Umwelt | Grandi predatori

Trentino sotto la media nazionale

Al MUSE la presentazione della relazione sulla presenza dei lupi in Trentino fa luce sul numero di attacchi e sulle misure di prevenzione, rivelando un cauto ottimismo.
wolfs
Foto: Unsplash
  • Mentre ancora si discute del recente abbattimento di M90, ennesimo orso finito nella lunga lista dei plantigradi problematici in Trentino, l’attenzione verso i grandi carnivori rimane altissima. Accanto agli orsi, da qualche quinquennio, in tutto l’arco alpino la popolazione dei lupi è tornata a crescere, iniziando a destare preoccupazione tra gli abitanti e gli allevatori delle zone montane, impegnati nella complessa convivenza tra uomo e fauna. Gli attacchi al bestiame e gli incontri con i grandi carnivori sono velocemente diventati oggetto di dibattito, contribuendo alla propaganda delle elezioni appena trascorse. Ma per meglio comprendere il fenomeno, da circa una decina d’anni zoologi ed esperti del settore hanno iniziato a studiare e monitorare individui e branchi, a partire dal piano Life Wolfalps EU, che ricomprende al suo interno diverse realtà europee. Insieme agli interventi transnazionali la Provincia di Trento, attraverso il servizio faunistico, e il MUSE-Museo delle scienze hanno deciso di dare vita al progetto Lupus in Stabula, per analizzare le dinamiche della predazione sugli animali da allevamento ed ideare delle strategie di prevenzione. La presentazione delle conclusioni ha dato vita ad una serie di conferenze, tra le quali quella di mercoledì sera (7 febbraio), tenutasi al MUSE con la partecipazione di Giulia Bombieri, etologa del MUSE e ricercatrice del progetto. Davanti ad un gremito pubblico, Bombieri ha illustrato i risultati delle studio, facendo luce sulle dinamiche che coinvolgono pastori e lupi, riuscendo a chiarire molte delle illazioni pressappochiste tipiche dell’argomento, diventato, oramai, quasi una gara tra tifoserie. 

  • Giulia Bombieri ha illustrato i risultati delle studio, facendo luce sulle dinamiche che coinvolgono pastori e lupi. Foto: MUSE

    Lo studio portato avanti invece ha richiesto un coordinamento di diversi comparti: dalle fototrappole, all’analisi delle prede, dal censimento delle malghe, ai campionamento degli escrementi, dal rilevamento dello stato di salute delle strutture di contenimento fino alle segnalazioni spontanee i vari fattori hanno contribuito a restituire un’immagine delle montagne trentine meno preoccupante di quanto gli allarmismi lascino intendere. Nonostante la popolazione di lupi sia aumentata negli anni e sia destinata ad aumentare in futuro, grazie alla commistione di individui che riescono a spostarsi anche per centinaia di km per formare nuovi branchi e abbandono progressivo di alcune zone delle Alpi da parte dei suoi abitanti, il Trentino non risulta essere tra le zone più colpite dagli attacchi dei lupi, registrando numeri inferiori rispetto alla media italiana, che vede attestare i picchi nelle regioni delle Alpi occidentali o dell’Appennino centrale. Ad essere colpiti sono soprattutto ovini e caprini, più piccoli e quindi più facili da attaccare: in Trentino tra il 2013 e il 2022 sono state 576 le predazioni di bestiame domestico dovute ai lupi, un numero decisamente non trascurabile, ma differente dalla vera e propria invasione spesso riportata dalle cronache. Un ruolo fondamentale viene poi svolto dai presidi di prevenzione, come reti elettrificate, stalle per il ricovero notturno del bestiame in alpeggio e cani da pastore, strumenti che la Provincia finanzia con sussidi o promuove attraverso il comodato d’uso gratuito; in particolare l’uso corretto delle reti permette di abbattere sensibilmente le perdite, con una percentuale di successo che si aggira intorno all’88%. 

  • Il Trentino non risulta essere tra le zone più colpite dagli attacchi dei lupi, registrando numeri inferiori rispetto alla media italiana. Foto: salto

    Nel 62% delle predazioni verificatesi, invece, i capi non erano protetti in alcun modo;  sembra chiaro, quindi, che la prevenzione degli attacchi passi per una combinazione delle varie misure, con una rinnovata attenzione per i cani da guardiania, calati sensibilmente rispetto agli anni passati. Il progetto ha permesso, inoltre, di mappare le zone e le malghe maggiormente colpite, lasciando intravedere una maggiore concentrazione nelle zone del Primiero, della Lessinia, del Baldo settentrionale e del Bondone, aree di nuova colonizzazione spesso impreparate a gestire la presenza del lupo. Il trend in Trentino, quindi, sembra confermare la tendenza nazionale, ma la spinta degli individui più giovani a cercare nuovi territori lascia presagire un aumento della presenza del lupo, con la quale sarà sempre più necessario rapportarsi. Del resto, è proprio per questo motivo che monitoraggi del genere si rivelano fondamentali per studiare strategie di prevenzione efficaci, anche alla luce dei cambiamenti climatici che stanno irrimediabilmente modificando l’habitat montano insieme alla sua flora e alla sua fauna.