriormente questa stima.

 

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Com’è nata la residenza artistica che state facendo al Teatro Cristallo?

Niccolini: Avendo già collaborato col Teatro Cristallo negli anni passati, ho chiesto a Gaia Carroli (direttrice del teatro) se ci potesse ospitare per una residenza artistica. A Bolzano abbiamo fatto due prove aperte che, devo dire, sono andate molto bene. La risposta del pubblico c’è stata, anche perché questo spettacolo è pensato proprio per nascere e crescere col pubblico in sala. Lo spettacolo però debutterà ufficialmente il 6 luglio proprio a Caravaggio, la città natale del pittore Michelangelo Merisi. Seguirà una tournée in tutta Italia e ci auguriamo di poterlo portare in scena ufficialmente anche a Bolzano.

C’è anche da dire che lo spettacolo si regge su una squadra ben collaudata.

Vetrano: Assolutamente sì. Anche con Francesco c’è una collaborazione che dura da anni. Giusto per fare un esempio, abbiamo diretto Riccardo3, ovvero una reinterpretazione del Riccardo III di William Shakespeare. Francesco ne ha curato il testo, Stefano e io abbiamo curato la regia e lo abbiamo recitato assieme a Giovanni Moschella. Lo abbiamo portato in tutta Italia. Adesso invece è in tournée un altro nostro spettacolo che si intitola I Macbeth, al plurale, un riadattamento del testo di William Shakespeare.

 

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Tirando le somme: com’è andata questa residenza?

Niccolini:
Mai come questa volta sento che abbiamo raggiunto un risultato importante. Luigi D’Elia mi aveva chiesto di mettere insieme una squadra per portare in scena questo spettacolo. L’obiettivo per lui come attore è quello di lavorare il più spesso possibile con registi nuovi, così da imparare nuove visioni, interiorizzarle e portarle sul palco. Poi, avendo già lavorato con Enzo e Stefano, nel momento in cui ho scritto il testo avevo ben in mente chi l’avrebbe avuto tra le mani e infatti è stato pensato specificatamente per queste persone. Allo stesso tempo ero pronto a farmi sorprendere dal loro intervento, dalla loro messa in scena, da come avrebbero deciso di far prendere vita a quelle parole. E così è stato, mi hanno sorpreso, ma d’altronde non avevo dubbi.

Qual è la vostra idea di teatro?

Vetrano: Il teatro è finzione, ma questo non significa che in scena non si possa essere veri, anzi, noi puntiamo proprio alla verità. Raggiungere la verità però non è una cosa semplice, è un lavoro complesso che richiede tempo e uno sforzo emotivo forte. In questo senso, grazie anche alla disponibilità di Francesco di modificare parti di testo, abbiamo tolto quelle parti del copione che in qualche modo ci sembrava che bloccassero la fuoriuscita di questa emotività.

Niccolini: E così deve essere. A me quello che piace del teatro è che è un lavoro collettivo. Anche in questo caso lo spettacolo non è altro che la somma dell’artisticità di chi ne ha preso parte. Quando scrivo un copione io so che passerà nelle mani di altri artisti e non ho mai preteso che venisse considerato intoccabile. Anzi, a me piace che, man mano che ci si lavora, cambi e che trovi un’identità propria composta da tutte le personalità che ne sono venute in contatto.

 

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Così come cambia il testo cambia anche lo spettacolo attraverso l’incontro col pubblico?

Randisi: Assolutamente sì. Lo spettacolo comincia a mutare dal primo momento in cui incontra il pubblico. In questo caso in particolare poi, in cui in scena c’è un solo attore che racconta una storia, questa trasformazione la si nota particolarmente. Intendiamoci, ci sono note di regia ben precise che l’attore deve seguire, ma nella nostra regia c’è della dinamicità. Ogni messa in scena crea qualcosa di nuovo e matura nell’incontro col pubblico.

Pensate che in Italia il teatro stia vivendo un buon momento?

Vetrano:
Io ho incontrato moltissimi giovani che sono entrati a far parte di questo mondo meraviglioso che è il teatro. Parlo di giovani che sperimentano, fanno ricerca. Questo lo considero un importante segno di vitalità. Chiaramente allo stesso tempo non si può non vedere la grande difficoltà che questo settore sta affrontando. La situazione italiana, a livello organizzativo, direi che è critica. Lavori molto a uno spettacolo che però poi dopo poche repliche viene messo da parte e subito dopo devi cominciare a lavorare ad una nuova produzione. I tempi si sono ristretti e quindi così si affossano moltissimi progetti che meriterebbero un sostegno maggiore.

Randisi: Condivido l’ottimismo di Enzo per quanto riguarda la vitalità delle nuove leve. Ad esempio, negli ultimi tempi, le rappresentazioni teatrali più interessanti che ho visto erano fatte da artisti giovani. C’è poi da notare come dopo la pandemia, mentre il cinema ha subìto dei crolli a livello di pubblico, il teatro invece abbia visto una maggiore affluenza, proprio perché la gente necessitava di quel tipo di incontro di cui il teatro di fa avere esperienza. “Teatro” era diventato sinonimo di “uscire di casa”.

 

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Niccolini: Anche io condivido l’ottimismo sui giovani artisti, però abbiamo l’enorme problema di un sistema teatrale malato, danneggiato da una legislazione che sembra fatta a posta per umiliare gli artisti e le compagnie e per cementificare il sistema dei teatri nazionali. Ormai siamo costretti a fare moltissimi spettacoli e pochissime repliche. La qualità è diventata un problema secondario, perché ti basta fare le repliche che ti richiede il Ministero. Non le vendi più, al massimo te le scambi coi teatri con i quali hai curato la produzione. In sostanza bisogna fare i numeri, sacrificando quella sedimentazione che uno spettacolo necessita. E pure i compensi si stanno man mano riducendo. Noi però siamo innamorati del nostro mestiere e quindi lottiamo finché riusciamo e finché ci è consentito farlo.