Chronik | La rinuncia

“La montagna stavolta mi ha tolto tanto”

Tamara Lunger interrompe la spedizione sul K2 dopo la scomparsa del compagno di cordata Mohr. “L’esperienza più brutale di tutte”. L’alpinista altoatesina torna in Italia
Tamara Lunger
Foto: Facebook/Tamara Lunger

L’avventura è finita. “Proverò a girare le spalle al K2 per cercare un po’ di pace”, alza bandiera bianca Tamara Lunger affiggendo le sue ragioni sul muro di Facebook. L’alpinista altoatesina 34enne ha deciso infatti di rinunciare all’ascensione invernale della seconda montagna più alta del mondo (8.611 metri) dopo una serie di tragedie accadute negli ultimi giorni.

Un passo indietro: il 16 gennaio una squadra di dieci alpinisti nepalesi, appartenenti al gruppo etnico locale degli sherpa, era riuscita a raggiungere la cima del K2 nella prima e storica salita invernale dell’ultimo ottomila fino a quel momento mai scalato nella stagione più fredda. Lo stesso giorno aveva perso la vita, dopo una caduta, l’alpinista spagnolo Sergi Mingote, di un’altra spedizione, mentre stava scendendo al campo 1. Proprio Lunger era stata tra i primi a prestargli soccorso. Venerdì 5 febbraio era deceduto anche il bulgaro Atanas Skatov, precipitato da sotto campo 3 fino al campo base avanzato.

Da venerdì, inoltre, risultano dispersi tre alpinisti, impegnati anche loro nel tentativo di salire sulla vetta: il cileno Juan Pablo Mohr, il pachistano Muhammad Ali Sadpara e l’islandese John Snorri. Senza esito le ricerche degli elicotteri dell’esercito pachistano che hanno seguito le tracce degli scalatori fino a 7 mila metri. L’ultimo avvistamento è nella zona del Collo di Bottiglia.

 

Mohr è il compagno di cordata di Lunger, che è riuscita a ritornare incolume al campo base. A lui l’alpinista altoatesina, che ora rientrerà in Italia, ha dedicato un commosso pensiero su Facebook: “Manchi JP! Oggi [ieri, ndr] è il tuo compleanno e il nostro piano era di festeggiare, ma invece sono qui senza parole, con le lacrime agli occhi e un sacco di domande. Sapendo che le possibilità di rivederti sono vicine allo zero”. Poi l’amara considerazione: “Questa spedizione per me è stata la più brutale che ho vissuto. Un’esperienza che ho cominciato come un sogno ed è finito in un incubo che mi rincorrerà per tanto tempo […]”.