Kultur | Salto Weekend

Stretti in una Moleskine

La pubblicazione "10 anni Linguaggi in gioco – Non solo un romanzo d'appendice – Lingua in cantiere" contiene anche un racconto di Sara Pirri. Eccolo.
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Foto: Kein Groschenroman

I miei pensieri stanno stretti anche in una Moleskine. Poi è cambiato anche il vento, ha smosso una radice che mi portavo dentro, è amara, la sento che mi punzecchia, è un periodo che schivo tutto, ci incontriamo in un caffè, mezzi ubriachi di traffico, a darci la precedenza e a sbattere tazzine, il giardino ti è piaciuto, nessuna vista mare, la tua camicia è una vela bianca su questo nudo paese. Fiori bianchi ti coprono le spalle. C'è qualcosa che invecchia sotto di noi invecchia, sotto il tavolo crostificazioni di discorsi, parole usate per intrattenere per non sfiorare la noia, cose da condividere, una promessa da consumare, solo per la voglia di rivedersi per non smettere di nutrirsi di speranza. Che giorno è, quale giorno è stato quello in cui ho iniziato ad amarti. Credici, io credo in te, che puoi andare anche oltre te, la mia casa. Eroe il mio sicuro sguardo che vince, e mi fai distanza tu, quella necessaria per rientrare in me, insaporirmi in me.
Guardo ad est dove suonano le stelle e lo spazio sembra venirmi addosso, non reggo questa implosione, senza sforzo ogni direzione mi attraversa ed e questo collimare che cerco.
Ti ho lasciato una lacrima, cambia colore, a volte diventa più bruna.
E' facile esistere sulle tue labbra quel tanto che basta per sciupare le lenzuola e tornare in un jeans stretto ad addomesticare gli istinti. Le cose che non so le mettero dentro di te, ne usciranno aquiloni. Mi ritrovo in parole banali come fondali marini da esplorare, vorrei scrivere una cosa sull'estate capace di esaltare i profumi e gli aromi di qualsiasi cosa, fino a bruciare tutto, a far seccare le rose a far scaldare la birra, sono nata in estate in un orgasmo caldo, sono nata con un osso rotto, la clavicola spezzata, me l'ha rotta la fretta dell'estate, la fretta di arrivare di buttarsi al mare, solo per dimenticare, la calca, lo sciame alle due del pomeriggio quando brucia il catrame, sono nata nella controra quando le cavallette saltano e si seccano sui rami, l'estate dei poeti attaccati al collo di una bottiglia. Sono nata in estate e perdo spesso il fiato e anche la rima e se ci penso sono quasi arrivata in cima, solo oggi mi ricordo cosa è l'estate, sono io che scoppio in risate, sono io che non sento la fatica delle scale, sono io che ho ancora voglia di farmi baciare, sono io che faccio invidia, sono io che scanso tutto quello che non mi fa bruciare.
Provo a raccontarti il mio viaggio, acqua marina sulle spalle e salsedine. Maschere di sale, bruciano gli occhi, alle saline mi troverai a chiedere del mare.

 

Scendo le scale frettolosamente, porto addosso ancora la sua rabbia, le parole insidiose che hanno inquinato l'aria, si intrufolano nelle mie tasche, nel mio cappotto, chiedono riscatto. Io affretto i passi, lo sento urlare, mi chiama come sempre, ogni mio passo è indeciso, una spiga al vento, una spiga nel suo cemento. Guardo il cielo che qui al sud sembra caderti addosso, respiro l'aria carica di un odore di erbe selvatiche, guardo le erbacce che prepotentemente si guadagnano ogni giorno il loro lembo di terra, c'è tenacia nel loro stelo, il vento le pettina le asciuga. Stasera sembra che il vento pianga parole incomprensibili, mi siedo cercando di ascoltarlo, come se potesse darmi un consiglio, come se in lui ci fosse scritto il mio destino, questo vento tira forte e lontano e antico e divino. Ho voglia di vomitare il mio dolore ma resto muta su questa panchina di ferro riscaldata dal mio corpo ora stanco ora affamato di vita. Un cane piscia la sua esistenza, a lui esce con disinvoltura, piscia su tutto, sulle erbacce sulla terra lasciando il suo segno, impercettibile a noi umani questo gesto così sporco e scritto nella sua genetica, lasciare tracce di sé. Ognuno lascia tracce di sé ogni giorno, così guardo in giro se trovo tracce della giornata, immondizia, cassonetti stracolmi, qualche carta che rotola al vento. Mi dirigo verso il cimitero, c'è aria di sospensione di trapasso, un poeta come me ha bisogno di sentire quella tensione. Non so cosa posso scrivere, vorrei svuotarmi le tasche di quello che mi resta. La strada mi ha dato tutto, la strada è capace di toglierti tutto, la strada sono io mi ripeto, così cambio strada, il telefono suona, e lui che mi richiama all'ordine delle cose. Ho un ricordo di noi due in tasca, siamo io e te che ridiamo, fumiamo, ceneriamo su tutto, cenere grigia che vola al primo alito di vento. Come le parole che ci lanciamo addosso che creano quella distanza quel grigio dentro. Ho da scrivere due cose ti dico, ho le mie poesie che scorrono su strada, le sento quando ti siedo affianco, tu guidi io appoggio la testa sul finestrino e tutto ci cade addosso e sembra che il blu del cielo non basti a coprire tutto e a nascondere quello che mi porto dentro. Mi guardi con quegli occhi infeltriti d'amore, ci rotolava mo in un calzino e ora ci troviamo spaiati e sperduti, incastrati, due solitudini pronte allo schianto, tu guidi, io cado, inciampo, le mie poesie mi aspettano ci vibro dentro, ogni parola è slancio di vita pulsione estatica. Ho la gola secca, la birra che mi offri è fredda. Sogno spesso un luogo senza albe e tramonti, il cielo è perlato, ogni volta che lo sogno sembra che le persone si stiano preparando a qualcosa, sembra che abbiano un'idea, una fede, non esistono Dei non esiste un Dio, una religione, esistono strade strette dove le persone si incontrano, sono felici di stare insieme , sembra che il blu gli sia caduto addosso come in una notte stellata. Per una notte vorrei rovesciare il blu che mi porto addosso, traslocare la nostra disperazione altrove, avere radici prepotenti che sradicano il freddo cemento, chissá se tutto il blu basterá.