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La maglietta che misura la fatica

e le altre innovazioni del Senslab, il nuovo laboratorio Unibz al Noi Techpark. La ricercatrice Luisa Petti: “Sviluppiamo sensori con i nanomateriali. Ecco gli esempi”.
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Senslab - UniBZ - Team
Foto: unibz

salto.bz: Luisa Petti, ricercatrice e viceresponsabile dei Sensing Laboratories (Senslab), da dove parte il progetto del nuovo laboratorio Senslab dell’Unibz da poco inaugurato al NOI Techpark?

Luisa Petti: il laboratorio è nato da un’idea del professor Paolo Lugli. Quando è venuto a Bolzano dalla Technische Universität di Monaco di Baviera per assumere l’incarico di rettore e docente ordinario di elettronica, si è occupato di allestire in Alto Adige un laboratorio di tecnologia sensoristica altamente innovativo. A Monaco infatti Lugli si era occupato, tra le altre cose, di nanoelettronica ed elettronica organica e stampata. Utilizzando tecniche di stampa a basso costo e a basso impatto ambientale e nanomateriali innovativi, si possono realizzare una miriade di dispositivi diversi, quali celle solari, generatori termoelettrici, sensori meccanici, chimici, elettrochimici, ottici.

 

Come si è sviluppato il laboratorio?

Nel 2017 dopo aver iniziato l’allestimento dei laboratori di stampa, nella sede dell’università in centro a Bolzano, Lugli e Aniello Falco, allora assegnista di ricerca, hanno subito  scritto un progetto per richiedere fondi europei per lo sviluppo regionale (Fesr) per l’allestimento di un laboratorio di sensoristica avanzata al parco tecnologico NOI Techpark di Bolzano sud. Una struttura, quella descritta nel progetto “Senslab” sottoposto alla valutazione e successivamente finanziato, adatta alla ricerca, ma anche ai servizi e alle applicazioni, un luogo quindi di interazione con le aziende e la realtà locale com’è nella natura del NOI.

 

Qual è il percorso che l’ha portata a Bolzano?

Io sono arrivata come ricercatrice in elettronica nel luglio 2018 (quando il progetto Senslab era già iniziato), dopo un dottorato a Zurigo, all’ETH (Eidgenössische Technische Hochschule, ndr), sull’elettronica flessibile, e prima ancora dopo una laurea al Politecnico di Milano in ingegneria elettronica. Avevo conosciuto il professor Lugli ad una conferenza internazionale nel 2014 quand’ero ancora all’ETH e lui a Monaco. Dopo un periodo nell’industria - ho lavorato per due startup a Cambridge e per un periodo anche ad Apple, in California - due anni fa ho vinto la posizione a Bolzano. Così ho potuto tornare a collaborare con Lugli, partendo subito dal progetto del Senslab: il progetto era definito e occorreva ultimare la richiesta di mercato per i macchinari e iniziare le procedure per gli acquisti dei macchinari. Alcuni macchinari hanno richiesto gare di appalto per via dei costi superiori a 40.000 euro. Complessivamente è stata acquistata strumentazione con costi individuali fino a 250.000 euro, nell’ambito di un progetto avviato a gennaio 2018 che ha ricevuto un finanziamento complessivo di milione e 200.000 euro.

 

Adesso il laboratorio è pronto.

Abbiamo cominciato ad allestire il Senslab con le prime dotazioni già nell’aprile-maggio 2019. Nel frattempo sono stati assunti due assegnisti di ricerca, incluso Enrico Avancini che ora è il tecnologo del Senslab. Il lavoro in team ci ha permesso ora di avere la quasi totalità dei macchinari operativa, a disposizione del nostro gruppo di ricerca che presto arriverà a circa 25 persone. Abbiamo solo un ultimo macchinario che deve ancora entrare in funzione, quello per la Chemical vapor deposition (Cvd), deposizione chimica da vapore, e che contiamo sarà pronto a breve. Riguardo invece alle strumentazioni in centro, verranno mantenute in loco fino a quando sarà pronta la nuova facoltà di ingegneria prevista anche a Bolzano Sud.

 

Di cosa vi occupate nel concreto al Senslab?

Di tante cose diverse. Per riassumere, ci occupiamo di nuove tecnologie dispositivi e componenti elettronici. Al momento una parte consistente del gruppo si occupa di biosensori per le scienze alimentari per la rilevazione ad esempio sostanze tossiche nel pesce o nel latte. L’istamina, nel primo caso, l’aflatossina nel secondo. Ma ci sono altri esempi come i solfiti nel vino, gli additivi nelle marmellate. Creiamo in pratica soluzioni di monitoraggio a basso costo e a basso impatto ambientale, spesso biocompatibili, biosostenibili e biodegradabili per monitorare sostanze importanti negli alimenti.

 

Nella presentazione dei laboratori si è parlato anche di un guanto intelligente capace di misurare il grado di maturità di un frutto, è così?

Esatto. Il concetto scientifico di base è la bioimpedenza. Utilizziamo misure elettriche per ottenere informazioni sui parametri di diversi frutti, quali mele, pere, banane o castagne. Analizzando i dati anche attraverso tecniche di machine learning si riesce a creare un modello specifico della maturazione della frutta, utilizzando tra l’altro metodi di misura non distruttivi. Stiamo quindi lavorando assieme al gruppo “Smart Materials” guidato da Athanassia Athanassiou dell’istituto italiano di tecnologia ad un guanto che permette di fare le misure e dunque di capire a quale punto di maturazione si è giunto. Ma lavoriamo anche sugli impacchettamenti intelligenti che permettono di monitorare le sostanze volatili, ad esempio della carne quando si sta deteriorando. Ancora, citerei anche la smart agriculture, con le reti di monitoraggio basate su sensori a basso impatto ambientale e basso costo. La parte agrifood non è però il nostro unico campo di applicazione.

 

Ci sono sono altri utilizzi per i sensori innovativi?

Con l’azienda Microgate abbiamo un altro progetto avvincente, sempre finanziato con fondi Fesr. Si chiama Stex, Smart textile for monitoring muscle activity. L’idea è sviluppare tecnologia per monitorare la fatica muscolare delle persone durante l’attività sportiva o la riabilitazione. Con Microgate e l’università di Verona abbiamo condotto una ricerca per capire quali parametri elettrici fondamentali permettono di trovare una correlazione con la fatica muscolare. L’utilizzo possibile è una maglietta indossabile che permetta appunto di misurare la fatica muscolare.

 

Infine, quali sono i prossimi obiettivi?

I laboratori sono praticamente ultimati e stiamo cercando di far emergere i tanti lavori del gruppo di ricerca. A fianco della scienza di base e quella più applicata, sviluppiamo anche le interazioni con le aziende. Microgate è un grosso interlocutore, poi abbiamo Microtec e altri. Questo tipo di interazioni con attori locali sono infatti fondamentali per realizzare una tecnologia che impatti davvero sul territorio.