Politik | Elezioni/Wahlen 23

“Con la SVP ora ci parliamo”

Tritan Myftiu, consigliere e candidato di Fratelli d'Italia, sul voto albanese, il “problema” dell'accoglienza, i rapporti con la Volkspartei - e un'amicizia particolare.
Tritan Myftiu
Foto: Tritan Myftiu
  • SALTO: Consigliere Myftiu, come sta affrontando questa campagna elettorale?

    Tritan Myftiu: Per me è la terza o quarta elezione provinciale che affronto. Ovviamente le altre erano da “portatore d’acqua", questa volta esiste matematicamente la possibilità io possa entrare. La comunità albanese nel frattempo s’è allargata perché più persone hanno la cittadinanza italiana. Questo non vuol dire nulla: anche nelle comunali c’erano 1.400 albanesi con diritto di voto, ma io ho preso poco più di 180 preferenze. Da questo punto di vista, essere consigliere comunale mi dà più visibilità, spero perciò non solo nel voto albanese, ma anche nel voto italiano di chi ritiene che la mia attività politica sia a beneficio di tutti.

    Nella consigliatura in corso a Bolzano, quali sono state le questioni sulle quali sente di aver dato il maggiore contributo al dibattito cittadino?

    In consiglio comunale si discute di tutto. Personalmente mi sono appassionato molto alla viabilità. Poi, ovvio, l’ambito dove posso portare un contributo maggiore è l'immigrazione e l’integrazione. Ci lavoro da un lato, da un bel po' di anni, e ci faccio anche volontariato perché sono presidente dell'associazione Arbëria degli albanesi. E poi ho subito in un certo modo la legislazione, da immigrato, come soggetto di queste leggi. Essendomene occupato professionalmente e come attività di volontariato, è il tema che conosco meglio, però ripeto, sono anch'io cittadino come tutti gli altri e perciò cerco di dare un contributo su tutti i temi che si discutono.

  • Con la comunità albanese: il consigliere comunale di FdI, Tritan Myftiu Foto: Consulta Immigrati/e di Bolzano
  • Il tema immigrazione è molto presente in questa campagna elettorale. Si sta parlando dell’apertura di un CPR, se ne è discusso anche in Consiglio comunale a Bolzano.

    Il CPR è necessario, il Governo ha deciso di realizzarne almeno uno in ogni regione. Bolzano ha un carico sociale molto maggiore rispetto alla periferia e perciò noi in Consiglio comunale siamo stati quasi unanimi a esprimere contrarietà — solo la Lega ha votato diversamente. Una volta che il PD ha accolto un nostro emendamento, abbiamo votato a favore. Poi sono stati in tanti a votare a favore con un retro-pensiero diciamo diverso, nel senso che Verdi e Team K sono per un “no” in assoluto al CPR, poi noi e il Partito Democratico (almeno così pareva) la questione è che Bolzano ha già centri d'accoglienza a sufficienza. E poi è quello che prevede il decreto del Governo: che siano in posti isolati e lontani dai centri abitati.

    Perché secondo lei l'Alto Adige avrebbe bisogno di un CPR? Molte regioni, anche il Veneto di Luca Zaia, si sono opposte sostenendo non sia assolutamente uno strumento sensato. 

    Bisogno c'è perché, come le statistiche dicono, solo una piccola parte delle domande di asilo e di protezione vengono accolte. Le altre persone a un certo punto non hanno più diritto di accoglienza e rimangono per strada, dovrebbero essere rimandate a casa ma ciò ha un determinato costo. Per questo secondo me serve una politica unica e comuna con gli altri stati della comunità europea.  Se riempi una nave il costo è minore, insomma, non è più a carico di un singolo stato ed è più fattibile. Ovvio che se non puoi lavorare e vai in giro per la città, ci sarà un po' di gente che per esigenze di sopravvivenza o anche perché non vedono un'altra strada per sopravvivere si mettono a delinquere. Il CPR non è la soluzione, è un tamponamento. E soprattutto: i CPR non sono per i delinquenti, ma per le persone che hanno avuto la risposta negativa all'iter di asilo, non hanno più titolo di rimanere in Italia e dovrebbero essere rimpatriati.

    Sono però a tutti gli effetti strutture detentive (sebbene si utilizzi l'eufemismo “detenzione amministrativa”) dove da anni vengono denunciate innumerevoli violazioni dei diritti umani. Oltre a numerose altre criticità, il numero di rimpatri è ben al di sotto del 50% dei detenuti.

    Questo mostra anche le difficoltà che ci sono a far rimpatriare. Bisogna pensare a non lasciare entrare, perché una volta entrati è molto difficoltoso gestire. La differenza tra il numero di chi entra in Italia e di chi viene rimpatriato è enorme. Per anni in Italia, quando i governi si accorgevano che i clandestini senza titolo di soggiorno erano così tanti, diventava un problema per l'ordine pubblico, per chi commetteva fatti delittuosi. A quel punto c’erano delle sanatorie. Come qualsiasi condono non è per nulla educativo, “mi metto a costruire senza permessi perché so che prima o poi arriverà un condono e la mia casa sarà legalizzata”: tra gli immigrati si crea sempre l'idea del “tirare a campare”, di sopravvivere finché ci sarà una sanatoria anziché tornare a casa.

    “Tornare a casa” è impossibile. Il nostro paese non è in grado di sostenere l’accoglienza?

    Il problema dell’accoglienza, secondo me, ha due facce. La popolazione invecchia e non abbiamo personale. C’è bisogno di tutto, dal lavapiatti all'ingegnere spaziale. Il problema, dicevo, è far combaciare la richiesta del lavoro, da un lato, con i campi sempre più pieni. Serve un criterio: formare le persone e pianificare l’ingresso secondo un iter burocratico dove si certifica che “ho bisogno di un falegname e mi arriva il falegname dal Bangladesh”, non far arrivare gente a go go. Lavoro nei centri d'accoglienza e vedo persone specialmente dell'Africa nera, gli anglofoni soprattutto, che fanno una fatica enorme a imparare l’italiano: integrare queste persone è praticamente impossibile. L'Africa non la possiamo svuotare in Europa e tantomeno in Italia. Perciò bisogna fare formazione, formazione, formazione. Un mio amico che ha bisogno di manodopera mi chiedeva se ho qualcuno nei miei centri. “Se ti portassi una decina di persone da poter mettere alla prova?” lui ha risposto “volentieri”.

    L'Africa non la possiamo svuotare in Europa e tantomeno in Italia”.

  • I consiglieri comunali di Fratelli d'Italia a Bolzano: Tritan Myftiu è il secondo da destra. Foto: Fratelli d'Italia
  • C'è in atto un'evoluzione nei rapporti tra la destra italiana dell'Alto Adige e la SVP. Persino il Bauernbund è diventato un interlocutore di Fratelli d'Italia. Come la sta vivendo?

    Senza dubbio l'evoluzione è positiva. In Macedonia circa un quarto della popolazione è di madrelingua albanese, i partiti macedoni non si fanno scrupoli di allearsi con la destra o la sinistra albanese, si alleano con il partito più rappresentativo albanese. Abbiamo sempre invocato che qui accadesse la stessa cosa e, incrociando le dita, il momento è arrivato. Per anni la SVP si è alleata con i partiti che le facevano comodo, ma la SVP ha sempre dato prove di grande pragmatismo: noi siamo al governo a Roma, loro (ed è una questione culturale) non vanno a elezioni anticipate. L’apice di questa fase di ammorbidimento della SVP nei nostri confronti è stato non ostacolare l'elezione di Urzì alla Commissione dei Sei. Anche i rapporti umani tra i consiglieri della destra e della SVP un tempo erano freddini, invece adesso ci si parla, con qualcuno più e qualcuno meno. Di recente Luis Walcher è venuto da noi (in Consiglio comunale a Bolzano, ndr) rinfacciandosi che il Ministro Lollobrigida era più morbido di noi nei confronti degli interessi dei contadini!

    In Consiglio comunale a Bolzano lo scontro tra l’opposizione (non solo di centrodestra) e l’ala contadina della SVP, rappresentata da Walcher, è stato spesso acceso.

    È uno scontro anche all'interno delle SVP. Ma devono dare una risposta, perché il problema casa è diventato un problema sociale, economico, produttivo. Va trovata una soluzione altrimenti la città rischia di morire, le case sono solo per i ricchissimi. Mi ritengo veramente fortunato di aver comprato la casa molto prima di questa stagione, sebbene quando sono arrivato nel 1991 il problema casa già c'era e si faceva fatica a trovare, ancora di più da stranieri, con tutti i pregiudizi che ci sono.

    È ancora oggi un problema soprattutto per le categorie più svantaggiate, non crede?

    Quello senza dubbio, ma sta diventando un problema non solo per le categorie disagiate. È un problema per tutti, ricchi e poveri: per il ricco che ha bisogno del medico che non viene in Alto Adige. Per chi usa il trasporto urbano se non ci sono gli autisti. È un problema se non ci sono gli infermieri, gli autisti, gli ingegneri, i lavapiatti per gli albergatori con il turismo che cresce di anno in anno. È ovvio che a questa situazione bisogna rispondere costruendo case.

  • “Ho un nonno fucilato dai comunisti e un altro nonno perseguitato, professore laureato in lettere a Torino che ha potuto esercitare la professione all'Università di Tirana solo per due anni e poi è stato messo a fare taglialegna e il tornitore, ed è andato in pensione come magazziniere. Mi ha cresciuto anche intellettualmente, se oggi possiamo parlare in italiano è merito suo che da bambino ha cercato di insegnarmelo. Seguivo il telegiornale italiano ogni giorno ed era un momento di libertà, di evasione, l'unica finestra per capire cosa accadeva fuori dall'Albania: al netto di tutte le limitazioni che potrebbe avere una televisione di stato degli anni ’70 come era la Rai, non c’era paragone coi telegiornali albanesi che erano succursali di partito. Quando sono arrivato in Italia ero più aggiornato della politica italiana di moltissimi italiani”

  • Lei appartiene alla comunità albanese, lavora nell’accoglienza, è amico di Edi Rabini della Fondazione Langer. Non proprio l’immagine “tipo” del candidato, anzi, consigliere comunale di Fratelli d'Italia, non crede?

    Questo bisogna chiederlo a chi mi vede dal punto di vista politico oltre a quello personale. Il salto è quando tu ti candidi: finché non lo fai, anche se ti accompagni con persone di sinistra, dici la tua e non c'è nessun problema, ognuno può dire quello che vuole. Se ti candidi allora ti istituzionalizzi, ti dicono “ma come?”. Molte persone hanno reagito malissimo quando mi sono candidato per la prima volta con la lista Benussi, mi hanno tolto il saluto o mi salutavano malvolentieri o mi evitavano. Ma non mi sono mai preoccupato, ho cercato sempre di essere quello che sono. La persona che non ha mai avuto problemi nei miei confronti e ho sempre incontrato volentieri, l’ultima poche settimane fa, è l'ex presidente della fondazione Langer, Edi Rabini. Ho un ottimo rapporto con lui e non mi ha mai rinfacciato nulla, né ha mai cambiato atteggiamento, anche se sicuramente gli sarebbe piaciuto se mi fossi candidato da qualche altra parte. È una persona squisita con la quale io starei ore e ore a chiacchierare!