Kunst | Salto Weekend

Arte concettuale da amare

La mostra personale di David Lamelas I have to think about it alla Fondazione Antonio Dalle Nogare dialoga sui tre piani della struttura con le opere della collezione.
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Foto: Hannes Ochsenreiter

Quasi immaterica, la retrospettiva dell'artista concettuale argentino si dipana nel tempo e nello spazio, sia quello del lungo percorso biografico e artistico di David Lamelas documentato nelle opere esposte che quello in cui esse agiscono, coinvolgendo l’ambiente in cui sono allestite e il pubblico che le fruisce. 
 


È un dialogo poetico con gli artisti incrociati da Lamelas nei decenni di attività artistica, e ritrovati casualmente nella collezione della Fondazione. “L'allestimento voluto dall’artista è nato anche da questo incontro” spiega Eva Brioschi che cura la collezione della Fondazione Antonio Dalle Nogare e ha affiancato in questa mostra il curatore ospite per i prossimi tre anni Andrea Viliani a cui si deve questa prima esposizione personale di David Lamelas in un’istituzione museale italiana. 
 


“Un’esposizione aperta -sottolinea Andrea Viliani- e non può essere altrimenti con David Lamelas, che da sempre nelle sue opere si è sottratto ai vincoli spazio-temporali, rendendoli duttili attraverso i mezzi della fotografia, dei video e di installazioni fatte quasi di nulla, per indagare la percezione che abbiamo di essi e continuare a farci riflettere”.
È un’indagine che coinvolge lo spettatore e diventa ad ogni passo politica, mettendo in discussione pregiudizi mentali, sia che derivino dalla tradizione o dalla semplice assuefazione sensoriale.
Si va, nella mostra, da Corner piece (1965-2023), un angolo in vetro che ribalta l’architettura predefinita in una delle due sale al primo piano della fondazione, creato da Lamelas appositamente per questa esposizione e che dialoga con l’opera altrettanto eterea di Piero Manzoni Corpo d’aria no. 01 (1959-1960). Alla Pared doblada (1994) fatta di un foglio di carta, disteso sulla parete, sul pavimento e ripiegato in un box di cartone che dialoga con l’opera di Sol Lewitt, realizzata in cartoncino di Fabiano, Not to be sold over 100$ del 1973. E, sempre nella stessa sala, alla ricostruzione dell’installazione Office of information about the Vietnam War at Three Levels: The Visual Image, Text and Audio, originariamente presentata alla Biennale di Venezia del 1968 e ricostruita poi al MoMA di New York nel 2012. Arricchita delle foto di Ugo Mulas, che documentano la prima installazione, e spoglia del vetro che divideva allora il pubblico dall’ufficio coi mobili Olivetti e la macchina Telex che riproduceva i testi, in  cui venivano letti i comunicati delle agenzie di stampa sulla guerra, l'opera ripropone la problematica dell’informazione, filtrata oggigiorno da una miriade di canali condivisibili in tempo reale, eppure altrettanto labile e soggetta a mistificazioni e falsificazioni. Ancora una volta l’opera di Lamelas dialoga con una della collezione, il trittico di Franco Vaccari Esposizione in tempo reale Nr 4 Biennale di Venezia (1972) esposto lì a fianco.
 


Nell’altra sala al primo piano è l’opera Segnamento (2014) costituita da 20 lastre in marmo sistemate in cerchio, a condurre il dialogo con le altre opere della collezione, dialogo che esula da un contesto puramente intellettuale e assume un carattere quasi mistico. Al centro dell’installazione, che di per sé prevede un oggetto sostituibile di volta in volta, è situata qui Impronta di Luciano Fabro del 1964, un cerchio di vetro trasparente con la traccia sabbiata della mano dell’artista. Intorno, alle pareti, a scambiare l’energia poetica con Lamelas, singole opere di Giovanni Anselmo, Alighiero Boetti, Giulio Paolini ed Emilio Prini. A dimostrazione che l’arte vive di dialogo, di relazioni e si alimenta di idee vicendevolmente. 
Un dialogo fecondo che prosegue nella sala Vault al secondo piano, questa volta tra l’artista e l’architettura del peculiare spazio espositivo nelle opere Conexión entre un semicírculo y un punto (1987) e Situation de un círculo (2018-2023). Lo stesso gioco di intersezioni e  spaesamento si ritrova nelle serie di dipinti ad olio su tela L.A. e Surf-Face, realizzati da Lamelas nel 1987 ed esposti in questa mostra per la prima volta. 
 


L’allestimento, attraverso le altre numerevoli opere esposte, mostra altre connessioni sia con gli artisti della collezione che in termini spazio-temporali con le esperienze vissute da Davide Lamelas attraverso le serie fotografiche e i video, filmati negli anni, nei vari luoghi e città in cui si è svolta la sua attività artistica da Buenos Aires ad Anversa, da Londra a Milano o Napoli.
L’invito al pubblico è di percorrere l’esposizione, che parte dal parterre della fondazione con l’opera Efecto Pantalla del 1968, che include lo spazio esterno dove si perde il cono di luce di uno dei due proiettori, mettendosi in gioco, consapevoli che l’arte concettuale coinvolge lo spettatore in prima persona, e pretende una presa di posizione, rinunciando al godimento passivo di un valore estetico tramandato, restituendo però il valore della partecipazione. Sfatando l’idea elitaria che a volte si percepisce nell’arte concettuale, perché è proprio nel cambiamento di atteggiamento verso l’arte che sta il suo maggiore contributo: senza il coinvolgimento di chi osserva resterebbe una testimonianza sterile, è vero, noi d’altro canto resteremmo privi dell’arricchimento che l’artista ci offre nel districarci nel mondo effimero delle percezioni e nel valutare gli inganni del tempo e dello spazio. 
Vari eventi life, alcuni con la partecipazione dello stesso artista David Lamelas, accompagneranno nei prossimi mesi la mostra che rimarrà aperta, negli orari consultabili sul sito della Fondazione fondazioneantoniodallenogare.it, fino al 24 febbraio 2024.